Gli effetti a lungo termine del trauma nelle vittime di abuso sono gravi, invalidanti e causano sofferenza fisica e psicologica a breve, medio e lungo termine.
Molti sopravvissuti trascorrono anni prima di superare, accettare o addirittura prendere consapevolezza dell’abuso che hanno subìto quando erano bambini, e in alcuni casi non riescono a farlo affatto lungo tutto l’arco della loro vita. Per di più, oltre alla sofferenza associata alla mancata elaborazione del trauma, la precoce vittimizzazione (l’abuso infantile) può innescare effetti negativi a cascata sulla vittima, come nei casi di successiva ri-vittimizzazione in età adulta (per un approfondimento consulta la pagina sul Trauma e l’ Abuso Sessuale). Quando poi tutto ciò si somma all’assenza di altri significativi che possano aiutare e supportare la persona, gli effetti negativi del trauma vengono amplificati e mantenuti in un ciclo di sofferenza senza fine.
Le conseguenze dell’abuso sessuale infantile si protraggono fino alle ultime decadi della vita della persona e lo fanno in diversi modi. Un recente studio (Carr et al., 2018), il cui scopo era sintetizzare i dati di ricerca disponibili sugli effetti dell’abuso infantile, tra cui quello sessuale, nel ciclo di vita, ha rilevato che in diversi campioni di adulti (età media 54 anni) coloro che erano stati abusati riportavano:
- Persistenti problemi di salute mentale, tra cui PTSD e PTSD complesso, disturbi d’ansia, depressione, disturbi di personalità, abuso di alcool e droghe e tentativi di suicidio;
- Frequenti problemi di salute fisica, sia in termini di maggiore presenza di malattie fisiche sia di numerose ospedalizzazioni causate da esse;
- Conseguenze negative a livello psicosociale, come povertà, problemi coniugali, l’essere senzatetto, essere stati in carcere o avere figli presi in carico dai servizi sociali.
Inoltre, è stato suggerito che esiste un nesso tra esperienze traumatiche infantili di diversa natura e un maggiore rischio di demenza, nello specifico di diagnosi di malattia di Alzheimer, in età senile (Radford et al., 2017). In generale, negli anziani con disturbi post-traumatici si riscontrano compromissioni maggiori nell’ambito della memoria, dell’apprendimento e delle funzioni esecutive (come la capacità di fare piani e metterli in pratica), che potrebbero spiegare questo nesso.
Infine, secondo uno studio di Winning e collaboratori (2016) gli effetti prolungati dello stress traumatico infantile sarebbero collegati all’insorgenza di malattie cardiometaboliche, come diabete, malattie cardiovascolari e ictus in persone di mezza età.
Spesso le persone in età senile sono afflitte da una significativa sofferenza legata all’idea di non avere più il controllo sulla propria vita e di essere incapaci di costruire e mantenere relazioni di mutuo supporto con gli altri. Nei casi di istituzionalizzazione (ad esempio, ingresso in una casa di riposo) si ritrovano ad affrontare significativi cambiamenti di vita: sono costrette a lasciare la loro casa (quindi ad allontanarsi da un posto in cui si sentivano al sicuro), a perdere la propria privacy (che attiva percezioni di invasione del proprio spazio personale), a non potersi più concedere i propri rituali quotidiani come prendere il caffè o curare le piante (che conferivano struttura e coerenza alle giornate), a cui si aggiunge la perdita di amicizie di lunga data, con conseguente deterioramento delle relazioni sociali. Anche i problemi di mobilità e di deambulazione (la perdita della libertà di movimento e, quindi, dell’indipendenza) possono attivare pensieri, emozioni e sensazioni fisiche associati al ricordo dell’abuso e generare, quindi, irritabilità, ansia, agitazione e irrequietezza. Inoltre, il deterioramento delle funzioni mentali, così come altre esperienze di perdita quali pensionamento, malattie e lutti, possono far riaffiorare memorie traumatiche precedemente tenute sotto controllo, anche per decenni.
Tutto ciò può pertanto risvegliare sentimenti di vulnerabilità legati al trauma e all’assenza di protezione, che causano innalzamenti dei livelli di stress e di sofferenza.
Con l’aumento dell’aspettativa di vita media, la percentuale di anziani con disturbi fisici e psicologici che si presentano ai servizi di salute mentale sta diventando sempre più significativa. Alcuni degli interventi consigliati in questi casi sono quelli di Terapia Cognitivo Comportamentale e basati sulla Mindfulness.
Riferimenti
- Carr, A., Duff, H. & Craddock, F. (2018). A Systematic Review of the Outcome of Child Abuse in Long-Term Care. Trauma, Violence and Abuse, XX(X), 1-18.
- Radford, K., Delbaere, K., Draper, B., Mack, H. A., Daylight, G., Cumming, R., … & Broe, G. A. (2017). Childhood stress and adversity is associated with late-life dementia in Aboriginal Australians. The American Journal of Geriatric Psychiatry, 25(10), 1097-1106.
- Winning, A., Glymour, M. M., McCormick, M. C., Gilsanz, P., & Kubzansky, L. D. (2016). Childhood psychological distress as a mediator in the relationship between early-life social disadvantage and adult cardiometabolic risk: evidence from the 1958 British Birth Cohort. Psychosomatic medicine, 78(9), 1019-1030.