L’acronimo inglese LGB (Lesbian, gay and bisexual) viene spesso utilizzato in riferimento alle persone con orientamento sessuale non eterosessuale, ed è ormai entrato a far parte tanto del linguaggio comune quanto di quello accademico antropologico, sociologico, politico e psicologico. La ricerca e la clinica nell’ambito della salute mentale hanno per lungo tempo trascurato i fattori di rischio che riguardano nello specifico le persone non eterosessuali, probabilmente a causa dello stigma che per anni ha dominato anche l’opinione scientifica.
Recenti studi (ad esempio, Andersen & Blosnich, 2013) hanno mostrato che le persone gay, lesbiche e bisessuali riportano in percentuali maggiori le cosiddette Adverse Childhood Experiences (ACE, Esperienze infantili avverse) rispetto agli adulti eterosessuali, e allo stesso tempo hanno probabilità più alte di averne subìto forme multiple. Nello specifico le donne lesbiche e bisessuali presentano un rischio 3 volte maggiore delle donne eterosessuali di aver subìto un abuso sessuale infantile, mentre gli uomini gay hanno un rischio doppio rispetto a quelli eterosessuali (Hughes et al., 2010).
Nelle persone LGB che sono state vittime di abusi sessuali le conseguenze del trauma subìto possono intrecciarsi con quelle dell’omofobia sociale (credenze, pregiudizi e comportamenti negativi che la società detiene nei confronti dell’omosessualità) ed interiorizzata (l’interiorizzazione e accettazione di tale visione da parte dell’individuo omosessuale stesso). È come se questi individui fossero soggetti ad un doppio peso: da un lato possono sentirsi diversi, sbagliati, difettosi in quanto gay e lesbiche, dall’altro possono soffrire di sentimenti di colpa e vergogna per l’abuso subìto. Pertanto, emozioni e conseguenze negative come ansia, depressione, rabbia, frustrazione, isolamento, segretezza, mancato coming out, ipervigilanza, vulnerabilità provocate dal vivere in una cultura eterosessista possono essere ulteriormente amplificate dall’esperienza dell’abuso, che le rende ancora più difficili da sostenere ed affrontare. In particolare, in queste persone si possono riscontrare:
Vergogna
La vergogna è l’emozione alla base di ogni abuso sessuale (Fisher, 2013). Le convinzioni sottostanti alla vergogna sono quelle di essere una persona brutta, immorale, profondamente sbagliata, difettosa, cattiva, non amabile. Nei casi degli individui LGB che hanno interiorizzato gli assunti della cultura omofobica, la crescente consapevolezza del proprio orientamento sessuale provoca l’emergere di intensi sentimenti di vergogna e di disprezzo per se stessi, che possono essere particolarmente difficili da elaborare se concomitanti con quelli dovuti all’abuso subìto, di cui spesso, come gli altri sopravvissuti, tendono ad incolparsi.
Isolamento
il bambino che è stato abusato sessualmente è di solito preoccupato di non essere creduto, soprattutto se l’abuso è avvenuto all’interno della famiglia. I perpetratori dell’abuso, inoltre, tendono a tenere le vittime fisicamente isolate dai pari e da altre potenziali fonti di supporto. In aggiunta, nei casi delle vittime LGB, l’omofobia sociale scoraggia i gay e le lesbiche dalla loro espressione e questo massimizza la già esistente tendenza all’isolamento, facendo sì che si separino dalla cultura eterosessuale dominante (Johnson & Amella, 2014). Ciò è particolarmente rischioso se si considera che l’isolamento sociale costituisce uno dei predittori più forti e attendibili di tentativi di suicidio nel ciclo di vita (Van Orden et al., 2010).
Segretezza
Una tattica comune a molti perpetratori è quella di usare ricatti emotivi, così come minacce reali o implicite, in modo da scoraggiare la rivelazione dell abuso. Nei sopravvissuti LGB questa “coltre di segretezza” può riguardare anche il proprio orientamento sessuale, poiché in alcuni casi sono stati socialmente condizionati a credere che l’omosessualità e la bisessualità siano sbagliate, e che dichiararle avrebbe ripercussioni drammatiche su di loro e su chi li circonda. Ciò è particolarmente vero in quei paesi aventi legislazioni locali che sanzionano penalmente l’omosessualità.
Ipervigilanza
I bambini e gli adolescenti abusati tendono a sviluppare una particolare sensisbilità ai segnali di pericolo, allo scopo di evitare nuove violenze. Ciò fa sì che nel tempo diventino ipervigili nei confronti degli altri e abbiano maggiori probabilità di leggere situazioni incerte o impreviste come minacciose. I gay e le lesbiche che non accettano e non svelano il proprio orientamento imparano a essere ipervigili nelle interazioni sociali e lavorative nel timore che qualcuno possa sospettare qualcosa e discriminarli od offenderli. Temono, in altre parole, di subire un outing: a differenza del coming out, che si riferisce alla volontaria dichiarazione del proprio orientamento sessuale, nel caso dell’outing l’omosessualità viene rivelata pubblicamente da altre persone, senza il consenso dell’individuo interessato. Le motivazioni di quest’atto possono essere varie, ma spesso hanno a che fare con la volontà di umiliare o marginalizzare le persone LGB.
Vulnerabilità
Un elemento di vulnerabilità nei bambini è costituito dal fatto che, per via del loro livello di sviluppo, spesso non hanno gli strumenti per comprendere quando i comportamenti degli adulti nei loro confronti siano inapporpriati. La vulnerabilità dei gay e delle lesbiche risiede nella paura di diventare il bersaglio di pregiudizio e odio. La confusione dovuta al venire a patti con l’identità di gay, lesbica o bisessuale sembrerebbe associata ad una maggiore presenza di comportamenti a rischio in adolescenza (Rose et al., 2006; Xu & Zheng, 2017); tale confusione, il minore uso di reti di supporto come fattori protettivi e l’essere relegati a contesti marginalizzati e meno protetti, sono tutti elementi che rendono i giovani LGB maggiormente vulnerabili all’abuso e allo sfruttamento sessuale.
Intimità
I bambini abusati crescono percependosi diversi dai loro pari. Si sentono spesso inadeguati quando cercano di instaurare o mantenere relazioni, perché continuano a credere, anche inconsapevolmente, che la vicinanza interpersonale sia un precursore dell’abuso sessuale. Similmente, la mancanza di validazione delle relazioni gay e lesbiche da parte dei principali gruppi sociali quali la famiglia, gli amici, i pari e le istituzioni, comunica l’erroneo messaggio che tali relazioni siano qualitativamente inferiori a quelle eterosessuali. Per alcune persone, cià può rappresentare un importante ostacolo che impedisce il raggiungimento di quell’intimità emotiva necessaria a legami sani e profondi.
Dissociazione
La dissociazione è una delle strategie più comuni usate dalle vittime di abuso sessuale. A volte è necessaria per affrontare la sofferenza fisica sperimentata durante l’abuso, altre volte aiuta la vittima a distanziarsi dalle profonde ripercussioni emotive lasciate dal trauma. Altre volte ancora, sviluppare una memoria “a compartimenti stagni”, in cui il ricordo dell’abuso è isolato dagli altri, è l’unico modo che la persona conosce per gestire i sentimenti di vergogna e continuare ad andare avanti con la propria vita mantenendo il segreto. Anche alcuni gay e lesbiche possono precocemente imparare ad usare la dissociazione come strategia per sopravvivere in contesti omofobici, o in generale nella cultura eterosessista dominante (Rosenmann & Safir, 2007). Bambini e adolescenti, ad esempio, possono apprendere a dissociarsi dai propri sentimenti di attrazione verso lo stesso sesso quando cominciano a comparire.
Riferimenti
- Andersen, J. P., & Blosnich, J. (2013). Disparities in adverse childhood experiences among sexual minority and heterosexual adults: Results from a multi-state probability-based sample. PloS one, 8(1), e54691.
- Fisher, J. (2013). Overcoming trauma-related shame and self-loathing. One-day workshop. Premier Publishing & Media.
- Hughes, T., McCabe, S. E., Wilsnack, S. C., West, B. T., & Boyd, C. J. (2010). Victimization and substance use disorders in a national sample of heterosexual and sexual minority women and men. Addiction, 105(12), 2130-2140.
- Rose, H. A., Rodgers, K. B., & Small, S. A. (2006). Sexual identity confusion and problem behaviors in adolescents: A risk and resilience approach. Marriage & family review, 40(2-3), 131-150.
- Rosenmann, A., & Safir, M. P. (2007). Gay identity nonendorsement and the role of dissociative char-acteristics in a culturally diverse online sample of men who have sex with men. Sexuality Research & Social Policy, 4(2), 18.
- Van Orden, K. A., Witte, T. K., Cukrowicz, K. C., Braithwaite, S. R., Selby, E. A., & Joiner Jr, T. E. (2010). The interpersonal theory of suicide. Psychological review, 117(2), 575.
- Xu, Y., & Zheng, Y. (2017). Does sexual orientation precede childhood sexual abuse? Childhood gender nonconformity as a risk factor and instrumental variable analysis. Sexual Abuse, 29(8), 786-802.