ADHD e inquinamento urbano: un nuovo studio
Abbiamo parlato in precedenti contributi di cosa s’intende per Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) e chiunque abbia dei figli, nipoti o lavori in ambito educativo-scolastico, è altamente probabile che abbia già sentito nominare la diagnosi o si sia trovato a interagire con un bambino o adolescente molto irrequieto, estremamente loquace e facilmente distraibile[1].
Lo studio
Secondo un recente studio canadese, che ha incrociato l’incidenza di questo Disturbo del Neurosviluppo tra i nati nei primi anni Duemila con le caratteristiche del luogo in cui resiedevano i bambini, coloro che vivono in luoghi poco green e alti livelli di inquinanti presentano un rischio più alto di sviluppare ADHD rispetto ai coetanei ubiquati in aree con livelli medi di verde e inquinamento atmosferico. I dati esaminati hanno riguardato 37.000 bambini di Vancouver seguiti per un settennio (dalla fascia di età 3-10 anni), dei quali il 4,2 % aveva un ADHD; per quantificare la quantità di vegetazione a disposizione dei bambini, si è utilizzato un accurato e innovativo sistema di monitoraggio satellitare.
I risultati
È emerso, più precisamente, che per ogni aumento di 2,1 μg/m3 dei livelli di polveri sottili PM2.5 si registra un aumento dell’11% di ADHD e, viceversa, per ogni aumento del 12% dell’area verde nella zona di residenza si verifica una riduzione del 10% del suddetto rischio. Questo perché le polveri sottili, attraverso lo stress ossidativo sistemico che contribuisce al danno neuronale e compromette lo sviluppo cerebrale, porterebbero a deficit cognitivi. I due fattori possono sia annullarsi che rafforzarsi a vicenda: nelle aree in cui coesistono alti livelli di verde e bassi livelli di particelle inquinanti si registra addirittura una riduzione del rischio di ADHD della metà, mentre in zone più inquinate e con la minore disponibilità di spazi verdi il rischio aumenta del 62%.
Le conclusioni
È importante riflettere, insieme con i ricercatori, che le esposizioni al verde e agli inquinanti avvengono sin dai primissimi anni di vita, un periodo fondamentale per lo sviluppo del bambino perché il suo cervello è molto plastico. Tenendo conto di risultati come questo, sarebbe auspicabile agire in direzione di una maggiore pianificazione e valorizzazione del verde urbano. Mathew White psicologo ambientale dell’università di Exeter nel Regno Unito, ad esempio, ha constatato che i benefici che i bambini possono trarre dall’immergersi nella natura vanno dall’aumento del rendimento scolastico al miglioramento dell’umore e della concentrazione; l’accesso agli spazi verdi urbani può, inoltre, incrementare i loro legami sociali e le amicizie, promuovendone l’inclusione.
Riferimenti sito-bibliografici
- https://www.cbc.ca/
- https://www.newscientist.com/
- Weiran Yuchi, Michael Brauer, Agatha Czekajlo, Hugh W. Davies, Zoë Davis, Martin Guhn, Ingrid Jarvis, Michael Jerrett, Lorien Nesbitt, Tim F. Oberlander, Hind Sbihi, Jason Su, Matilda van den Bosch, Neighborhood environmental exposures and incidence of attention deficit/hyperactivity disorder: A population-based cohort study, Environment International,Volume 161, 2022, 107120, ISSN 0160-4120, https://doi.org/10.1016/j.envint.2022.107120.
[1] In caso contrario, puoi approfondire ai link: https://www.istitutobeck.com/beck-news/adhd-e-alimentazione e https://www.istitutobeck.com/adhd-deficit-attenzione-iperattivita.