“Alexa, la nonna sta bene?”
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“Alexa, la nonna sta bene?”: smart home device e benessere nella terza età
Tutto in una stanza
Lo scorso ottobre, in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, la più grande organizzazione di volontariato al mondo e un noto sito di e-commerce hanno collaborato affinché l’assistente vocale di quest’ultimo, che viaggia sui dispositivi di “casa intelligente”, offrisse informazioni, appunto, sulla salute mentale. L’iniziativa aveva lo scopo di normalizzare disturbi che, pur interessando milioni di persone, sono ancora avvolti da un’aura di timore e vergogna. In pratica, salutando l’home assistant, questo incoraggiava colui che lo interpellava ad essere più consapevole del proprio stato psicologico, emotivo e relazionale, offrendo indicazioni su come riconoscere i sintomi più comuni dell’ansia e dello stress (“sudorazione, palpitazioni cardiache in aumento, angoscia, nausea, mal di stomaco, insonnia e poca concentrazione o irritabilità, sensazione di mancanza di aria…”) e anche consigli su come affrontarli (“…se queste sensazioni durano nel tempo o t’impediscono di svolgere le normali attività quotidiane non esitare ad affidarti ad un professionista…”). Allora mi parve un’iniziativa simpatica e curiosa e mi sentii spinta a pormi delle domande sulla sua utilità: siamo ormai abituati a chiedere a questi device, variamente e abbondantemente distribuiti nei nostri ambienti di vita, informazioni sul meteo, sul traffico, l’attualità e lo sport; di accendere e spegnere le luci o la musica; di ricordarci la ricetta delle fettuccine della nonna e se l’appuntamento dell’indomani con lo specialista è alle quattro o alle cinque del pomeriggio. Ma, oltre ad esserci utili, possono anche farci sentire meglio?
Lo studio
Una prima, sia pur parziale, risposta arriva da un recente progetto[1] volto ad indagare se l’uso di questi dispositivi da parte di persone anziane possa, oltre ad agevolarne le attività quotidiane, contribuire al miglioramento della loro qualità della vita. L’ipotesi in questione è stata testata facendo usare a 60 persone anziane – più precisamente di età compresa fra i 65 e gli 80 anni – uno smart home assistant per due settimane. La matrice scientifica entro cui ha avuto luogo la ricerca deriva dal Protocollo Il Giardino Segreto[2]: un video immersivo che riproduce un ambiente naturale, finalizzato a favorire il relax e l’autoriflessione; a questo sono stati aggiunti degli esercizi che sfruttano le funzioni dell’assistente vocale quali giochi, musica, videochiamate, domande e risposte, notizie e così via. Nella prima fase, corrispondente alla prima settimana di sperimentazione, gli anziani coinvolti sono stati invitati ad eseguire alcuni esercizi basati su applicazioni dell’home device; nella seconda fase e settimana sono stati lasciati liberi di utilizzare il dispositivo come meglio credevano, mentre registravano azioni e sensazioni in un diario. Il 62% degli utilizzatori ha dichiarato, successivamente alla sperimentazione, di sentirsi meglio, meno soli[3]; il 98% ha espresso la volontà di comunicare maggiormente con altre persone in futuro, servendosi proprio di queste nuove tecnologie; il 75% del campione ha altresì ammesso, dopo l’utilizzo, di aver visto il proprio stato di benessere aumentare (item: “Mi sono sentito calmo e rilassato”), sia nel corso della sperimentazione che nel periodo successivo lo studio (il 52% dei partecipanti
[1] Il riferimento è a Voice4Health, studio condotto dal Centro di ricerca dell’Università Cattolica EngageMinds HUB in collaborazione con DataWizard e con il contributo non condizionante della già accennata piattaforma di commercio elettronico.
[2] Per un approfondimento, al link: www.covidfeelgood.com.
[3] Per conoscere i rischi per la salute associati alla solitudine, vai al link: https://www.istitutobeck.com/beck-news/anziani-lasciati-soli.