“Alienazione Parentale”: in cosa consiste e come riconoscerne gli aspetti psicopatologici

“Alienazione Parentale”: in cosa consiste e come riconoscerne gli aspetti psicopatologici

Alienazione Parentale

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Premessa

Numerosi sono gli eventi di cronaca recenti che, in modo più o meno improprio, vengono ricondotti alla cosiddetta Sindorme di Alienazione Parentale (conosciuta anche con l’acronimo di derivazione inglese PAS – “Parental Alienation Syndrome”). È opportuno, tuttavia, fare chiarezza sull’inquadramento clinico nosografico relativo alle alterazioni relazionali tra genitore e figlio che essa comporta.
Ad oggi, l’ambiguità relativa a tale manifestazione psicopatologica è dovuta alla tendenza mediatica ed emotiva a ricondurre tale fenomeno a molteplici e discordanti circostanze. Per alcuni tale sindrome si manifesterebbe nel momento in cui le madri, in seguito alla fine della loro relazione con i padri dei loro figli, tenderebbero ad ostacolare in modo strumentale la relazione tra essi. In altri casi, invece, la terminologia in questione viene utilizzata per indicare l’esistenza di una modalità paterna di tipo trascurante, violenta e/o incompetente.
In realtà, e per correttezza descrittiva, è opportuno affermare che entrambe queste posizioni concettuali risultano essere inesatte e/o imprecise. Il problema in questione, relativo all’esclusione della figura genitoriale dalla quotidianità di un figlio, può riguardare tanto la figura materna quanto quella paterna e può determinare modalità relazionali altamente disfunzionali per l’intero nucleo familiare.

“Origine concettuale” dell’Alienazione Parentale

Il primo ad introdurre un quadro teorico-descrittivo della PAS fu lo psichiatra forense statunitense Richard Gardner (Gardner, 1985) che, negli anni Ottanta, sistematizzò il profilo psicologico di tutti quei bambini che, in modo apparentemente immotivato, cominciavano a manifestare astio e rifiuto nei confronti del genitore con cui non vivevano più. Lo psichiatra indicò come tale processo di esclusione del genitore alienato fosse attivato dall’influenza profusa dal genitore alienante nello screditare costantemente il valore del primo agli occhi del figlio.
Tra i campanelli di allarme più significativi, caratteristici di questa condizione, riportiamo: espressioni denigratorie con futili motivazioni a sostegno di esse, false accuse, sostegno empatico ed automatico del bambino nei confronti del genitore alienante, la mancanza di “pentimento” in relazione all’astio esplicitato nei confronti del genitore alienato, la pianificazione diffusa di “realità fittizie” da parte della famiglia allargata.
In seguito alla codificazione di tale sindrome da parte di Gardner, nel 1985, sono state condotte numerosissime ricerche volte ad evidenziare le conseguenze dannose che tale condizione può generare nel bambino e nel rapporto genitore-figlio. In particolare, in base agli apporti scientifici, è stato osservato che  il fenomeno di esclusione ed induzione ingiustificata al rifiuto, ottenuto con la tendenza a svalutare in modo più o meno diretto l’immagine del genitore alienato di fronte al proprio figlio, può comportare: difficoltà scolastiche e comportamentali, forme di infantilizzazione/adultizzazione e invischiamento con la famiglia alienante, depressione, bassa autostima, abuso di alcool e droga, problemi affettivi e relazionali, ecc.
Non di minore importanza sono i danni registrati a carico del genitore alienato: perdita dell’affidamento del figlio, denunce infondate di maltrattamento, ecc.

Alienazione Parentale oggi: come riconoscerla

Quando, in occasione del working committee del DSM-5 Bernet indicò la necessità di inserire la categoria relativa al Disturbo di Alienazione Parentale all’interno del manuale diagnostico maggiormente accreditato sul piano mondiale, formulandone i relativi criteri sintomatologici, il riscontro esplicitato fu negativo (Bernet, 2008). Non venne riconosciuta una corrispondenza tra tale condizione ed il concetto di “sindrome” o di “disturbo” specifico. L’Alienazione Parentale, per l’esattezza, viene collocata nel DSM-5 all’interno dei Problemi Relazionali in quanto essa non si qualifica come manifestazione clinica di un unico soggetto coinvolto, ma si caratterizza come un’alterazione del funzionamento familiare, generato dalle responsabilità di numerosi membri del nucleo ed in grado di causare, a sua volta, disagio clinicamente significativo su ognuno di essi. Si afferma, pertanto, come essa richieda un intervento psicosociale preventivo e/o curativo che si occupi di intervenire su tutti i membri implicati nell’incastro familiare (Camerini et al., 2014). Da quanto riportato, dunque, non è stato possibile, ad oggi, formulare una specifica lista di criteri sintomatologici riconosciuti come univoci per l’identificazione della condizione, tuttavia, rifacendoci a quanto esplicitato da Gardner, possiamo segnalare la presenza di indicatori in grado di comunicarci l’esistenza di una condizione di disagio causata dalla tendenza di un genitore di coinvolgere il figlio nel conflitto relazionale con l’altro genitore. Tra questi, è bene porre particolare attenzione quando: il bambino si allea a uno dei genitori e rifiuta la relazione con l’altro senza valide ragioni, egli denigra e/o critica in modo frequente e persistente il genitore alienato, dichiara ed indica tale posizione come frutto dalla propria volontà, esplicita affermazioni o espressioni chiaramente “prese in prestito” (che non si addicono al suo livello di sviluppo), non manifesta senso di colpa per il mancato rispetto nei confronti del genitore alienato, diffonde tale animosità nei confronti della famiglia allargata di quest’ultimo, ecc. (Gardner, 1985).
In tutti questi casi, la SINPIA (Società Italina di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) ha ritenuto opportuno assumere una posizione ufficiale all’interno del dibattito, sostenendo la necessità di assumere accorgimenti volti a garantire al minore, come impongono le recenti sentenze dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il suo diritto alla bigenitorialità e a tutelarlo dagli usi strumentali che possano ostacolarlo (SINPIA, 2007).

Riferimenti

  • Bernet W. (2008) “Parental alienation disorder and DSM-V”. American Journal of Forensic Psychology, 36: 349-66.
  • Camerini G.B. e tal. (2014) “La Parental Alienation: considerazioni cliniche, nosografiche e psicologico-giuridiche alla luce del DSM-5”. Giornale di Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva, 34: 39-48.
  • Gardner RA (1985) “Recent trends in divorce and custody litigation”. Academy Forum (A Publication of the American Academy of Psychoanalysis), 29: 3-7.
  • SINPIA (2007) “Linee Guida in tema di abuso sul minore” Trento: Erickson.

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