L’approccio transdiagnostico per i disturbi di personalità e il trauma

L’approccio transdiagnostico per i disturbi di personalità e il trauma

Approccio transdiagnostico per i disturbi di personalità e il trauma

Photo by Larm Rmah on Unsplash

La classificazione dei disturbi psichiatrici negli ultimi anni sta subendo trasformazioni importanti. Quello che emerge è una sovrapposizione tra manifestazioni cliniche e traiettorie di malattia nelle diverse categorie psichiatriche. A livello internazionale, infatti, sono in corso importanti e consistenti modifiche riguardo le diagnosi psichiatriche, e si sta passando sempre più da un approccio categoriale ad uno dimensionale, soprattutto per quel che riguarda i disturbi di personalità. Inoltre, i disturbi psichiatrici sono ampiamente eterogenei e spesso spiegati da sottostanti tratti di personalità, a loro volta strettamente in relazione con le esperienze traumatiche vissute durante l’infanzia.

A partire da questi presupposti, il gruppo di ricercatori dello studio pubblicato su Nature (Wang et al., 2019) si è posto l’obiettivo di individuare per la prima volta, tramite una analisi della correlazione canonica (canonical correlation analysis, CCA), cluster di pazienti con differenti diagnosi cliniche che potessero seguire pattern di relazioni in base ai tratti dei Disturbi di Personalità (DP) e alle esperienze traumatiche infantili (Childhood Traumatic Experiences, CTE). La ricerca è stata condotta all’interno del più grande ospedale psichiatrico in Cina (Shanghai Mental Health Center).

Campione e questionari

Il campione finale comprendeva 2090 pazienti. Ognuno di essi ha completato questionari self-report ed interviste.

I questionari previsti erano:

  • Personality Disorders Questionnaire-4+ (PDQ-4+) per i tratti di personalità
  • Childhood Trauma Questionnaire Short form (CTQ-SF) per un indice quantitativo delle esperienze avverse nell’infanzia (abuso emotivo, fisico e sessuale, neglect)

Infine, è stata somministrata la Structured Clinical Interview for DSM-IV, per i Disturbi di Asse II del DSM-IV (SCID-II).

Risultati

Ciò che è emerso è la presenza di sottotipi transdiagnostici individuabili attraverso la correlazione tra DP e CTE.

Nello specifico, sono stati individuati 3 cluster differenti. Gli individui nel Cluster 1 erano caratterizzati da gravi tratti schizoidi, passivo-aggressivi, depressivi, istrionici ed evitanti e sperimentavano più abbandono emotivo. Gli individui nel Cluster 2 hanno mostrato una minore gravità dei tratti DP e delle CTE. Il Cluster 3 era caratterizzato da estesi e gravi tratti antisociali e paranoidi e da maggior abuso emotivo durante l’infanzia.

I risultati sembrano suggerire innanzitutto che differenti background possano condurre a manifestazioni psichiatriche simili. Inoltre, i tratti dei DP e le CTE hanno mostrato ampie associazioni transdiagnostiche tra i disturbi psichiatrici più comuni.

Implicazioni cliniche

L’eterogeneità delle diagnosi psichiatriche potrebbe rappresentare un limite allo sviluppo di strategie psicoterapeutiche mirate ai disturbi di personalità e al trauma. Per di più, convalidare e replicare alcuni approcci terapeutici risulta complesso a causa delle difficoltà nella selezione dei pazienti da sottoporre all’intervento, in modo che abbiano più probabilità possibili di beneficiarne. Infine, nonostante sia ormai chiara e condivisa l’idea che i vari sottotipi di DP e CTE siano eterogenei e che per questo richiedano interventi differenti, essi vengono spesso trattati in base alla singola etichetta diagnostica.

Sviluppi futuri

L’utilizzo dei sottotipi nella ricerca e nella pratica clinica si trova ancora in uno stadio iniziale e risulta quindi senz’altro prematuro suggerire indicazioni definitive; in questo senso, saranno sicuramente necessari ulteriori studi clinici rivolti a questi sottotipi di pazienti. I risultati potenziali potrebbero produrre importanti indicazioni per la pratica clinica.

Riferimenti:

Autore/i dell’articolo

Dott. De Gabrielis Gabriele
Psicologo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, psicoterapeuta TMI (Terapia Metacognitiva Interpersonale). Ha conseguito il I livello della formazione in EMDR. Ha svolto la sua attività in diversi contesti: strutture semiresidenziali, centri clinici, U.O.C. Tutela Salute Donna ed Età Evolutiva – ASL Roma 2, U.O.C. Psichiatria – Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma. Da anni si dedica allo studio dei sistemi motivazionali nell’ottica cognitivo-evoluzionista contribuendo, attraverso diverse ricerche, allo sviluppo della Teoria Evoluzionistica della Motivazione (TEM). Attualmente collabora in qualità di psicologo e psicoterapeuta presso l’Istituto A.T. Beck di Roma.

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