Attention Bias Modification Treatment (ABMT). Quando la neuropsicologia incontra la clinica per la cura dei disturbi d’ansia in età evolutiva
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L’ansia non è solo una questione da grandi. Basti pensare che l’anno scorso si è stimato che circa il 7% della popolazione americana tra i 3 i 17 anni (4.4 milioni) soffriva di un disturbo d’ansia (Ghandour et al. 2019). E i dati del nostro Bel Paese non sono da meno.
Da anni ormai la ricerca scientifica ha dimostrato come la Terapia Cognitivo Comportamentale possa aiutare bambini ed adolescenti a superare le difficoltà psicologiche e sociali annesse a questa diagnosi (Higa-McMillan et al., 2016) eppure non sempre avviene il lieto fine. Esiste infatti una casistica di bambini e ragazzi che non raggiungono i risultati auspicati, nonostante la terapia (popolazione resistente al trattamento). A partire da questo importante dato, il ricercatore Jeremy W. Pettit dell’università della Florida, ha voluto investigare l’utilizzo di un approccio terapeutico che avesse più una matrice neuropsicologica che clinica. L’assunto di base da cui sono partiti è che, nella cura dell’ansia, non bisogna solo focalizzarsi sul funzionamento psicosociale del bambino/ragazzo e sulla conseguente diminuzione della sua qualità di vita ma anche, e in primo luogo, sugli aspetti prettamente neurocognitivi che sorreggono il disturbo.
Le persone, infatti, a cui è stato diagnosticato un disturbo d’ansia sono caratterizzate da un “deficit attentivo” che in gergo tecnico prende il nome di bias attentivo ovvero hanno la tendenza a focalizzare la loro attenzione su stimoli minacciosi, prediligendoli rispetto a quelli di altra natura (Abend et al., 2016). Questa precoce alterazione nei processi attentivi automatici avvierebbe una cascata di successivi «pregiudizi» nell’elaborazione delle informazioni e nel loro immagazinamento e reupero. Un vero e proprio circolo vizioso, con un notevole impatto anche sull’umore.
Il punto quindi, secondo i ricercatori è quello di lavorare sul processo cognitivo dell’attenzione prima ancora che sugli aspetti più di natura psicologica o sociale. Mentre la terapia cognitivo comportamentale si rivolge alle fasi successive dell’elaborazione dell’informazione (interpretazione) che avviene sotto il controllo volontario, il trattamento deve invece essere mirato ai processi di dislocazione attentiva aiutando quindi la persona a dirigere l’attenzione anche ad altri stimoli.
64 bambini (34 maschi, 30 femmine, età media 11.7) sono stati quindi sottoposti ad un training attentivo computerizzato che prende il nome di Attention Bias Modification Treatment (ABMT). Tale trattamento si basa sull’idea che il bias attentivo possa essere modificato attraverso un allenamento intensivo e massiccio tramite un esercizio al computer. A livello diagnostico, il campione sperimentale, era così costituito:
- 1% ansia sociale
- 3% ansia generalizzata
- 1% fobia specifica
- 4% ansia da separazione
Ecco la procedura. All’inizio dell’esperimento compare sullo schermo un puntino bianco per 500ms seguito da due espressioni facciali: una nella parte alta dello schermo e una nella parte bassa. Le coppie di stimoli possono essere composta da espressione neutrale + espressione arrabbiata (stimolo minaccioso) oppure espressione neutrale + espressione neutrale. Dopo 500 ms appare uno stimolo grafico (<or>) allocato nella parte alta o bassa dello schermo. I partecipanti devono indicare la posizione dello stimolo cliccando sul tasto destro o sinistro del mouse. Lo stimolo rimane sullo schermo fino a che il partecipante non dà la sua risposta. Dopo 500 ms appare un nuovo trial per un totale di 160 trials. Durante il trattamento, lo stimolo visivo ha sempre sostituito l’espressione facciale neutrale. Il campione di bambini è stato sottoposto ad un intervento di 4 settimane per un totale di 8 incontri (2 incontri a settimana).
Confrontando i risultati pre-post dei test psicodiagnostici a cui ragazzi e genitori sono stati sottoposti, il 50% dei soggetti non raggiungeva più i criteri per effettuare una diagnosi. I risultati sono stati confermati nel follow-up a due mesi
Questi risultati suggeriscono, secondo i ricercatori, che un lavoro mirato ai processi attentivi porterebbe ad un loro maggiore controllo e quindi ad una successiva riduzione della sintomatologia ansiosa. Questo perché, il massiccio allenamento a focalizzare, mantenere e spostare l’attenzione favorirebbe una maggiore flessibilità nella sua modulazione con un risvolto anche a livello emotivo e psicologico.
Bibliografia
- Abend R, de Voogd L, Salemink E, et al. Association between attention bias to threat andanxiety symptoms in children and adolescents. Depress Anxiety. 2018;35:229-238
- Ghandour RM, Sherman LJ, Vladutiu CJ, Ali MM, Lynch SE, Bitsko RH, Blumberg SJ. Prevalence and treatment of depression, anxiety, and conduct problems in U.S. children. The Journal of Pediatrics, 2019;206:256-267
- Higa-McMillan CK, Francis SE, Rith-Najarian L, Chorpita BF. Evidence base update: 50 years of research on treatment for child and adolescent anxiety. J Clin Child Adolesc.2016;45:91-113
- Pettit JW, Bechor M, Rey Y, Vasey MW, Abend R, Pine DS, Bar-Haim Y, Jaccard J, Silveram WK. A Randomized Controlled Trial of Attention Bias Modification Treatment in Youth with Treatment-Resistant Anxiety-Disorsers. Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry. 2020. 59(1):157-165