Autolesionismo Non Suicidario e regolazione emotiva in adolescenti e giovani adulti NSSI
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L’Autolesionismo Non Suicidario è la deliberata e diretta distruzione del tessuto corporeo senza un reale intento letale (Chapman, Gratz, & Brown, 2006; Nock, 2010).
L’importanza di comprendere questo comportamento è stata sempre più riconosciuta, tanto da portare a ritenere possibile, in futuro, la sua inclusione nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. Sebbene tale problematica sia presente a tutte le età, gli adolescenti e i giovani adulti risultano essere particolarmente a rischio.
I numeri dei casi relativi al comportamento Autolesionistico Non Suicidario sono sempre più alti e allarmanti, poiché le conseguenze sono deleterie e possono condurre fino al suicidio, anch’esso aumentato drasticamente.
Data la prevalenza e le conseguenze di tali comportamenti, diverse ricerche si sono concentrate sui meccanismi che ne sono alla base. Le prove fino ad ora più coerenti supportano la tesi secondo cui il comportamento Autolesionistico Non Suicidario ha come funzione principale quella di regolare le emozioni (Klonsky, 2007; Nock & Prinstein, 2004).
Secondo un importante studio, in base al “Modello a Quattro Funzioni dell’Autolesionismo” (Nock & Prinstein, 2004), la funzione di regolazione delle emozioni nel comportamento Autolesionistico Non Suicidario può essere suddivisa in due distinti processi di rinforzo funzionale: rinforzo negativo automatico e rinforzo positivo automatico.
Nel rinforzo negativo automatico, il comportamento Autolesionistico Non Suicidario serve a ridurre o eliminare i pensieri avversivi e/o gli stati emotivi negativi, mentre nel rinforzo positivo automatico, esso serve a generare emozioni e sentimenti desiderati.
Gli studi esistenti sulla regolazione delle emozioni e sul comportamento Autolesionistico Non Suicidario si sono basati principalmente su metodi auto-retrospettivi, che presentano dei limiti: non sono in grado di valutare le funzioni dell’NSSI in tempo reale e, per ragioni etiche e di laboratorio, non valutano i reali comportamenti messi in atto. Di conseguenza, sono pochi gli studi che hanno esaminato le esperienze emotive temporanee relative al comportamento Autolesionistico Non Suicidario e il modo in cui le funzioni di rinforzo positivo e negativo automatico agiscono su esso. Per ovviare a tali problematiche, alcuni studiosi hanno utilizzato per le loro ricerche la metodologia di “Valutazione Ecologica Momentanea” (EMA) al fine di catturare le esperienze in tempo reale e in contesti naturali ed esaminare la funzione di regolazione delle emozioni dell’NSSI. Tuttavia, studi di questo tipo sono ancora pochi e quelli esistenti si sono concentrati sul ruolo delle emozioni negative, escludendo o indagando in modo insufficiente le emozioni positive oppure focalizzandosi su ampie esperienze emotive e non su emozioni specifiche. Solo due studi EMA hanno approfondito il modo in cui le emozioni negative e le emozioni positive cambiano in seguito alla messa in atto dei comportamenti NSSI. In questo caso, i limiti risiedono nella non generalizzazione dei risultati a causa dell’uso di un campione non clinico o di un campione clinico altamente specifico. Inoltre, è sottovalutata la possibilità che le persone che mettono in atto comportamenti NSSI possano sperimentare una significativa instabilità affettiva e avere repentini e drastici cambiamenti, nell’arco di diverse ore, nell’emotività.
Un recente e attuale studio, “An Ecological Investigation of the Emotional Context Surrounding NonSuicidal Self-Injurious Thoughts and Behaviors in Adolescents and Young Adults” di Kranzler et al. (2018) mostra in modo approfondito il ruolo di emozioni specifiche, valutando antecedenti e conseguenze dei comportamenti NSSI, utilizzando la metodologia EMA. Per superare i limiti degli studi precedenti, i ricercatori hanno fatto in modo che i partecipanti valutassero un elenco completo di emozioni di valenza e di intensità/attivazione variabile, immediatamente prima e dopo i comportamenti NSSI. Innanzitutto, essi hanno ipotizzato che un’emozione negativa elevata o una diminuzione dell’emozione positiva avrebbe predetto, al momento della valutazione, una maggiore intensità dei pensieri relativi ai comportamenti NSSI e una maggiore frequenza dei comportamenti NSSI nella successiva fase di rivalutazione, dimostrando che i pensieri e i comportamenti NSSI sono con più probabilità presenti quando gli individui hanno bisogno di ricorrere a strategie di regolazione emotiva. In secondo luogo, nell’esaminare episodi discreti di autolesionismo riferiti dai partecipanti durante il monitoraggio, essi hanno ipotizzato che ci sarebbe stata una significativa diminuzione delle emozioni negative e un significativo aumento delle emozioni positive nella valutazione pre-post del comportamento NSSI, suggerendo che tale comportamento risulti, per i soggetti coinvolti, una modalità efficace di regolazione delle emozioni.
Per indagare ciò, é stata utilizzata un’app per smartphone che chiedeva ai partecipanti di registrare i loro impulsi e i loro comportamenti NSSI più volte al giorno, ogni giorno e di valutare un elenco completo di emozioni negative e positive quando mettevano in atto i comportamenti NSSI. I risultati indicavano, che assumere un comportamento NSSI comporta una diminuzione significativa e immediata delle emozioni negative e un aumento delle emozioni positive, suggerendo che l’NSSI potrebbe essere un efficace ed efficiente metodo di regolazione emotiva, sia per le emozioni positive che per quelle negative. Questo spiegherebbe perché gli individui continuino a impegnarsi in questo tipo di comportamento, nonostante le sue conseguenze negative.
Il suddetto studio segnala che l’aumento delle emozioni negative ha preceduto e predetto una maggiore frequenza di comportamenti NSSI alla rivalutazione successiva. Questo è un importante dato che dimostra che, sebbene l’NSSI possa verificarsi nel contesto di specifiche emozioni, queste emozioni potrebbero non sempre essere predittive della messa in atto di questi comportamenti. In più, è stato dimostrato che l’aumento delle emozioni negative è predittivo anche di una maggiore intensità dei pensieri relativi al comportamento NSSI. Questi risultati suggeriscono che le persone pensano e ricorrono a comportamenti NSSI per regolare le emozioni avversive.
Una diminuzione dell’emozione positiva ha predetto una maggiore intensità dei pensieri NSSI alla valutazione successiva, ma non ha predetto in modo significativo una maggiore frequenza dei comportamenti NSSI, al momento della rivalutazione. Questo potremmo spiegarlo supponendo che la riduzione dell’emozione positiva, per quanto possa essere spiacevole, conduce a pensieri relativi al comportamento NSSI ma può essere più tollerabile e può, pertanto, non spingere in modo concreto il soggetto verso la messa in atto di un comportamento NSSI.
Alla luce delle evidenze emerse, dunque, per quel che concerne il trattamento del comportamento Autolesionistico Non Suicidario risulta necessario che gli interventi siano mirati ad insegnare ai pazienti a sviluppare delle strategie alternative di regolazione emotiva, soprattutto per quel che concerne le emozioni negative. In tal senso, risultano essere particolarmente efficaci la Dialectical Behavioral Therapy (DBT; Linehan, 1993) e l’Acceptance-Based Emotion Regulation Therapy (Gratz, 2007).