Bifobia: pregiudizi e stereotipi ai danni delle persone bisessuali
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Introduzione
La discriminazione ai danni di persone con orientamento non eterosessuale, purtroppo non ha come bersaglio solo gli omosessuali, bensì anche gli individui bisessuali, “accusati” di indecisione, infedeltà, immoralità.
Cos’è la bifobia
Fu Bennet nel 1992 a coniare per a prima volta il termine “bifobia”, per indicare il timore ed il rifiuto relativo all’esistenza della bisessualità.
L’individuo bisessuale è una persona attratta da partner di entrambi i sessi e come spesso accade all’interno della nostra cultura eterosessista, tale variante dell’orientamento sessuale, è soggetta a stigmatizzazione.
Molti considerano la bisessualità una forma di confusione circa l’orientamento sessuale, destinata ad evolvere in una definizione univoca della meta sessuale (Brewster & Moradi, 2010; Garelik et al. 2017); stando a ciò, la bisessualità non verrebbe dunque considerata come orientamento sessuale distinto (Rust, 1993).
Brewster e Moradi (2010) sottolineano le differenze che intercorrono tra l’omofobia e la bifobia: nel caso della seconda, i pregiudizi penalizzerebbero la bisessualità per l’“instabilità dell’orientamento sessuale” e darebbero per scontato che essere bisessuali significhi essere dediti ad attività sessuali promiscue, amorali, che comportino l’infedeltà e comportamenti a rischio di contrarre e trasmettere malattie veneree (Garelik et al. 2017; Irvine, 2017; Ochs, 1996; Rust, 1993; Spalding & Peplau, 1997; Weiss, 2004).
I luoghi comuni anti-bisessuali sarebbero condivisi sia dagli individui eterosessuali sia da quelli omosessuali (Garelik et al. 2017; Irvine, 2017; Mohr & Rochlen, 1999; Mulick & Wright, 2002, 2011; Spalding & Peplau, 1997; Todd et al., 2016; Yost & Thomas, 2012) andando a caratterizzare quella che Ochs (1996) ha chiamato una “doppia discriminazione”.
Gli eterosessuali tenderebbero ad iper-sessualizzare la persona bisessuale, considerandola come affettivamente inaffidabile, volubile e non in grado di avere relazioni stabili.
Anche all’interno della comunità LGBT sembrerebbero essere condivise credenze di stampo bi-fobico (Barker et al., 2012; Ochs, 1996; Irvine, 2017), come la tendenza a considerare i bisessuali alla ricerca di relazioni solide con il genere opposto, esclusivamente per evitare la ghettizzazione (Weiss, 2004). Tale convincimento renderebbe la comunità LGBT poco disponibile ad accettare la bisessualità come vero e proprio orientamento sessuale (Rust, 1993; Irvine, 2017).
Per confermare l’esistenza della “bifobia”, nel 2002 Mulik e Wright hanno ideato la Biphobia Scale, la quale misurerebbe le credenze ed i comportamenti negativi nei confronti della bisessualità. Lo strumento di indagine, sarebbe composto da due distinte scale genere-specifiche (Biphobia Scales–Female e Biphobia Scales–Male), ognuna di 30 items con risposta su scala di tipo Likert da 0 a 5 (Mulik & Wright, 2011).
Conclusioni
Le persone che si definiscono bisessuali, patirebbero la discriminazione da parte del mondo eterosessuale e LGBT (Herek, 2002; Helms e Waters, 2016; Steffens & Wagner, 2004; Todd et al., 2016), subendo dunque un doppio isolamento sociale. L’assenza di un adeguato supporto, costituirebbe un elemento critico soprattutto per gli adolescenti che vorrebbero essere aiutati nel loro delicato percorso di coming out (Sadowski et al. 2009). La conseguenza di tale lacuna, andrebbe a svantaggio della salute mentale.
Il clinico chiamato a fornire sostegno psicologico alle persone bisessuali, dovrà essere preparato rispetto alla conoscenza delle conseguenze dello stigma sociale. I campi da approfondire lungo il percorso di psicoterapia, dovranno indagare il ruolo della famiglia di origine, il contesto di lavoro, il rapporto con la religione, senza tralasciare la presenza di omofobia e/o bifobia interiorizzata, unite al fatto che i bisessuali potrebbero vivere una conflittualità interiore connessa al ruolo di genere in cui si identificano.