I bisogni non son desideri
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Il Sankalpa
A chi pratica yoga nidra sarà capitato di usare sankalpa durante le sessioni di meditazione o il rilassamento: sankalpa è un termine sanscrito – da San, la verità più alta e Kalpa, promessa o voto – e sta per intenzione, affermazione, proposito o desiderio, resi in forma positiva (quindi “sono ottimista ed efficiente”, anziché “non devo essere disfattista e pigra”). Com’è riportato nelle Upaniṣad, antichi testi religiosi e filosofici indiani: tu sei il tuo desiderio più profondo, il tuo desiderio è la tua intenzione, la tua intenzione è la tua volontà, la tua volontà è la tua azione, la tua azione è il tuo destino. Questa idea di poter realizzare ciò che la mente vuole solo attraverso l’intenzione di farlo si sedimenta nel profondo del nostro essere, facendoci agire in direzione di ciò che ci fa sentire bene con noi stessi. Si può enunciare il sankalpa prima di iniziare la meditazione e poi, una volta conclusa, pronunciarlo nuovamente, perché s’imprima nella coscienza; oppure lo si può recitare la mattina, per motivarsi a portare a termine un compito importante.
Somiglianze e differenze con concetti affini in psicologia
Si può quindi usare un sankalpa, oltre che come un’intenzione nel presente a sostegno di un cambiamento che ci proponiamo di apportare alla nostra vita, ad esempio “Io sono libera” o “Io sono sereno”, anche per impostare uno specifico obiettivo da raggiungere in un determinato periodo di tempo; sebbene dagli obiettivi il sankalpa si discosti, in quanto i primi spesso risentono di condizionamenti esterni e consistono nell’ottenimento di risultati o di oggetti materiali. Né è assimilabile a un bisogno, che origina dal corpo e ne esprime un’esigenza, primaria o meno per la sopravvivenza: quando un bisogno sorge innesca uno stato di tensione e motiva un comportamento orientato ad ottenere l’oggetto del nostro bisogno, fino al soddisfacimento o alla sua frustrazione, in un processo omeostatico. Dopodiché il ciclo ricomincia.
Forse il sankalpa si avvicina più al concetto di desiderio[1] (wish), uno degli elementi costitutivi degli schemi interpersonali nella Terapia Metacognitiva Interpersonale. Il wish rappresenta “il desiderio attivo, lo scopo, la spinta motivazionale”, ed afferisce ad uno dei sistemi motivazionali tra quelli dell’attaccamento; del rango, agonismo o competizione; dell’autonomia, esplorazione o agency; dell’appartenenza al gruppo o inclusione sociale; dell’accudimento; della cooperazione; della sessualità o sensualità; della ricerca di sicurezza o sistema di difesa. Nell’ambito della stessa cornice teorica, si fa altresì ricorso al concetto di “pensiero desiderante” come strategia adottata dalle persone per gestire l’attivazione dei suddetti schemi e delle emozioni negative associate: sebbene il pensiero desiderante possa avere degli effetti positivi in termini di sostegno alla realizzazione di un obiettivo perseguibile, di tolleranza della frustrazione causata dall’attesa e di pianificazione di strategie efficaci, esso diventa disfunzionale quando ce ne avvaliamo in maniera rigida e pervasiva, intrappolandoci in una spirale immaginativa di azioni irrealizzabili.
Bibliografia e sitografia di riferimento
- Castelfranchi, C. (2007) Teoria degli scopi. Comunicazione personale.
- Dimaggio G., Ottavi, P., Popolo R., Salvatore G. (2019) Corpo, immaginazione e cambiamento. Terapia metacognitiva interpersonale. Milano: Raffaello Cortina.
- Liotti, G., Monticelli, F. (2008) I sistemi motivazionali nel dialogo clinico. Il manuale AIMIT. Raffaello Cortina Editore.
- Lusk, J. (2019) Yoga nidra: La tecnica del rilassamento profondo per alleviare lo stress e riacquistare la salute interiore, Red Edizioni, Milano.
- Turner, P. R., Cadetto N. (2020) Food Yoga: Nutrire Corpo, Mente e Anima (it. version), Babelcube Inc.
[1] Per un approfondimento, da parte dello stesso autore, sul concetto di desiderio, si rinvia al link: https://www.istitutobeck.com/beck-news/desideri.