Odio a prima vista. Il body shaming colpisce anche gli uomini
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Di recente espressioni come body shaming e body positive, la sua controparte politically correct, sono prepotentemente entrate a far parte dei dibattiti di costume e società, fuori e dentro la rete, anche a seguito delle più o meno condivisibili provocazioni di alcune note influencer. Per body shaming s’intende l’atto di sbeffeggiare una persona per il suo aspetto fisico. Questa pratica di giudicare e commentare il corpo e l’aspetto esteriore altrui, forse non ci farà piacere sentirlo, ma costituisce una forma di bullismo a tutti gli effetti ed ha trovato, come molti altri fenomeni sociali attuali, la sua forza propulsiva nei social network: dove, con la facilità e l’immediatezza di un click, da una parte si falsano e si condividono e, dall’altra, si prendono in giro i corpi delle persone e i mezzi utilizzati per ottenerli.
Il body shaming inizialmente sembrava riguardare principalmente, se non esclusivamente, le donne, alla cui bellezza e magrezza la nostra cultura ha da sempre attribuito una grande importanza. Secondo un’indagine promossa un paio di anni fa da Nutrimente Onlus, associazione per la prevenzione e la conoscenza dei disturbi del comportamento alimentare[1], ben una donna su 2 (48%) affermava di essere stata giudicata per i chili “di troppo”, contro l’11% degli uomini. Oggi, tuttavia, il body shaming non distingue più tra taglie, etnie e, soprattutto, generi. Giorni fa un famoso e prestante attore hollywoodiano (senza entrare nel merito delle sue intenzioni: se per sbaglio o per pubblicità) ha postato una foto piccante cancellandola subito dopo, ma non abbastanza in fretta da sottrarsi a re-post, commenti sgradevoli e meme. Sebbene si sia a lungo creduto che i maschi fossero estranei ai dettami sociali e, di conseguenza, ai problemi relativi alla propria immagine e forma corporee (compresi disturbi quali il dismorfismo corporeo e i disturbi del comportamento alimentare), tra i bersagli del body shaming vi sono sempre più uomini. Non aspettiamoci, però, che siano bendisposti a parlarne, soprattutto in quei casi in cui il motivo del body shaming riguarda la più comune delle paure maschili a tutte le età, ovvero quella di avere un pene piccolo: gli uomini che parlano di sentimenti ed ammettono le proprie paure ed insicurezze sono, infatti, a loro volta oggetto di stigma sociale. In particolare, in quei contesti in cui è dominante l’immagine di uomo macho.
Ciò costituisce motivo di preoccupazione, dal momento che gli effetti del body shaming sul benessere fisico e la salute mentale di chi ne è vittima (ad esempio, in termini di autostima), possono essere estremamente dannosi. Il senso di vergogna cronico – processato, come il dolore fisico, in quell’area del nostro cervello chiamata Corteccia Cingolata Anteriore (CCA) – può condurre sul lungo periodo a scelte alimentari poco salutari, se non addirittura sfociare in disturbi d’ansia e depressione.
Il sito web “The Good Men Project”[2] nella cui promettente réclame esprime il suo proposito di volersi interrogare “su cosa voglia dire essere un brav’uomo nella società di oggi”, fornisce ai lettori alcuni consigli su come contrastare il body shaming maschile: smettere di riferirsi alle persone utilizzando caratteristiche fisiche, criticarle e prendersi gioco di loro; imparare a star bene con se stessi (intraprendendo, ad esempio, una psicoterapia personale), comunicare assertivamente a chi ci ha presi di mira che non apprezziamo il suo atteggiamento. Soprattutto, riconoscere i giudizi fondati sull’aspetto esteriore che ciascuno di noi emette continuamente, su di sé e sugli altri: così che, quando swippiamo le persone a destra o a sinistra, on-line e nella vita reale (“to swip” è l’azione dello “scorrere” le foto degli iscritti in una diffusissima app di incontri), siamo consapevoli di cosa di loro ci ha conquistati o infastiditi e del perché è meglio astenersi dal pronunciare una critica meschina e non richiesta.
Bibliografia
- Cristofori I, Moretti L, Harquel S, Posada A, Deiana G, Isnard J, Mauguiere F, Sirigu A (2013) Theta signal as the neural signature of social exclusion. Cerebral cortex 23 (10):2437-2447.
- DeWall CN, Bushman BJ (2011) Social Acceptance and Rejection: The Sweet and the Bitter. Current Directions in Psychological Science 20:256-260.
- Eisenberger NI, Lieberman MD (2005) Why It Hurts to Be Left Out: The Neurocognitive Overlap Between Physical and Social Pain. In: K.D. Williams JPF, & W. hon Hippel (Eds) (ed) The social outcast: Ostracism, social exclusion, rejection, and bullying. Psychological Press, New York, NY. ISBN-13: 978-1841694245.
- Eisenberger NI, Lieberman MD, Williams KD (2003) Does rejection hurt? An FMRI study of social exclusion. Science 302 (5643):290-292.
- Johnson, Fiona, and Jane Wardle. “Dietary Restraint, Body Dissatisfaction, and Psychological Distress: A Prospective Analysis.” Journal of Abnormal Psychology 114, no. 1 (2005): 119.
- Pope H. G., Philips K. A. & Olivardia R. (2000), “The Adonis Complex: The secret crisis of male body obsession”, New York: Free Press.
- Ricciardelli R., Clow K. A. & White P. (2010), “Investigating Hegemonic Masculinity: Portrayals of Musculinity in Men’s Lifestyle Magazines”, Sex Roles, 63: 64-7f8.
- Williams KD, Govan CL, Croker V, Tynan D, Cruickshank M, Lam A (2002) Investigations into differences between social- and cyberostracism. Group Dynamics: Theory, Research, and Practice 16 (1):65-77.
[1] Consultabile al link https://nutrimente.org/comunicati-stampa.
[2] Sito fondato nel 2009 da Tom Matlack (goodmenproject.com).