Come le capacità immaginative incidono sul comportamento altruistico

Come le capacità immaginative incidono sul comportamento altruistico

capacità immaginative

Photo by Steven Libralon  on Unsplash

Le persone spesso collaborano, si coordinano e si aiutano a vicenda nei momenti di difficoltà, ovvero attuano dei “comportamenti prosociali”.

Il comportamento prosociale viene generalmente inteso come quel comportamento che mira a suscitare, mantenere e migliorare il benessere di un’altra persona (Mussen e Eisenberg-Berg, 1977).

La ricerca nel campo delle neuroscienze sociali, si è per lungo tempo concentrata sullo studio dei processi che si attivano in risposta alla percezione dello stato mentale altrui, e le emozioni che contribuiscono alla prosocialità.

In particolare è stato approfondito nel tempo lo studio delle reti neurali associate a vari processi socio-cognitivi, legati alla capacità empatica: la Teoria della Mente, mentalizzazione,, la condivisione degli affetti, rappresentazione dell’altro e l’empatia positiva, e l’influenza di questi processi sull’azione prosociale. La convinzione che l’empatia possa essere considerata un facilitatore del comportamento prosociale si basa sull’assunto che l’attivazione emotiva, generata dalla condivisione affettiva di ciò che prova un’altra persona, spinge l’osservatore ad attuare comportamenti sociali positivi quali il prestare aiuto, dare conforto, condividere i beni materiali. Tuttavia, tale convinzione, nonostante in passato abbia ricevuto un consenso unanime, viene oggi accettata in modo più critico (Eisenberg, 1986; Batson, 1991). La rassegna di Underwood e Moore (1982), ha messo per la prima volta in crisi l’idea che empatia e prosocialità siano inestricabilmente e meccanicisticamente legate. Gli autori, esaminando la relazione tra l’altruismo e le tre categorie di perspective taking (percettiva, cognitiva e affettiva) rilevano che tale relazione è consistente e statisticamente significativa solo nel caso delle prime due, mentre non esiste alcun legame fra l’altruismo e il perspective taking di tipo affettivo, ovvero empatia propriamente detta. Gli autori giungono così alla conclusione che il rapporto tra la capacità empatica e il comportamento prosociale, non è diretto o necessario e che bisogna tenere in considerazione alcuni altri fattori, come le differenze individuali o gli stili cognitivi, che possono essere ritenuti responsabili dell’andamento di tale associazione.

I lavori che hanno indagato i differenti stili cognitivi implicati nella messa in atto di comportamenti di aiuto, si sono focalizzati sui processi episodici, ovvero la capacità di rappresentare un evento specifico nel tempo e nel luogo. La rappresentazione episodica attiva consapevolmente una sequenza dispiegata di dettagli (ad esempio persone, oggetti) in un luogo specifico come evento o scena. Mentre la memoria episodica è retrospettiva, la simulazione episodica è meno ancorata verso una direzione temporale, compresa l’immaginazione di possibili eventi futuri, eventi fittizi ed eventi controfattuali. Alcuni studi molto recenti mettono in luce come in particolare la capacità di simulare scene in immaginazione e ricordate eventi del passato, possa aiutare a motivare le persone a mettere in atto dei comportamenti più altruistici.

Lo studio

Uno studio condotto dai ricercatori del Boston College e dell’Università di Albany SUNY, e pubblicato sulla rivista Social Cognitive and Affective Neuroscience. (Young et al., 2019), si è occupato di identificare, attraverso strumenti di neuroimaging, i percorsi neurali alla base della relazione tra immaginazione e comportamento prosociale.

Il team ha esplorato due regioni cerebrali: la giunzione temporoparietale destra (RTPJ), una regione cerebrale chiave, coinvolta nella capacità di rappresentare la mente altrui, nota anche come capacità di “perspective taking”; e il sottosistema del lobo temporale mediale (MTL), un insieme di regioni cerebrali coinvolte nella la simulazione di scene immaginate.

Durante il primo esperimento, che ha permesso al team di esaminare entrambe le regioni cerebrali, i ricercatori hanno raccolto immagini funzionali del cervello, mentre le persone immaginavano ipotetici scenari o ricordavano scene di aiuto verso il prossimo. Nel secondo esperimento il team ha utilizzato la stimolazione magnetica transcranica (TMS) per interrompere l’attività nella giunzione temporoparietale destra (RTPJ), mentre i soggetti erano intenti ad immaginare scene di aiuto in cui erano direttamente coinvolti.

Lo studio di neuroimaging ha rilevato come l’attività del RTPJ (giunzione temporarietale destra, coinvolta nei processi di perspective taking) predicesse la volontà di prestare aiuto. Tuttavia, durante il secondo esperimento, quando l’attività del RTPJ veniva inibita dalla stimolazione magnetica transcranica, l’effetto altruistico nella volontà di prestare aiuto rimaneva significativo.

Questi risultati suggeriscono che l’attuazione del comportamento di aiuto non viene predetta solamente dalla capacità di assumere la prospettiva dell’altro (perspective taking). Coerentemente con questi risultati, il team di ricerca ha scoperto che, quando i partecipanti riferivano di essere riusciti, con maggiore facilità ad immaginare o ricordare episodi di aiuto, questi tendevano anche a dichiarare di essere più disposti a prestare aiuto verso un’altra persona in difficoltà. Sembra dunque che l’attività del sottosistema MTL (lobo temporale mediale, coinvolto nella simulazione di scene in immaginazione) possa supportare in maniera preferenziale, l’effetto prosociale.

Conclusioni

In conclusione, sembra che immaginare uno scenario che riguarda l’attuazione di un comportamento prosociale, possa aiutare a spingere le persone verso la prospettiva dell’altro nella situazione problematica, il che a sua volta li mette nella condizione di attuare un comportamento prosociale con maggiore probabilità. In sintesi, la nostra volontà di aiutare il prossimo sembrerebbe guidata in parte, da quanto facilmente riusciamo a costruire episodi d’aiuto in immaginazione e attraverso il ricordo.

 

Riferimenti:

  • Batson C.D. (1991), The altruism question: Toward a social-psychological answer,Lawrence Erlbaum Associates, Hillsdale,NJ.
  • Eisenberg N. (1986). Altruistic emotion, cognition and behavior, Lawrence Erlbaum Associates, Hillsdale.
  • Gaesser, B., Hirschfeld-Kroen, J., Wasserman, E., Horn, M., and Young, L.(2019) A role for the medial temporal lobe subsystem in guiding prosociality: The effect of episodic processes on willingness to help others. Social Cognitive and Affective Neuroscience, 14, 397-410.
  • Mussen P.,Eisenberg-Berg N. (1977), Caring, sharing and the roots of prosocial behavior in children, Freeman, San Francisco
  • Underwood B., Moore B. (1982) “Perspective taking and altruism” Psychological Bullettin, 91,143-173.

 

Autore/i dell’articolo

Dott.ssa Morena Salvati
Psicologa, psicoterapeuta in formazione. Si occupa da diversi anni di disturbi dell’età evolutiva, e possiede esperienza in particolare nella diagnosi e nel trattamento dei Disturbi dello Spettro autistico e dei disturbi del comportamento. Attualmente esercita la libera professione in collaborazione con l’Istituto Beck for Kids di Roma.

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