Cecità temporale e ADHD: la prigione del momento presente
Photo by Brett Sayles on Pexels
Il titolo di questo articolo vuole essere intenzionalmente una provocazione. Ogni giorno come psicoterapeuti ci spendiamo per insegnare l’importanza di stare nel momento presente, corpo e mente nel qui e ora, svincolati dai pericolosi vortici di pensiero che gettano le persone nei meandri del passato o nelle insidie del futuro. Ma questa regola non vale proprio per tutti. C’è chi, al contrario, è talmente radicato nel momento presente da non comprendere la dimensione del tempo, da non immaginare il futuro prossimo o il ritardo nel ricevere la ricompensa. Questa caratteristica prende il nome di iperfocus temporale.
Le persone con diagnosi di ADHD infatti sono caratterizzati da quello che viene definita dal dottor Russell Barkley cecità temporale. I bambini con ADHD infatti non sono consapevoli dello scorrere del tempo e non è una questione legata al sapere leggere o meno cosa dicono le lancette dell’orologio. Di conseguenza, spesso hanno difficoltà a utilizzare il tempo in modo efficace e vivono forti momenti di frustrazione quando gli viene comunicato che il tempo a disposizione per giocare o della pausa durante i compiti è finito. Questo avviene perché vi è una oggettiva difficoltà a riconoscere che esista un “dopo” in cui poter riprendere la propria attività ludica.
Frasi come “prima il dovere e poi il piacere” non cambieranno di certo la situazione, anzi! E’ come se fossero imprigionati nell’istante senza avere la capacità di riflettere sul fatto che la giornata è suddivisa in blocchi di tempo, un susseguirsi tra momenti di dovere e momenti di piacere. Lo STOP viene quindi vissuto come una sentenza di fine perenne impossibile da accettare.
Questa difficoltà di comprensione del tempo giustificherebbe quindi le difficoltà nell’organizzazione delle attività, la riluttanza nel compiere azioni che richiedono uno sforzo mentale (studiare per un po’ di tempo geografia per esempio, viene vissuto come studiare tutto il libro per un tempo indefinito).
Con il procedere dell’età inoltre questa difficoltà nella gestione del tempo potrebbe portare anche delle conseguenze spiacevoli in ambito relazionale: il tempo viene associato infatti o a dimensioni come il rispetto e l’affetto per cui la persona potrebbe essere accusata di non tenere abbastanza alla relazione o di essere egoista.
La difficoltà nel comprendere e gestire il tempo porta quindi una discrepanza tra intenzioni e azioni che produce una sofferenza all’interno dell’individuo che spesso può non sentirsi compreso o viene etichettato in modi spiacevoli, reiterati nel tempo e quindi difficilmente estirpabili arrivando a sperimentare un’angosciosa dissonanza tra chi sono veramente e il dipinto che viene ritratto in base ai loro comportamenti.
Per meglio comprendere il fenomeno è possibile associarlo al daltonismo. Le persone daltoniche infatti sanno che esistono delle differenze di tonalità anche se non le riescono a riconoscere. La persona con ADHD, grande o piccina che sia, sa che deve guardare l’orologio, sa che esiste il tempo ma questa consapevolezza non è comunque di aiuto nella gestione del suo scorrere.
E’ importante quindi non sottovalutare l’impatto emotivo che questa cecità temporale scaturisce nella persona e in chi vi ruota intorno. I comportamenti che conseguono a questa problematica non riflettono i valori, le intenzioni o i sentimenti di queste persone, ed è bene ricordarlo. Non bisogna fare l’errore di identificarli con ciò che fanno. Etichettarli come egoisti, superficiali, rabbiosi può avere un impatto anche deleterio sul loro umore e il loro senso di sé.
Un aiuto concreto potrebbe essere quello dell’orizzonte temporale: ovvero apprendere a guardare al futuro, cominciando da quello vicino, per pianificare in anticipo. Se abbiamo a che fare con i bambini, l’orizzonte temporale su cui lavorare sarà di un’ora, non di più. L’utilizzo di materiale visivo che simboleggia l’ora, la mezz’ora e il quarto d’ora potranno diventare quindi strumenti preziosi per far capire alcuni “no”, alcuni “dopo”, alcuni “si, ma per poco”.