Co-housing forzato: cosa ci lasciamo dietro della convivenza difficile ai tempi della quarantena

Co-housing forzato: cosa ci lasciamo dietro della convivenza difficile ai tempi della quarantena

Co-housing forzato

Photo by Kelly Sikkema on Unsplash

Che le misure di confinamento e quarantena stiano avendo conseguenze negative considerevoli sulla salute mentale e il benessere psicologico degli individui coinvolti, ormai è sotto gli occhi di tutti; e, non solo, lo stiamo sperimentando sulla nostra pelle. La stessa OMS ha riconosciuto che elementi come l’isolamento, la paura, l’incertezza e le turbolenze economiche stanno già causando, in numerosi Paesi, un aumento dei sintomi della depressione e dell’ansia. Numerosi sono i soggetti pubblici e privati, nazionali e internazionali, tuttora impegnati ad indagare rischi e conseguenze psico-sociali dell’attuale pandemia Covid-19 e dei relativi interventi di lock-down. Soprattutto con lo spettro di una nuova ondata di casi in autunno. Da una recente rassegna sull’impatto psicologico della quarantena, che ha preso in esame studi condotti in paesi precedentemente colpiti da epidemie come quella di Sars o dal virus Ebola, è emerso che questi effetti psicologici negativi includono: sintomi da Disturbo da stress post-traumatico[1], confusione e rabbia. Non soltanto i singoli individui: a pagare il prezzo della quarantena e a cambiare sono state anche le forme sociali del nostro abitare. Il confinamento obbligatorio a casa della popolazione ad esempio, come fa notare la scrittrice, giornalista e autrice televisiva Laurie Penny, ha dato vita a nuove tipologie di famiglie (studenti universitari fuori sede, caregiver e anziani ecc.) e… a vecchi problemi!

Confini

La prigionia in casa propria, soprattutto per coloro che la condividono con altre persone, potrebbe aver significato un assottigliamento dei confini fisici e psicologici: questo si concretizza, ad esempio, nell’impossibilità di avere un po’ di privacy, o nella difficoltà a conciliare attività lavorativa e faccende domestiche. Salvador Minuchin (1974) definisce i confini l’espressione delle regole che definiscono il ruolo di ognuno all’interno di un sistema. Egli li distinse in: chiari, quando tra i sottosistemi (coniugale, genitoriale, dei figli ecc.) passano informazioni adeguate, per quantità e pertinenza; diffusi, laddove la quantità di informazioni scambiata è eccessiva; rigidi, in caso di quantità insufficiente di informazioni che, invece, competerebbero ai vari sottosistemi. Prendiamo, ad esempio, una famiglia particolarmente “invischiata” e isolata dal contesto: il coinvolgimento tra i vari componenti della famiglia è eccessivo e i confini deboli; tutti sono soliti intromettersi nelle decisioni altrui; regnano un’elevata preoccupazione e l’iperprotettività e le emozioni esperite da uno si ripercuotono con forza su tutti i membri del sistema. Sarebbe interessante approfondire se le misure di confinamento e le limitazioni alle possibilità di muoversi abbiano avuto l’effetto di esacerbare caratteristiche e dinamiche specifiche preesistenti. E con quali conseguenze, in particolare per i membri più dipendenti, come i giovani. Secondo uno studio ispano-italiano risalente all’aprile di quest’anno, gli effetti negativi immediati della quarantena da Covid-19 sullo stato emotivo di bambini e adolescenti (sotto forma di difficoltà di concentrazione, noia, irritabilità, irrequietezza e così via) aumentavano laddove la convivenza familiare era conflittuale, la situazione più seria e i livelli di stress maggiori.

Controllo e conflitto

Nei casi più estremi, la convivenza forzata ha comportato un inasprimento dei livelli di conflittualità e del controllo di uno o più membri del nucleo familiare, o domestico, su un altro. La quarantena non volgeva ancora al termine, che nel nostro paese più di dieci vite di donne erano già state stroncate per mano del proprio partner o di altri familiari. Carli e Paniccia (2003) hanno concettualizzato il controllo come una modalità di costruzione e organizzazione della relazione con l’altro, mirata a possedere qualcuno di cui non si è mai sicuri. Secondo questi autori, l’assunto alla base è che l’altra persona sia un nostro nemico, salvo riuscire a provare il contrario. E, per farlo, dobbiamo controllare ciò che fa e fargli fare ciò che vogliamo noi. Il controllore, tuttavia, come un partner o una compagna gelosi e possessivi, è totalmente centrato su di sé e le proprie fantasie e usa in modo tendenzioso e distorto le informazioni che riesce a ottenere. Per lui, l’atto del controllare in sé è più importante di sapere: così, ogni conoscenza ottenuta non sarà mai sufficiente a fugare i sospetti, le paure e le fantasie che l’hanno motivato. A mettere in discussione le proprie convinzioni irrazionali, usando il linguaggio a noi noto dell’approccio cognitivo-comportamentale. Il controllo, inoltre, deriverebbe dalla frustrazione della pretesa di essere la sola fonte di emozioni e d’interesse per l’altro. La Federazione Svizzera delle Psicologhe e degli Psicologi ha messo a disposizione sul proprio sito (www.psychologie.ch/it) delle semplici e preziose strategie: per evitare gli inevitabili conflitti, provocati dalla convivenza forzata in spazi ristretti e dal fatto di trascorrere molto più tempo insieme; e per tutelarsi da possibili manifestazioni aggressive e violente. Ad esempio, facendo una telefonata a un amico per sfogarsi o chiedendo aiuto a una linea d’emergenza (in Italia, il numero antiviolenza e stalking è 1522).

Riferimenti bibliografici:

  • Brooks S.K., Webster R.K., Smith L.E. et al. (2020) The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence. The Lancet 395: 912–920.
  • Carli R., Paniccia R.M. (2003), Analisi della domanda. Teoria e tecnica dell’intervento in psicologia clinica, il Mulino, Bologna.
  • Minuchin S. (1974), Families and Family Therapy, Harvard University Press: Cambridge (trad. it., Famiglie e Terapia della famiglia, Astrolabio Ubaldini, Roma, 1982).
  • Orgilés, M., Morales, A., Delvecchio, E., Mazzeschi, C., & Espada, J. P. (2020, April 21). Immediate psychological effects of the COVID-19 quarantine in youth from Italy and Spain.
  • Wang, C., Pan, R., Wan, X., Tan, Y., Xu, L., Ho, C. S., & Ho, R. C. (2020). Immediate psychological responses and associated factors during the initial stage of the 2019 coronavirus disease (COVID-19) epidemic among the general population in china. International Journal of Environmental Research and Public Health, 17(5), 1729.

[1] Per un approfondimento, al link: https://www.istitutobeck.com/disturbo-post-traumatico-da-stress.

Autore/i dell’articolo

Dott.ssa Roberta Borzì
Psicologa, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale. Vanta esperienza clinica in ambito adulto, e si occupa prevalentemente di tutti i disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, problematiche sessuali, disturbi di personalità con la Schema Therapy, in cui è formata attraverso training specifici e supervisione con esperti del settore. Ha anche conseguito entrambi i livelli della formazione in EMDR. Socio AIAMC (Associazione Italiana di analisi e modificazione del comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva.) e membro ISST (International Society of Schema Therapy).

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