Ecco come l’esercizio fisico tiene giovane il cervello

Ecco come l’esercizio fisico tiene giovane il cervello

Come l’esercizio fisico tiene giovane il cervello

Esiste una circolarità tra movimento fisico e salute mentale che non era stata finora esplorata ma che grazie a una recentissima ricerca (Adami et al., 2018) abbiamo potuto osservare sperimentalmente. La riduzione dei movimenti come anche l’effetto che la gravità terrestre ha sui nostri muscoli ha conseguenze considerevoli sugli organi del nostro corpo, incluso il cervello. Ma cominciamo dall’inizio.

Sappiamo già che l’attività fisica regolare è tra i fattori che promuovono la salute e il benessere, grazie ai numerosi benefici a livello sia fisico che psicologico: fare almeno mezz’ora di movimento al giorno per 4/5 volte la settimana, aiuta a percepire meno stress e aumenta le endorfine, neurotrasmettitori che donano una piacevole sensazione di benessere; inoltre l’attività fisica rinforza ossa, articolazioni e muscoli, aiuta a mantenere un peso ottimale e diminuisce il rischio di malattie croniche come infarto e diabete. È stato anche osservato che l’esercizio fisico può superare l’esaurimento della neurogenesi dell’ippocampo dovuta all’invecchiamento e, nei topi, aumentare i livelli di cellule progenitrici (staminali già parzialmente differenziate) e ripristinare la neurogenesi alterata artificialmente.

Sclerosi multipla, atrofia dei muscoli spinali, traumi alla colonna vertebrale sono condizioni fisiche che causano o sono associate a disabilità nel movimento. La ridotta attività muscolare si osserva anche in chi è costretto a stare a letto per lunghi periodi e negli astronauti che affrontano missioni prolungate nello spazio. Al momento abbiamo pochi dati scientifici che potrebbero indicarci l’influenza della ridotta attività muscolare sul cervello e la neurogenesi. È fondamentale sapere quali sono i fattori determinanti la neurogenesi, soprattutto nelle persone con limitate capacità motorie, per tentare di sviluppare strategie a beneficio delle categorie sopra menzionate.

La ricerca di Adami e colleghi ha sfruttato un particolare protocollo che ha riprodotto l’assenza di gravità sulle zampe posteriori di alcuni topi in laboratorio. Dopo un’osservazione di 28 giorni, è stata effettuata la risonanza magnetica nella zona subventricolare del cervello, ovvero l’area che, negli adulti, ospita la neurogenesi. Rispetto al gruppo di topi che poteva muoversi liberamente, nei topi con restrizione motoria i risultati mostrano il 70% in meno di cellule staminali neuronali e crescita incompleta degli oligodendrociti, che fungono da guaina di protezione dei tessuti nervosi. La spiegazione dei ricercatori è che i movimenti articolari inviano dei segnali al cervello che sono necessari per la corretta neurogenesi e salute dei neuroni.

È noto che la mancanza di attività fisica regolare è un fattore di rischio di sviluppo della malattia di Alzheimer ed è noto anche il contrario, ovvero che il movimento regolare è un fattore di protezione. Questa ricerca offre, quindi, un importantissimo contributo alla comprensione di come la mancanza di movimento agli arti di alcune condizioni fisiche congenite o risultato di traumi e lesioni possa influenzare il metabolismo del cervello, la creazione di cellule staminali neuronali e contribuire alle manifestazioni negative di queste condizioni.

Riferimenti:

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