Il comportamento del cervello durante la ristrutturazione cognitiva
Photo by SHVETS production on Pexels
La terapia cognitivo comportamentale promuove la presa di coscienza e la modifica degli schemi cognitivi disfunzionali che si sono strutturati in una persona nel corso della vita, in base al temperamento biologico e le esperienze. Le credenze negative elaborate su se stessi, condizionano il comportamento individuale, contribuendo al malessere psichico in una maniera che talvolta sfugge alla consapevolezza. Uno degli obiettivi più importanti della terapia cognitivo comportamentale è la ristrutturazione delle credenze disfunzionali, attraverso tecniche che facilitano l’assunzione di un distacco critico dai propri modelli di pensiero e la costruzione di nuove immagini di se stessi. Alcuni ricercatori hanno analizzato i meccanismi neurobiologici alla base di questo importante processo di cambiamento.
Cosa fa il cervello durante la ristrutturazione cognitiva?
Diversi studi che hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI), hanno evidenziato come il Default Mode Network (DMN) – un circuito di aree cerebrali, composto principalmente da: corteccia cingolata posteriore (PCC); corteccia prefrontale mediale (mPFC); lobulo parietale inferiore (IPL) –sia coinvolto in processi cognitivi come l’autovalutazione negativa, il pensiero autoreferenziale, il monitoraggio dell’ambiente circostante, del corpo e dello stato emotivo.
Lo studioso statunitense Matthew L. Dixon e colleghi, hanno condotto una ricerca su pazienti affetti da disturbo da ansia sociale ed hanno potuto così osservare una marcata attivazione del DMN quando i soggetti reinterpretavano le convinzioni negative sul sé, anziché praticarne l’accettazione. L’apprendimento di nuove rappresentazioni di se stessi, principale scopo della terapia cognitivo comportamentale, sembra dipendere dall’attività coordinata delle reti corticali sopracitate e del talamo dorsomediale (MD). In uno studio Trevor Steward e colleghi, hanno preso in analisi un campione di 42 soggetti da sottoporre ad una risonanza magnetica funzionale 7-Tesla ad altissima risoluzione (UHF-7-T-fMRI), durante una seduta mirata alla ristrutturazione cognitiva. Da quanto emerso dalla ricerca, la messa in discussione delle credenze disfunzionali ha favorito l’entrata in gioco del circuito fronto-striato-talamico, in particolar modo l’area subcorticale del MD, e della mPFC. Secondo i ricercatori sarebbe proprio il MD ad attivare alcune zone della corteccia e trasmettere poi le informazioni alle regioni subcorticali. Sembrerebbe inoltre che coloro ai quali durante le sessioni di ristrutturazione cognitiva si attiverebbe in maniera significativa il percorso neurale mPFC-MD, avrebbero maggiori difficoltà a modificare le credenze negative su se stessi e tenderebbero più ad utilizzare uno stile di pensiero ricorsivo, con dialogo interiore dal contenuto auto-svalutante.
Conclusioni
Gli studi condotti evidenziano come durante le sedute di ristrutturazione cognitiva si attivino varie aree corticali, sincronizzate dal talamo dorsomediale che promuove la costruzione di nuove credenze su di sé che sostituiscono quelle negative. Dunque da quanto emerso potrebbe essere utile ricorrere alla stimolazione di particolari aree del MD grazie a tecniche di neuromodulazione con la finalità di trattare vari disturbi psicologici.