Il contratto psicologico e la sua rottura

Il contratto psicologico e la sua rottura

Contratto psicologico

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L’ingresso in un contesto lavorativo prevede la firma di un contratto scritto, il cosiddetto “contratto giuridico”, che segue le disposizioni del contratto nazionale del lavoro. Il contratto giuridico definisce i diritti e i doveri delle Parti e stabilisce una serie di norme a cui il datore di lavoro da una parte e il lavoratore dall’altra dovranno attenersi. Oltre al contratto giuridico, non riuscendo quest’ultimo a racchiudere in sé tutti gli elementi di una qualsiasi relazione lavorativa, viene firmato anche un contratto mentale, quindi non scritto, denominato “contratto psicologico”. I

l contratto psicologico può essere definito come il complesso di credenze e aspettative che nascono nella mente dei soggetti circa gli obblighi reciproci costituenti la relazione tra il lavoratore e il datore di lavoro. Tali aspettative possono derivare da:

  • promesse esplicite o implicite;
  • interpretazioni personali in virtù di precedenti esperienze lavorative;
  • apprendimento per osservazione e imitazione.

Data l’origine di tali aspettative, si intuisce che il contratto psicologico, differentemente da quello giuridico, è di natura soggettiva in quanto consiste in una percezione individuale. Pertanto, mentre la modifica del contratto giuridico prevede il consenso di entrambi, quella del contratto psicologico, insieme alla valutazione di riuscita dello stesso, può avvenire arbitrariamente e segretamente da ognuna delle due parti. Le funzioni a cui adempie il contratto psicologico sono:

  1. Ridurre l’incertezza. Il contratto psicologico interviene riempiendo quel “vuoto normativo” attraverso la regolazione di tutti quegli aspetti della relazione lavorativa non disciplinati dal contratto giuridico.
  2. Fornire un modello di comportamento. I dipendenti, tenendo conto di principi di equità percepita, che sussiste quando le persone coinvolte in una relazione credono che vi sia un giusto equilibrio tra ciò che danno e ciò che ricevono, esercitano autocontrollo sui propri comportamenti e compiono le proprie scelte.
  3. Offrire al lavoratore il senso della propria influenza su ciò che accade dentro l’organizzazione. Avere la consapevolezza di poter decidere di rispettare o no tale accordo, crea nei lavoratori la percezione di poter esercitare una qualche influenza sul loro rapporto con l’organizzazione.

Il contratto psicologico si sviluppa all’interno dell’interazione formale e informale tra l’individuo e l’organizzazione, dove avvengono le comunicazioni che, dopo essere state sottoposte a un processo interpretativo, assumono il significato di promesse. Il modo in cui viene condotta la contrattazione in tutte le sue fasi, dal reclutamento, passando per la selezione e arrivando infine alla socializzazione lavorativa, determinerà la natura delle aspettative che i dipendenti svilupperanno nei confronti dell’organizzazione. Dal punto di vista del contratto psicologico, definiamo “contract maker” qualsiasi membro dell’organizzazione che, durante le interazioni con i nuovi arrivati, si faccia portatore di promesse e impegni organizzativi. Tale funzione può essere svolta da manager, mentori, colleghi e reclutatori. Tra i fattori che maggiormente incidono sulla formazione del contratto ritroviamo:

  • le esperienze di socializzazione prelavorativa del soggetto e i suoi trascorsi professionali;
  • l’eticità e la correttezza con cui il reclutatore svolge la fase di recruiting,
  • la capacità del nuovo arrivato di allineare le aspettative, sviluppate fino al momento della socializzazione lavorativa, con la realtà organizzativa. In questa fase i nuovi arrivati hanno modo di interpretare il nuovo ambiente di lavoro e di farsene un’idea più precisa. La conduzione di un adeguato processo interpretativo dovrebbe aiutare a ridurre eventuali sentimenti di aspettative insoddisfatte o promesse non mantenute.

Negli ultimi decenni il mondo del lavoro è andato incontro a una trasformazione radicale per via di tutta una serie di fenomeni, come l’avanzamento delle nuove tecnologie e il fenomeno della globalizzazione, che hanno messo le organizzazioni maggiormente sotto pressione. Questo, di conseguenza, le ha costrette a reagire attraverso una modifica dei rapporti di lavoro con i propri dipendenti. Oggigiorno non può più essere garantita la permanenza definitiva in azienda.

Alla luce di tutto questo, è facilmente comprensibile quanto sia frequente assistere a episodi di rottura del contratto psicologico in ambito lavorativo, derivante dalla percezione di discrepanza tra le credenze individuali e ciò che accade nella realtà professionale, che porta il lavoratore a dedurre che l’azienda è venuta meno all’adempimento degli obblighi. Con il termine rottura intendiamo l’aspetto cognitivo, ossia la constatazione da parte del lavoratore che l’organizzazione non ha soddisfatto degli obblighi, cui nella percezione del lavoratore era tenuta. Mentre per violazione intendiamo l’aspetto emotivo e affettivo, consistente in un’esperienza di frustrazione e rabbia vissuta dal lavoratore in conseguenza del mancato rispetto da parte dell’organizzazione di una o più promesse fatte. Le cause più frequenti alla base della rottura sono: inadeguata gestione delle risorse umane, scarso supporto organizzativo e altri fattori causali che non sono ricollegabili all’organizzazione bensì all’ambiente esterno. La percezione della violazione del contratto culmina in risposte attitudinali e comportamentali come insoddisfazione lavorativa e scarso committment. Conseguentemente, al sentimento dell’insoddisfazione lavorativa, possono seguire i comportamenti di ritiro, come assenteismo e turnover, e comportamenti controproduttivi, ossia azioni intenzionali volte a danneggiare l’azienda.

Riferimenti:

  • Argentero P., Cortese C.G. (2016). Psicologia del lavoro. Raffaello Cortina Editore.
  • Atkinson, T.P., Matthews, R.A., Henderson, A.A., Spitzmueller, C. Reactions to psychological contract breaches and organizational citizenship behaviours: An experimental manipulation of severity. Stress and Health. 2018; 34: 391– 402. https://doi.org/10.1002/smi.2798
  • Buonocore F., Cozza V., Ferrara M., Russo M., (2010). L’incertezza nelle relazioni di lavoro. Una prospettiva di analisi di comportamento organizzativo. Sviluppo e organizzazione.

Autore/i dell’articolo

Dott.ssa Roberta Borzì
Psicologa, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale. Vanta esperienza clinica in ambito adulto, e si occupa prevalentemente di tutti i disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, problematiche sessuali, disturbi di personalità con la Schema Therapy, in cui è formata attraverso training specifici e supervisione con esperti del settore. Ha anche conseguito entrambi i livelli della formazione in EMDR. Socio AIAMC (Associazione Italiana di analisi e modificazione del comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva.) e membro ISST (International Society of Schema Therapy).

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