Cosa Salverà gli Uomini dal Suicidio? – Parte IV
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Fattori Sociali che contribuiscono al Suicidio Maschile
Sempre la British Psychological Society sostiene come ulteriori fattori sociali, legislativi e culturali contribuiscano alla più alta suicidalità negli uomini: “gli operatori psicologici, in fase di valutazione e di formulazione, devono essere consapevoli dei potenziali e archetipici problemi specifici per il genere alla base di queste differenze, che possono includere:
- (a) la rottura di una relazione
- (b) la disgregazione della famiglia e la perdita dell’accesso ai figli
- (c) la perdita del lavoro o della capacità finanziaria di provvedere alla famiglia
- (d) la vergogna per i fallimenti e la perdita della capacità di controllare gli eventi o di provvedere ai propri cari.
Nel valutare il rischio di suicidio negli uomini, è importante che gli operatori psicologici guardino al di là dei discorsi e delle espressioni verbali del cliente maschio, dove la vergogna potrebbe impedire una piena rivelazione della portata della disperazione” (British Psychological Society, 2022).
Chandler (2021) aggiunge che “parlare dei problemi o delle emozioni non cambia le condizioni strutturali, economiche o politiche che possono determinare il disagio degli uomini. La maggior parte dei partecipanti a questo studio era senza lavoro e riceveva sussidi. La mancanza di lavoro, o l’incapacità di lavorare, e la vergogna di chi richiede sussidi nella Gran Bretagna dell’austerity del XXI secolo producono e determinano angoscia (Mills, 2018; Scambler, 2018; Tyler & Slater, 2018). Parlare e avere un po’ di sostegno sociale può aiutare i singoli a sentirsi meglio, ma, come hanno notato consapevolmente diversi partecipanti, non cambia in modo significativo la loro situazione abitativa, le preoccupazioni economiche o lo stato occupazionale; e non genera posti di lavoro di valore adatti a uomini che hanno svolto lavori manuali per tutta la vita ma che ora sono fisicamente disabili. Come sostengono Tyler e Slater (2018), le campagne che si concentrano sul “parlare” o sull'”affrontare lo stigma” in risposta alla salute mentale sono profondamente legate agli interessi del capitalismo neoliberista, nel distogliere l’attenzione dalle condizioni sociali ed economiche che producono e mantengono il disagio”.
Alcuni di questi fattori sono: la discriminazione maschile nell’ambito della salute fisica (e psicologica, che abbiamo visto finora); la mancanza di servizi di aiuto; aspettative sociali sul mantenere economicamente la famiglia e/o la partner, dovute alla mancanza di parità nel numero di casalinghi uomini rispetto al numero di casalinghe donne; fattori economici e maggioranza maschile tra i senzatetto; discriminazione nel collocamento dei figli e nell’assegnazione della casa coniugale successivamente alla separazione e al divorzio; mancanza di assistenza verso le vittime maschili di violenza domestica e sessuale ed assenza di servizi, rifugi, campagne e centri antiviolenza per uomini; maggiori pressioni sociali ad ottenere buone performance scolastiche; abbandoni scolastici; discriminazioni nelle materie a maggioranza femminile come l’HEED (Healthcare, Early Education & Domestic roles); discriminazione sul lavoro come nelle assunzioni per professioni tradizionalmente femminili (faremo in questa sede, come esempio tra tanti, quello degli infermieri maschi).
Analizziamoli quindi uno per uno.
Salute
Secondo Nuzzo (2020b), “[l]’aspettativa di vita dei maschi è inferiore a quella delle femmine in tutti i Paesi del mondo (Wang et al., 2012). Questa differenza di sesso è dovuta a numerosi fattori. […] I maschi hanno […] più probabilità delle femmine di […] morire per la maggior parte dei tipi di cancro (Nuzzo, 2020). I maschi sono anche più propensi delle femmine a fare uso di alcol, tabacco e droghe illecite (Nuzzo, 2020). Infine, i maschi hanno anche più probabilità delle femmine di essere senzatetto […] (Nuzzo, 2020). Negli Stati Uniti sembra esistere un “paradosso sanitario nazionale” per quanto riguarda i problemi di salute degli uomini (Nuzzo, 2020). Per quanto riguarda diversi importanti risultati di salute fisica e mentale, i maschi hanno risultati peggiori delle femmine; eppure, esistono uffici nazionali, come l’Office for Research on Women’s Health, per la scoperta e la diffusione di conoscenze sulla salute delle donne, ma non su quella degli uomini (Nuzzo, 2020). La nozione di “paradosso sanitario nazionale” è stata supportata anche da un’analisi degli articoli di ricerca biomedica indicizzati nel database PubMed. L’analisi ha rivelato che il termine “salute delle donne” compare nei titoli o negli abstract di 14.501 articoli, mentre il termine “salute degli uomini” compare nei titoli o negli abstract di 1.555 articoli (Nuzzo, 2020). PubMed indicizza inoltre un numero maggiore di riviste sulla salute delle donne rispetto a quella degli uomini (Nuzzo, 2020). Quindi, a differenza della salute delle donne, la salute degli uomini non viene concettualizzata come un campo distinto della medicina o della ricerca e potrebbe non ricevere un’attenzione adeguata rispetto ai dati epidemiologici (Nuzzo, 2020).
Una simile mancanza di riconoscimento delle problematiche maschili potrebbe verificarsi anche a livello internazionale, nell’ambito delle Nazioni Unite (ONU) e del ramo sanitario dell’ONU – l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Seager e Barry (2019) hanno rivelato che le Nazioni Unite celebrano la Giornata Internazionale della Donna ma non la Giornata Internazionale dell’Uomo (Teelucksingh, 2019). Inoltre, Bates et al. (2009) hanno notato che un rapporto dell’OMS del 2008 sull’equità nella salute includeva un capitolo sul genere che non menzionava la salute degli uomini (Commission on Social Determinants of Health, 2008). […] In primo luogo, l’obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite sulla “parità di genere” è esclusivo per le donne. In secondo luogo, le Nazioni Unite osservano nove giornate internazionali per le questioni/realizzazioni delle donne e una giornata per le questioni/realizzazioni degli uomini. In terzo luogo, le Nazioni Unite gestiscono 69 account Twitter dedicati alle questioni femminili, per un totale di 328.251 tweet dal 2008. Le Nazioni Unite non gestiscono nemmeno un account Twitter per le questioni maschili. Quarto, le parole femminili (ad esempio, “donne”) appaiono più frequentemente di quelle maschili (ad esempio, “uomini”) nei documenti archiviati nei database delle Nazioni Unite e dell’OMS, il che indica una maggiore attenzione alle questioni femminili. Quinto, nei rapporti dell’OMS in cui ci si potrebbe aspettare un uso simile di parole maschili e femminili (ad esempio, rapporti su genere e salute), le parole femminili compaiono più frequentemente. In sesto luogo, nel Bollettino dell’Organizzazione Mondiale della Salute compaiono più parole femminili che maschili, e gli articoli sulla salute delle donne sono più spesso ricerche non originali (ad esempio, editoriali). Nel complesso, poiché le Nazioni Unite e l’OMS sono gli agenti causali direttamente responsabili dei risultati valutati, i risultati rivelano un pregiudizio nei confronti delle questioni maschili all’interno di queste organizzazioni.”
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Autore/i dell’articolo
- Dottore in Psicologia
- Redattore Volontario per la ONLUS Il Vaso di Pandora - La Speranza dopo il Trauma
- Content Creator per l'Istituto Beck