Covid-19: l’ADHD come fattore di rischio?

Covid-19: l’ADHD come fattore di rischio?

Covid-19 ADHD

Photo by Tara Winstead on Pexels

Covid-19: l’ADHD è un fattore di rischio per la contrazione del virus?

Introduzione

L’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività) è classificato come un Disturbo del neurosviluppo, che comporta la presenza di significative difficoltà attentive (es. facilità alla distrazione, inefficacia nel seguire le istruzioni, problemi di gestione del tempo e dei materiali) e/o di iperattività, ovvero attività motoria eccessiva che si manifesta in contesti inappropriati, e che comprende anche una loquacità amplificata (APA, 2013). È presente anche una componente impulsiva, che rende difficile controllare il proprio comportamento e può condurre ad azioni non premeditate e in alcuni casi pericolose per la persona. L’ADHD viene di solito considerato una condizione che riguarda esclusivamente l’età evolutiva, ma questo non corrisponde a realtà: si mantiene infatti in adolescenza e età adulta, in alcuni casi presentando un cambiamento del quadro sintomatologico (per esempio, tende a manifestarsi sempre meno l’iperattività, ma permangono le difficoltà di attenzione e concentrazione).

È stato ipotizzato che alcune delle caratteristiche principali dell’ADHD possano costituire un fattore di rischio per la contrazione e la trasmissione virale, riferita nello specifico al virus Covid-19: in particolare, questi aspetti riguardano la difficoltà nel prestare attenzione ai dettagli e nel seguire le istruzioni e la tendenza a commettere errori di distrazione, l’incapacità di concentrarsi su quello che viene detto quando ci si rivolge direttamente alla persona, i problemi di gestione dei materiali e degli oggetti personali. Questi sono esempi di alcuni sintomi dell’ADHD che sembrerebbero aumentare la probabilità di esposizione al virus, insieme alla difficoltà a rimanere fermi/seduti quando necessario, la tendenza a muoversi continuamente e ad assumere rischi. Le norme di sicurezza imposte durante la pandemia, infatti, come il mantenimento della distanza, il lavaggio accurato delle mani e l’utilizzo delle mascherine risulterebbero più difficili da seguire per le persone con ADHD.

Lo studio

Secondo queste deduzioni, Merzon e colleghi (2021) hanno realizzato uno studio, ipotizzando che la percentuale di soggetti con ADHD tra le persone positive al Covid fosse superiore a quella di soggetti senza ADHD, e che l’utilizzo di farmaci impiegati nel trattamento dell’ADHD potesse ridurre il tasso di infezione da Covid-19. Il campione esaminato includeva 14022 soggetti, di età compresa tra 2 mesi e 103 anni, che avessero effettuato almeno un test per Covid-19, e la ricerca è stata condotta tra febbraio e aprile 2020. I soggetti diagnosticati con ADHD secondo i criteri del DSM5 si dividevano in coloro che seguivano un trattamento farmacologico, e quelli che invece non erano trattati. L’idea dei ricercatori era che la probabilità di contrarre il virus fosse influenzata non solo dalla diagnosi di ADHD, ma anche dalle condizioni del trattamento farmacologico.

Risultati e conclusioni

Dallo studio è emerso un rischio maggiore di contrarre il virus tra soggetti con ADHD, indipendentemente da età, genere, status socio-economico e presenza di altre condizioni croniche mentali o fisiche. Il risultato può essere attribuibile agli aspetti di distraibilità, impulsività e iperattività che si riscontrano nell’ADHD; deve essere considerato inoltre che alcune condizioni che condividono alcuni sintomi dell’ADHD, come la schizofrenia rispetto a distraibilità e difficoltà di attenzione, non risultano fattori di rischio per l’esposizione al Covid-19. È stato ipotizzato che ciò sia dovuto alla presenza, nell’ADHD, anche della difficoltà a seguire le istruzioni e le regole, che comporterebbe un ridotto rispetto delle imposizioni di sicurezza. Inoltre, il tasso di contagio era molto più altro tra soggetti ADHD che non seguivano alcun trattamento, sottolineando il ruolo protettivo che potrebbero assumere i farmaci utilizzati nel trattamento dell’ADHD.

 

Riferimenti

  • American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (DSM-5®). American Psychiatric Pub.
  • Merzon E., Manor, I., Rotem, A., Schneider, T., Vinker, S., Cohen, A.G., Lauden, A., Weizman, A., Green, I. (2021). ADHD as a Risk Factor for Infection With Covid-19. Journal of Attention Disorders, 25(13) 1783–1790.
  • https://www.istitutobeck.com/adhd-deficit-attenzione-iperattivita

Autore/i dell’articolo

Dott.ssa Roberta Bacchio - Psicologa, terapista specializzata nell’ambito dell’autismo, specializzanda in terapia cognitivo-comportamentale presso l’Istituto A.T. Beck.
Psicoterapeuta. Si occupa da diversi anni di disturbi dell’età evolutiva, e possiede esperienza in particolare nella diagnosi e nel trattamento dei Disturbi dello Spettro autistico. Attualmente esercita la libera professione in collaborazione con l’Istituto Beck for Kids di Roma.

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