Depressione Perinatale Paterna: perché è importante riconoscerla
Avere un bambino oggi è una scelta ponderata molto più che in passato. Cambiamenti culturali e situazioni economiche attuali hanno fatto sì che l’arrivo di un bebè non sia più un fatto ovvio e, in alcuni casi, fortuito ma richiede una pianificazione. Questa comincia prima del concepimento e accompagnerà i genitori fino al raggiungimento dell’indipendenza da parte del figlio. Ciò significa che l’adattamento da due a tre componenti deve partire fin dall’ideazione della gravidanza, per far posto nella mente quanto nella casa a colei o colui che arriverà, senza dimenticare il supporto reciproco e l’intimità tra i partner.
Questi grandi cambiamenti individuali e relazionali non sono semplici e possono portare a delle difficoltà. Tradizionalmente, per ragioni socio-culturali, i problemi di gravidanza e neogenitorialità sono stati studiati soprattutto dalla parte della donna: i medici che seguono questo periodo della vita tendono a concentrarsi sulla puerpera per controllare che la gestazione stia procedendo come da manuale e spesso dimenticandosi che la gravidanza è un evento di coppia, se non di famiglia. Inoltre vi è da parte dei maschi, per cultura, un atteggiamento meno disponibile a parlare dei loro problemi emotivi e psicologici, preferendo rivolgersi a strategie di contenimento esternalizzanti, come il ricorso ad alcool, fumo, esercizio fisico compulsivo, gioco d’azzardo.
In altri casi, si rilevano espressioni emotive quali irritabilità, aggressività e acting out. È quindi evidente che bisogna porre attenzione ai sintomi di difficoltà del maschio della coppia in quanto diversi da quelli solitamente portati dalle donne: l’intensità dei disturbi nei maschi è meno intensa e meno definita, i pazienti riportano di sentirsi tesi e irrequieti, tristi o anche malinconici e disperati, costantemente preoccupati per la salute del bambino; l’uomo può notare meno desiderio sessuale e appetito, difficoltà del sonno, un calo di interessi, meno relazioni sociali, difficoltà lavorative. Questi e altri sintomi depressivi sono riconosciuti nel 10% dei padri e si osserva un loro acuirsi nei 3-6 mesi successivi alla nascita del bambino.
Questa condizione ha preso il nome di Depressione Perinatale Paterna (DPP) e la sua prevalenza è del 2-31%. Potremmo considerarlo il contraltare maschile della Depressione Perinatale Materna e questo ci ricorda che gli eventi familiari coinvolgono tutti i membri in maniera diversa: l’importante periodo di gestazione, nascita e neogenitorialità influenza i membri della coppia i quali, a loro volta, opereranno un’influenza reciproca e sul successivo sviluppo psicoemotivo del bambino. Per esempio, è stato notato che la manifestazione di sintomi depressivi, ansiosi e comportamentali nel padre (per esempio, in concomitanza con DPP) è un fattore di rischio di reazione depressiva da parte della madre, con una ricaduta negativa anche nell’attaccamento da parte del bambino. Tuttavia anche i sintomi depressivi nella donna possono essere fattore di rischio di DPP, in un rapporto circolare.
È quindi fondamentale dare uguale importanza a entrambi i membri della coppia nel periodo della gestazione e nei primi mesi di vita del bambino, superando l’ormai datato stereotipo che vuole la madre protagonista principale.
Riferimenti: