“Detesto come mi tratta ma non riesco a lasciarlo!”
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La Dipendenza Affettiva
Alla base dell’esistenza umana vi è il bisogno fisiologico di amare ed essere amati che necessita di un suo pieno soddisfacimento attraverso il contatto che ognuno di noi ha con l’altro, al fine di un’unione basata sull’accrescimento comune, sullo scambio equo e libero, sull’onestà e reciprocità. Tali sono i presupposti che fanno pensare alla maturazione di un rapporto equilibrato e autentico ma qualora senza l’Altro, inteso come oggetto d’amore, ci si convince che non si possa sopravvivere, ecco che non si parla più di una relazione amorosa sana e funzionale ma di uno stato mentale pervasivo che ne compromette l’integrità: la dipendenza affettiva, modalità relazionale disfunzionale che assume le caratteristiche della dipendenza e che, per gli individui che ne soffrono, può avere un impatto negativo e pervasivo su diverse aree del funzionamento. Fa parte delle “nuove dipendenze”, i cui protagonisti non sono le sostanze ma le persone stesse che si fanno motori di un ingranaggio macchinoso dal quale, col tempo, risulta sempre più complicato uscirne. Tali sono le relazioni, in particolare, le cosiddette “relazioni tossiche”, fonte di insoddisfazione e frustrazione tra il “non poter vivere con” e il “non poter vivere senza”. L’oggetto d’amore è al contempo anche l’oggetto temuto rispetto al quale ci si sente vincolati, non completamente liberi e disperati all’idea di perderlo. L’amore che ne viene professato è un amore totalizzante, quasi unico, senza il quale si crede di non poter vivere o sopravvivere? Potrebbe essere paragonato a una sostanza d’abuso che crea dipendenza; essere coinvolti in una relazione stimola le aree cerebrali legate alla ricompensa, proprio come le droghe e allo stesso tempo porvi fine può provocare ansia e depressione. La propria identità si fonde a quella dell’Altro, non vi sono confini e quello che si respira è un rapporto completamente invischiato e invischiante per le parti coinvolte: le emozioni del partner hanno più importanza rispetto alle proprie; la stima di sé dipende dall’approvazione dell’altro; riconoscere ed esprimere i propri pensieri ed emozioni è difficile o spaventoso e la maggior parte del proprio tempo viene impiegato e pianificato in funzione dell’altro. La paura di essere abbandonati è talmente intensa che la maggior parte dei comportamenti hanno la funzione di evitare la solitudine e il rifiuto, motivo per cui, nonostante le condizioni di accudimento e intimità non rispettino quelle che normalmente dovrebbero essere le basi di un rapporto alla pari in termini di affettività e amorosità, non si riesce assertivamente ad esprimere la propria posizione ed espressione emozionale al fine di rinfrancarsi da un legame patologicamente simbiotico. Questo tipo di dipendenza trova terreno fertile in persone tendenzialmente improntate ad una personalità di tipo dipendente, per l’appunto, sordo ai propri bisogni, scarsamente autoefficace e impaurito dalla possibilità di poter decidere per se stessi per il rischio di poter incorrere in errori e punizioni. L’assenza di una sana abitudine a connettersi con le proprie esigenze e il proprio sentire permette alla dipendenza affettiva di insidiarsi per mezzo di altre due componenti salienti, tipiche di essa, come la manipolazione e la menzogna o il ricatto emotivo. Ci si lascia trasportare da distorte convinzioni che inducono cosi a smettere di fare ciò che fa sentire bene, a perdere la propria autonomia, a sopportare violenze fisiche e/o psicologiche, verbali, domestiche o addirittura di tipo economico, a sentirsi costantemente e facilmente condizionati e sotto controllo e a limitare le relazioni sociali trascurando soprattutto se stessi. Ed è questo il prezzo che bisogna pagare per amare troppo? O è forse l’altra faccia dell’amore, una trappola? È possibile affrontare la dipendenza affettiva utilizzando sia trattamenti psicoterapeutici individuali che di gruppo, aventi come obiettivo quello di ristrutturare cognitivamente tutti quegli errori di pensiero e convinzioni distorte rispetto a sè stessi e agli altri.