I disturbi alimentari nelle identità di genere

I disturbi alimentari nelle identità di genere

Disturbi alimentari nelle identità di genere

Photo by Kevin Chinchilla on Unsplash

La ricerca sui disturbi alimentari, ed il loro trattamento, è stata a lungo limitata da una visione miope della realtà, concentrandosi esclusivamente su donne magre, giovani, bianche, cisgendered. Questa prospettiva ristretta esclude i gruppi minoritari, come le donne nere, dal panorama della ricerca, lasciandoci con pochi o nessun dato empirico su come diagnosticare e trattare questi disturbi.

Uno studio recente di Nagata e collaboratori (2020) è stato uno dei primi ad esaminare i disturbi alimentari nella popolazione gender-expansive. I ricercatori definiscono il termine gender-expansive come lo spettro delle identità di genere che non si adattano all’interno del sistema binario (uomo o donna). Questo può includere persone che si identificano come agender (non si identificano come aventi un genere), genderqueer o non-binario (identità di genere al di fuori del binarismo), pangender (identificazione con più o tutti i generi) e di genere fluido (identità di genere che si sposta con il tempo). Il gender-expansive si distingue dal transgender, ovvero l’identificazione con il genere opposto a quello assegnato alla nascita, che rientra ancora nel sistema binario.

Ricerche precedenti suggeriscono che le persone gender-expansive hanno livelli più elevati di disagio psicologico, meno sostegno sociale, esperienze di bullismo, e hanno peggiori risultati di benessere psicologico rispetto alle persone transgender e cisgender.

Questo studio ha cercato di stabilire norme comunitarie per uno degli strumenti più comunemente utilizzati nella ricerca sui disordini alimentari, l’Eating Disorder Examination Questionnaire (EDE-Q). I ricercatori hanno valutato 998 partecipanti gender-expansive dallo studio Population Research in Identity and Disparities for Equality (PRIDE), uno studio longitudinale sugli adulti che vivono negli Stati Uniti che si identificano come una minoranza sessuale e/o di genere. L’età media dei partecipanti era di 29 anni, il 79% identificato come bianco, e il 63% aveva un titolo di studio pari o superiore alla laurea

I risultati sono i seguenti: il 23% dei partecipanti riferisce restrizioni alimentari, il 12,9% abbuffate, il 7,4% esercizio fisico eccessivo, l’1,4% vomito autoindotto, l’1,2% abuso di lassativi e al 13,8% era stato diagnosticato un disturbo alimentare da un operatore sanitario. Non ci sono differenze significative negli atteggiamenti alimentari o nei comportamenti alimentari disregolati tra individui gender-expansive e uomini transgender. Gli individui gender-expansive hanno riportato punteggi più bassi di restrizioni e preoccupazione per la forma fisica rispetto alle donne transgender; punteggi più alti di preoccupazioni su alimentazione, peso e forma fisica rispetto a presunti uomini cisgender; e punteggi più bassi di preoccupazione per la forma fisica rispetto a presunte donne cisgender.

Prima di questo studio, non c’erano norme comunitarie stabilite per l’EDE-Q per le persone gender-expansive, raramente incluse nella ricerca sui disordini alimentari. Ciò ha reso loro difficile (se non impossibile) avere accesso a trattamenti evidence based. Quando i trattamenti sono studiati solo su un sottogruppo molto specifico della popolazione, è impossibile sapere se gli stessi trattamenti siano altrettanto efficaci per le persone che sono al di fuori del gruppo studiato e/o se siano necessarie considerazioni uniche o alterazioni del trattamento da effettuare. Questo pregiudizio nella ricerca porta a pregiudizi nell’assistenza sanitaria in cui i gruppi emarginati non sono in grado di ricevere un trattamento che si sia dimostrato scientificamente efficace.

I gruppi minoritari di genere affrontano fattori di stress unici che aumentano il rischio di disturbi alimentari, soprattutto per quanto riguarda il collegamento tra immagine del corpo e identità di genere. I ricercatori ipotizzano che sia possibile che individui gender-expansive siano meno influenzati dagli ideali del corpo di genere binario rispetto alle persone transgender o cisgendered. Chiaramente, gli individui gender-expansive comprendono un gruppo distinto con implicazioni uniche per quanto riguarda i sintomi e il trattamento dei disturbi alimentari. Sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere meglio la natura complessa di tale sintomatologia in questa popolazione, così come i modi in cui l’identità di genere si interseca con altre identità marginali.

 

Riferimenti

  • Nagata JM, Compte EJ, Cattle CJ, et al. (2020). Community norms for the Eating Disorder Examination-Questionnaire (EDE-Q) among gender-expansive populations. Journal of Eating Disorders.

Autore/i dell’articolo

Dott.ssa Rosetta Cappelluccio
Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale Docente e supervisore Istituto A.T Beck Roma e Caserta Conduttrice gruppi DBT adulti e adolescenti Consulente tecnico d’ufficio per trauma neglect e abuso Ha prestato la sua propria opera professionale come responsabile ambulatorio psicopatologia ospedale Buonconsiglio Fatebenefratelli Napoli, attualmente èConsulente esperto   presso l'Ufficio Garante per l'Infanzia ed Adolescenza Regione Campania. Titolare di incarichi consulenza specialistica DBT nelle scuole per trattamento dei ragazzi con comportamenti disregolati  presso varie sezione scolastiche della  Regione Campania .

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