Disturbi dell’umore: lo stato attuale della ricerca e le sfide future
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Ned H. Kalin, nell’editoriale estivo del The American Journal of Psychiatry, presenta una visione approfondita di importanti questioni cliniche e di ricerca relative ai disturbi dell’umore.
Come sottolineato dall’autore, va certamente detto che la nostra comprensione -e di conseguenza trattamento- dei disturbi dell’umore sia molto migliorata, come reso evidente dai trattamenti efficaci attualmente disponibili, che vanno dalle psicoterapie specifiche alla psicofarmacologia. Tuttavia, molti pazienti non rispondono pienamente al trattamento oppure rimangono cronicamente malati.
La panoramica che Kalin fornisce sulla depressione presenta sia il punto in cui si trova la ricerca che le sfide che dovranno essere affrontate per migliorare i risultati dei trattamenti. L’autore evidenzia la possibilità (e necessità) di concettualizzare e integrare la moltitudine di scoperte per la comprensione dell’eterogeneità della depressione, dei criteri diagnostici, dei meccanismi associati alla fisiopatologia.
Negli anni infatti sono stati compiuti notevoli progressi in relazione alla neurobiologia alla base delle emozioni, della cognizione e del comportamento e sono stati condotti numerosi studi su popolazioni cliniche; tuttavia, siamo ancora lontani dall’applicazione della maggior parte di questi risultati nel contesto clinico.
Nell’ambito degli studi genetici, i ricercatori stanno identificando varianti genetiche strutturali associate alla probabilità di sviluppare disturbi dell’umore. Tuttavia, come con la maggior parte delle malattie psichiatriche, molti geni interagiscono per aumentare la suscettibilità o fornire protezione, rendendo davvero complessa la comprensione dei possibili risultati di questa interazione.
Dobbiamo ricordare come anche i fattori ambientali giochino un ruolo preminente nell’espressione dei disturbi dell’umore: si stanno compiendo progressi a livello molecolare nella comprensione delle modalità con le quali gli eventi ambientali siano programmati epigeneticamente. La maggior parte degli studiosi del settore ritiene che lo sviluppo di un nuovo trattamento efficace dipenda dalla comprensione delle alterazioni correlate al disturbo dell’umore in specifici circuiti neurali e delle molecole all’interno di questi circuiti.
Rimanendo sempre sul ruolo delle influenze ambientali sui disturbi dell’umore, un recente studio ha indagato gli effetti dell’inquinamento atmosferico sull’aumento dei ricoveri ospedalieri per depressione in Cina. Gli autori ipotizzano la possibilità che lo stress ossidativo e l’infiammazione indotti da sostanze inquinanti possano essere fattori sottostanti che potrebbero mediare questa preoccupante associazione con la depressione. Va sottolineato che nell’interpretazione di questi risultati, ci sono importanti questioni metodologiche che gli autori stessi hanno discusso e per i quali saranno necessari ulteriori studi.
In relazione al disturbo bipolare, utilizzando i dati del National Ambulatory Medical Care Survey dal 1997 al 2016, Rhee e colleghi segnalano una notevole diminuzione nell’uso della psicoterapia, dato potenzialmente preoccupante date le notevoli problematiche psicosociali affrontate dai pazienti con disturbo bipolare.
L’autore conclude con una nota di entusiasmo e fiducia riguardo il potenziale delle attuali scoperte per ulteriori progressi a beneficio dei nostri pazienti che soffrono di disturbi dell’umore.