Il disturbo bipolare: facciamo il “punto”
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Nella categoria dei disturbi dell’umore, caratterizzati da gravi e invalidanti alterazioni della sfera emozionale, vengono individuate due sottocategorie di disturbi, quelli che coinvolgono soltanto sintomi depressivi e quelli che coinvolgono sintomi maniacali, i cosiddetti disturbi bipolari.
Nel DSM 5 si individuano tre forme di disturbo bipolare: il disturbo bipolare I, il disturbo bipolare II e il disturbo ciclotimico. Ognuno di questi è caratterizzato da sintomi maniacali, la cui durata e gravità risulta essere diversa nei vari tipi. Questi disturbi sono definiti “bipolari” proprio perché la maggior parte degli individui che manifestano i sintomi della mania esperiscono, nel corso della loro vita, anche quelli della depressione, polo opposto della mania, anche se l’episodio depressivo non risulta necessario per la diagnosi di disturbo bipolare I, ma solo per quello di tipo II.
Prima di proseguire con l’approfondimento dei tre sottotipi di disturbo bipolare, è bene spiegare in cosa consiste lo stato maniacale, caratterizzante tali disturbi, e quello depressivo. La mania è uno stato di forte esaltazione, sfociabile anche in irritabilità, che si riflette non solo sul proprio modo di pensare, e conseguentemente, di parlare, diventando entrambi eccessivamente veloci, ma anche sui comportamenti. Difatti le persone iniziano ad agire in modo insolito, divenendo molto più chiassose, disorganizzate e inconcludenti. Durante un episodio maniacale il soggetto può diventare socievole fino a risultare invadente, come può divenire sicuro di sé al punto da rappresentare un pericolo per se stesso: comportamenti sessuali rischiosi, spese azzardate, guida imprudente, ecc.
L’irritabilità, che segue la sua esaltazione, si verifica quando gli altri tentano di correggerne i comportamenti eccessivi. Il DSM 5 include anche i criteri diagnostici per l’ipomania, termine con il quale si indica una versione più “leggera” della mania vera e propria.
Al contrario, i sintomi principali della depressione sono uno stato di profonda tristezza e/o l’incapacità di provar piacere. Quando ognuno di noi vive momenti particolarmente tristi, generalmente questi sono scatenati da eventi precisi e soprattutto hanno una durata limitata, mentre quando parliamo di depressione dal punto di vista clinico si intende uno stato di tristezza maggiormente invalidante, la cui origine non è necessariamente collegabile a un evento specifico e la cui durata supera le due settimane. Come nel caso dello stato maniacale, anche lo stato depressivo si ripercuote sul modo di ragionare; non a caso spesso gli individui depressi tendono ad autosvalutarsi. Inevitabili sono anche le conseguenze sulla forza fisica, iniziano ad accusare stanchezza e altri dolori vari, e ovviamente sul comportamento, risulta palese la perdita di iniziativa e la tendenza a ritirarsi, socialmente parlando.
Per quanto riguarda la sintomatologia dei tre tipi di disturbi bipolari, il DSM afferma che:
-la diagnosi di disturbo bipolare I comprende un singolo episodio maniacale nel corso dell’esistenza del soggetto. Un individuo viene dunque diagnosticato affetto da disturbo bipolare anche se ha manifestato tali sintomi per una settimana molti anni prima. In più della metà dei soggetti con disturbo bipolare I di solito si verificano quattro o più episodi.
-la diagnosi di disturbo bipolare II, forma più lieve di disturbo bipolare, prevede la presenza di almeno un episodio di depressione maggiore e almeno un episodio di ipomania.
-la diagnosi di disturbo ciclotimico prevede che i sintomi siano presenti per almeno due anni. Tali sintomi risultano essere frequenti ma allo stesso tempo lievi, difatti non raggiungono mai la gravità cui arrivano negli episodi maniacali o depressivi conclamati.
Per quanto riguarda i fattori causali di tali disturbi, le ricerche sull’eziologia e il trattamento di tali disturbi si sono focalizzate maggiormente sul disturbo bipolare I. Nelle righe seguenti verranno presi in esame i diversi tipi di studi condotti. Dalle ricerche genetiche sono emersi diversi risultati a conferma del fatto che il disturbo bipolare abbia un’elevata ereditarietà.
Dagli studi neurobiologici, che si sono focalizzati sulla sensibilità dei recettori postsinaptici, è emersa una diminuita sensibilità dei recettori della serotonina sia nella depressione che nella mania; per quanto riguarda i recettori della dopamina, invece, si riscontra un aumento della sensibilità di tali recettori nella mania, e una diminuzione nel caso della depressione. Infine dagli studi sociali e psicologici è emerso che, per quanto riguarda i fattori scatenanti gli episodi depressivi nel disturbo bipolare, come nel caso della depressione maggiore, gli eventi negativi pare abbiano un ruolo determinante.
Tra i fattori predittivi sono stati ritrovati il nevroticismo, gli stili cognitivi negativi e la mancanza di supporto sociale. Per quanto riguarda gli episodi maniacali, questi ultimi sono stati ricollegati ad un’elevata sensibilità alla ricompensa per via di un disturbo nello stesso sistema cerebrale.
Alcuni ricercatori, coerentemente a quanto appena detto, hanno dimostrato che eventi che implicano successi possono peggiorare la situazione clinica di questi soggetti, perché possono comportare aumenti significativi della fiducia in se stessi, e quindi una spinta a rincorrere obiettivi sempre più ambiziosi. Dato il carattere invalidante di tali disturbi, non sorprende l’esistenza di diverse terapie per il loro trattamento. Alcune di queste si sono mostrate decisamente più efficaci di altre, ad esempio la terapia cognitivo-comportamentale. L’utilità di tali trattamenti aumenta se integrata con la terapia farmacologica, basata prevalentemente sull’utilizzo del litio.
- Ielmini, M., Poloni, M., Caselli, I., Espadaler, J., Tuson, M., Grecchi, A., Callegari, C. (2018). The utility of pharmacogenetic testing to support the treatment of bipolar disorder. Dovepress
- Kring, A.M., Davidson, G.C. Neale, J.M., Johnson, S.L. (2017). Psicologia clinica. Zanichelli