Disturbo paranoide di personalità: inquadramento generale

Disturbo paranoide di personalità: inquadramento generale

Disturbo paranoide di personalità

Photo by Lysander Yuen on Unsplash

Incidenza e prevalenza

Questo disturbo colpisce lo 0,5-2,5% della popolazione, è più frequente nei maschi e può manifestarsi per la prima volta nell’infanzia e nell’adolescenza con una tendenza alla solitudine, scarse relazioni con i coetanei, ansia sociale, ipersensibilità e rendimento scolastico inadeguato. Questi bambini risultano spesso “strani” o “eccentrici” e possono essere oggetto di derisione. Anche se l’esordio avviene in queste fasi di vita, l’individuo con disturbo paranoide di personalità giunge all’osservazione di un professionista della salute mentale, solitamente spinto dai familiari, non prima dei 30-40 anni.

Sintomi della personalità paranoide

Per capire se si soffre di disturbo paranoide di personalità bisogna rivolgersi alle figure competenti, cioè ad un professionista della salute mentale, autorizzato alla diagnosi, il quale si avvarrà di test psicodiagnostici, del colloquio e dell’osservazione clinica.

Chiarito ciò, quali sono gli aspetti che potrebbero farci pensare al disturbo paranoide di personalità?

Le persone con questo disturbo:

  • Sospettano, in modo persistente e pervasivo, di essere sfruttate, danneggiate, ingannate dagli altri
  • Dubitano della lealtà e della fedeltà di coniugi, partner e amici
  • Sono riluttanti a confidarsi in quanto temono, ingiustificatamente, che gli altri utilizzino poi tali informazioni in modo maligno o contro di loro
  • Leggono nelle osservazioni e negli eventi benevoli dei significati nascosti umilianti o minacciosi
  • Sono molto suscettibili, rancorose e gelose
  • Sono litigiose, contrattaccano e reagiscono rabbiosamente

Origini

Le cause del disturbo paranoide di personalità non sono ancora del tutto chiare. Tuttavia, i ricercatori sembrano convergere nel ritenere che nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo paranoide intervengano una combinazione di fattori genetici, sociali e psicologici (come il temperamento, le prime interazioni nella fase di sviluppo sia con i familiari che con i pari, ecc.).

Si ritiene che traumi precoci nell’infanzia possano contribuire allo sviluppo di questo tipo di personalità (Montano, Borzì, 2019). Ad esempio, secondo la Benjamin (1999) i soggetti con Disturbo Paranoide di Personalità avevano genitori che sembravano aver subito abusi durante l’infanzia e che riproponevano poi, da adulti, uno stile genitoriale sadico, degradante, controllante. Questi genitori punivano i loro figli quando questi si mostravano bisognosi, vulnerabili, in tutte quelle situazioni cioè in cui richiedevano accudimento. Alla luce di ciò, i bambini imparavano a non chiedere nessun tipo di aiuto anche in situazioni pericolose, a evitare di piangere e a non fidarsi di nessuno. Tali vissuti, in età adulta, si traducevano in tendenze all’isolamento, evitamento rispetto a qualsiasi forma di intimità e relazione, forte sensibilità all’esclusione, ai pettegolezzi, alle offese e anche agli scherzi.

Si è rilevata, inoltre, una maggiore frequenza del disturbo paranoide di personalità in famiglie con storia di schizofrenia e disturbo delirante (tipo di persecuzione).

Esiti

La persona con disturbo paranoide di personalità tende, solitamente, a interpretare le parole e le azioni degli altri come deliberatamente minacciose, umilianti o malevole. È spesso polemica e particolarmente suscettibile alle critiche alle quali risponde soprattutto con rabbia.  L’atteggiamento sospettoso, tipico della persona con disturbo paranoide, si manifesta con la ricerca di segnali volti a confermare l’ipotesi iniziale di minaccia, offesa, pericolosità e falsità. Per far fronte a questa situazione, la persona con disturbo paranoide mette in atto una serie di comportamenti che la portano a prediligere uno stile di vita isolato, creando dei disagi a lavoro, in famiglia, nelle relazioni di amicizia e intime e che, nel lungo termine, possono condurre alla depressione e al ritiro sociale.

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Riferimenti

  • Agnello, T., Fante, C., Pruneti, C. (2013). Paranoid personality disorder: new areas of research in diagnosis and treatment. Journal of Psychopathology, 19, 310-319.
  • American Psychiatric Association (2014). DSM-5: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Raffaello Cortina, Milano.
  • Benjamin, L. (1996). Interpersonal diagnosis and treatment of personality disorders. Second Edition. New York: Guilford.
  • Dimaggio, G., Montano, A., Popolo, R., Salvatore, G. (2013). Terapia metacognitiva interpersonale dei disturbi di personalità. Raffaello Cortina, Milano.
  • Dimaggio, G., Ottavi, P., Popolo, R., Salvatore, G. (2019). Corpo, immaginazione e cambiamento. Terapia metacognitiva interpersonale. Raffaello Cortina, Milano.
  • Dimaggio, G., Semerari, A. (2003). I disturbi di personalità. Modelli e trattamento. Editori Laterza, Bari-Roma.
  • Lobbestael, J., Arntz, A., Bernstein, D.P. (2010). Disentalgling the relationship between different types of childhood maltreatment and personality disorders. J Pers Disord, 24, 285-295.
  • Montano, A., Borzì, R. (2019). Manuale di intervento sul trauma. Comprendere, valutare e curare il PTSD semplice e complesso. Erickson, Trento.
  • Tyrka, A.R., Wyche, M.C., Kelly, M.M., et al. (2009). Childhood maltreatment and adult personality disorder symptoms: Influence of maltreatment type. Psychiatry Res, 165, 281-287.
  • https://www.istitutobeck.com/opuscoli/opuscolo-disturbi-di-personalita-e-trauma
  • https://www.istitutobeck.com/opuscoli/opuscolo-il-disturbo-paranoide-di-personalita

Autore/i dell’articolo

Dott. Gabriele De Gabrielis
Psicologo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, psicoterapeuta TMI (Terapia Metacognitiva Interpersonale). Ha conseguito il I livello della formazione in EMDR. Ha svolto la sua attività in diversi contesti: strutture semiresidenziali, centri clinici, U.O.C. Tutela Salute Donna ed Età Evolutiva – ASL Roma 2, U.O.C. Psichiatria – Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma. Da anni si dedica allo studio dei sistemi motivazionali nell’ottica cognitivo-evoluzionista contribuendo, attraverso diverse ricerche, allo sviluppo della Teoria Evoluzionistica della Motivazione (TEM). Attualmente collabora in qualità di psicologo e psicoterapeuta presso l’Istituto A.T. Beck di Roma.

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