Placare il dolore del passato: trasformarsi creando

Placare il dolore del passato: trasformarsi creando

Dolore del passato

Photo by Jordan Whitt on Unspash

I primi 18 anni di vita sono il terreno sul quale si struttura la personalità adulta. Se un campo è arato con cura, costanza e amore, è molto probabile che i semi presto o tardi si trasformino in frutti, se invece viene lasciato al suo destino, o ancora peggio tormentato dal gelo, dalla tempesta, o arso dalle fiamme, la vita faticherà a manifestarsi.

Quando parliamo di esperienze infantili avverse (ACE) ci riferiamo a tutte quelle situazioni che mettono a rischio lo sviluppo di un individuo. Queste esperienze possono essere classificate in tre grandi categorie: abuso, emotivo, fisico o sessuale; trascuratezza, emotiva e fisica; e problematiche familiari, come separazioni, genitori in carcere, familiari con dipendenza o con altre patologie psichiatriche, violenza domestica. Essere esposti a queste condizioni nell’età dello sviluppo significherà avere una maggiore probabilità di sviluppare patologie psichiatriche in età adulta e una più bassa aspettativa di vita (Felitti & Anda, 2010).

Fortunatamente, anche nel deserto di Atacama nascono splendidi fiori.

Nonostante la percentuale di persone vittime di abusi, trascuratezza o gravi problemi in famiglia sia elevata, molti riescono ad affrontare efficacemente le difficoltà e la sofferenza, e a costruire vite soddisfacenti. Ognuno di noi, infatti, apprende e consolida nel tempo delle strategie, consapevoli e automatiche, per affrontare le situazioni percepite come minacciose o connesse a vissuti emotivi indesiderati, e molto spesso sono proprio queste strategie a fare la differenza.

In uno studio pubblicato su Child Abuse & Neglect, Thomson e Jaque (2019) hanno cercato di esplorare in un campione non clinico di atleti e artisti in attività il rapporto tra la presenza di ACE, le strategie per affrontare situazioni di stress (strategie di coping) e le esperienze di creatività. I risultati hanno mostrato come gli individui che riferivano di essere stati sottoposti nell’infanzia ad un numero di ACE uguale o maggiore a 4 fossero anche coloro che sperimentavano più elevati livelli di ansia, vergogna e sintomi dissociativi, ricorrevano più frequentemente a strategie di coping focalizzate sulle emozioni, e mostravano, al contempo, esperienze creative di maggiore intensità. Queste persone, nonostante la storia di sviluppo traumatica, sono risultate in grado di impegnarsi nelle loro attività preferite tanto quanto coloro con esperienze infantili meno problematiche, evidenziando comparabili capacità di concentrazione, senso di controllo e di attenzione sostenuta nel raggiungimento dei propri obiettivi.

Lo studio ha inoltre messo in luce un dato importante, il gruppo con più ACE era anche quello con un livello più alto di esperienze autoteliche, ad indicare una maggiore tendenza ad affrontare le sfide con ottimismo e senso di auto-efficacia (Asakawa, 2004, 2010). Più elevato era il numero di traumi infantili, maggiore era la presenza di esperienze creative. Il gruppo con l’infanzia più difficile, indipendentemente dal tipo di attività creativa praticata, si è mostrato in grado di fondersi completamente e con chiarezza di intenti nel processo creativo. Sebbene fossero presenti livelli maggiori di ansia prima di iniziare, una volta intrapresa l’attività queste persone riferivano di entrare in contatto con un profondo senso di guarigione e di trasformazione.

Non possiamo purtroppo cancellare il nostro passato, ma possiamo cambiare la nostra relazione con il nostro dolore. La creatività, la passione, l’investimento in attività che danno significato alla nostra vita, sembrano essere una cura preziosa per ridare luce a delle vite molto spesso cresciute nel buio.

 

  • Thomson P, Jaque SV. History of childhood adversity and coping strategies: Positive flow and creative experiences. Child Abuse Negl. 2019 Apr;90:185-192. doi: 10.1016/j.chiabu.2018.12.019. Epub 2019 Feb 22.

Autore/i dell’articolo

Dottor Filippo Perrini - Psicologo - Psicodiagnosta - Istituto Beck
Psicologo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale. Iscritto all’Ordine degli Psicologi della Regione Lazio. Si occupa di clinica dell’età adulta, prevalentemente del trattamento di disturbi di personalità, disturbo post-traumatico semplice e complesso, disturbi dello spettro della schizofrenia e disturbo ossessivo-compulsivo. Si è formato in Terapia Metacognitiva Interpersonale e Dialectical Behavior Therapy attraverso la partecipazione a training specifici. Conduce gruppi di Skills Training DBT per pazienti affetti da Disturbo Borderline di Personalità o per disturbi connessi a difficoltà di regolazione emotiva. Ha inoltre conseguito il primo livello della formazione in EMDR. Si occupa inoltre di psicodiagnosi e valutazione neuropsicologica. Ha un background di ricerca sul modello animale maturato presso il laboratorio di psicofarmacologia del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia dell’Università Sapienza di Roma, e nel dipartimento di Neuroscience and Brain Technologies dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova. Svolge attività di ricerca clinica presso l’Istituto Beck e la clinica psichiatrica Villa Von Siebenthal. E’ co-autore di diverse pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali ed internazionali.

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