Dormire poco aumenta notevolmente la probabilità di commettere errori -anche molto costosi- durante la giornata
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Un nuovo studio avverte: dormire poco “triplica i cali di attenzione”
Secondo Rechtschaffen “Se il sonno non fosse necessario per la sopravvivenza, allora si tratterebbe del più grande errore che l’evoluzione abbia mai commesso” (1971, p.88). Fortunatamente, ad oggi, la ricerca fornisce molteplici evidenze su quanto sia importante dormire “bene”!
Il sonno è definito da Siegel (2009) come uno stato velocemente reversibile connotato da una riduzione della reattività, dell’attività motoria e del metabolismo. È implicato in svariate funzioni vitali come il ristoro, il ripristino dei tessuti (Adam & Oswald, 1977), l’omeostasi metabolica, la rimozione dei prodotti di scarto -potenzialmente neurotossici- che si accumulano da svegli all’interno del Sistema Nervoso Centrale (Xie et al., 2013), ecc.
Di notevole impatto, nel corso degli anni, sono stati gli studi volti ad esplorare la relazione tra sonno e funzionamento cognitivo. È oramai assodato il coinvolgimento attivo del sonno nei cambiamenti della plasticità cerebrale alla base dei processi mnemonici e di apprendimento. Le indicazioni scientifiche suggeriscono, infatti, come la deprivazione di sonno, prima di un apprendimento, agisca particolarmente sul processo di codifica, così come influisce in fase post-apprendimento circa il consolidamento della traccia mnestica (Abel et al., 2013).
Tuttavia la deprivazione di sonno impatta sulle nostre capacità attentive? E se sì, in che misura?
In un recente studio, pubblicato sul “Journal of Experimental Psychology: General”, Stepan e colleghi si sono posti l’obiettivo di indagare se e come la deprivazione totale di sonno (TSD) possa compromettere l’attenzione e i processi cognitivi di ordine superiore (2019). A tal fine sono state prese in esame due variabili:
1) lapses of attention, ovvero errori nell’attenzione sostenuta, contraddistinti da brevi e temporanei spostamenti dell’attenzione da un compito primario verso informazioni non correlate al suddetto. Si riferiscono, in poche parole, a brevi “cali” di attenzione;
2) placekeeping, concerne invece la capacità di eseguire una serie di passaggi, di un compito complesso, secondo un ordine prestabilito senza compiere omissioni o ripetizioni. Include, dunque, una molteplicità di operazioni mnemoniche e sostiene, al contempo, diverse attività cognitive complesse, come l’esecuzione procedurale e il problem solving.
Furono reclutati all’interno dello studio 138 partecipanti, suddivisi in due gruppi: 77 soggetti, appartenenti al gruppo di deprivazione, trascorsero la notte da svegli in laboratorio, mentre i restanti 61 soggetti del gruppo denominato “riposato”, dormirono presso la propria abitazione. La sera prima, tutti i partecipanti svolsero una serie di test cognitivi, tra cui l’UNRAVEL volto a misurare il placekeeping (si caratterizza per delle regolari interruzioni pianificate durante lo svolgimento dei compiti stessi) e il PVT, un test di vigilanza psicomotoria per l’attenzione. I soggetti furono ritestati ai medesimi test la mattina seguente, al fine di confrontare la loro prestazione rispetto la sera precedente.
Dai risultati si evinse un evidente calo prestazionale nei partecipanti al gruppo di deprivazione. Difatti la sera precedente, essi mostrarono una percentuale d’errore di circa il 15% dopo le interruzioni previste dal test UNRAVEL, percentuale che all’indomani crebbe fino al 30%. Al contrario, la performance del gruppo riposato rimase pressoché identica a entrambe le prestazioni del test. Infine, la mattina successiva, gli autori riscontrarono un numero nettamente maggiore di lapses attentivi nel gruppo di deprivazione rispetto a quello di confronto.
I risultati dello studio sollevano importanti questioni: dai dati si osserva come la deprivazione del sonno, di una sola notte, raddoppi la probabilità di commettere errori di placekeeping e addirittura triplichi il numero di lapses of attention che, come suggerito da Van den Brink (2016), possono portare a conseguenze anche drammatiche, basti pensare a un automobilista che distraendosi alla guida per pochi frangenti di secondo innesca un grave incidente. Ciò induce a riflettere su come le persone con una scarsa igiene del sonno dovrebbero prestare una più ragguardevole cautela nella maggior parte delle attività quotidiane, perché, come visto, dormire poco incide decisamente sulle varie sfaccettature della vita.
Riferimenti
- Abel, T., Havekes, R., Saletin, J. M., & Walker, M. P. (2013). Sleep, plasticity and memory from molecules to whole-brain networks. Current biology, 23(17), R774-R788.
- Adam, K., & Oswald, I. (1977). Sleep is for tissue restoration. Journal of the Royal College of Physicians of London, 11(4), 376.
- Rechtschaffen, A. (1971). The control of sleep. Human behavior and its control, 88.
- Siegel JM (2009) Sleep viewed as a state of adaptive inactivity. Nat Rev Neurosci 10:747–753.
- Stepan, M. E., Altmann, E. M., & Fenn, K. M. (2019). Effects of total sleep deprivation on procedural placekeeping: More than just lapses of attention. Journal of Experimental Psychology: General.
- Van den Brink, R. L., Murphy, P. R., & Nieuwenhuis, S. (2016). Pupil diameter tracks lapses of attention. PLoS One, 11(10), e0165274.
- Xie, L., Kang, H., Xu, Q., Chen, M. J., Liao, Y., Thiyagarajan, M., … & Takano, T. (2013). Sleep drives metabolite clearance from the adult brain. science, 342(6156), 373-377