È l’esperienza che rende padre. Riflessione sul congedo parentale

È l’esperienza che rende padre. Riflessione sul congedo parentale

È l’esperienza che rende padre. Riflessione sul congedo parentale
È l’esperienza che rende padre. Riflessione sul congedo parentale

È l’esperienza che rende padre. Riflessione sul congedo parentale

L’esperienza della gravidanza nella società contemporanea fa a pugni con la realtà lavorativa. In Italia, ma non solo, una dipendente in gravidanza è vista dall’azienda come un problema e potrebbe persino rischiare di perdere il lavoro, anche perché, pur lavorando fino all’ultimo giorno possibile prima del parto grazie ad una gravidanza senza problemi, sarà soprattutto dopo la nascita del bambino che si presenterà la necessità dei giorni di permesso, ovvero il congedo parentale.

È stato dimostrato che gli ormoni coinvolti nella gravidanza modificano il cervello delle donne probabilmente in modo permanente con la creazione di nuovi neuroni nel cosiddetto circuito materno del sistema limbico, nelle reti corticali come la teoria della mente e il sistema dei neuroni specchio. Non sorprende, quindi, che per molte donne la gravidanza segni la fine delle ambizioni lavorative: le priorità si concentrano sul nascituro e, con questo nuovo impegno a tempo pieno, è davvero poco probabile riuscire a mantenere una carriera lavorativa di 60 ore settimanali.

Il periodo dell’astensione obbligatoria per maternità dal lavoro equivale a 5 mesi, da suddividere tra prima e dopo il parto. Tuttavia in una coppia la gravidanza viene vissuta, seppure in modo diverso, anche dal padre. Qual è la durata del congedo per il padre? 2 giorni di astensione obbligatoria più altri due facoltativi, da sottrarre a quelli offerti alla madre. Molto, molto pochi, soprattutto se paragonati a quelli a disposizione dei padri finlandesi, più di due mesi.

In Italia, dunque, rimane forte il pregiudizio che un bambino abbia bisogno della madre e molto meno del padre, soprattutto appena nato. Neanche i legislatori riescono a superare questo scoglio culturale, rendendo quindi molto complicato ai padri svolgere il loro ruolo naturale. Eppure le ricerche mostrano che più i padri sono coinvolti nell’educazione dei figli, più si sviluppa il loro comportamento assistenziale. Dunque, a differenza delle madri, dove gli ormoni della gravidanza aiutano ad adattare il corpo (e quindi il cervello) alle nuove necessità, la plasticità cerebrale nei partner maschi dipende dall’esperienza. Nei paesi nordici infatti, come nell’esempio della Finlandia, l’attitudine paterna viene stimolata a livello culturale e individuale proprio da un congedo parentale lungo, flessibile e pagato dallo Stato.

È, quindi, chiaro che il pregiudizio del maschio orientato alla carriera e della donna orientata a cure familiari è, appunto, frutto della cultura e allo stesso tempo rinforza se stesso. Fino a poco tempo fa era abitudine lasciar fare alle donne il lavoro di genitore dalla nascita dei figli fino ai primi anni di vita e al padre rimaneva il ruolo di educatore dall’età della scuola primaria in poi. La ragione di questo distacco iniziale può essere trovata sicuramente nel fatto che la donna, ospitando lei stessa il bambino durante i nove mesi della gravidanza, si abitua alla presenza del figlio gradualmente, mentre l’uomo ne percepisce la reale portata al momento della nascita. Pian piano però le cose stanno cambiando, con gli uomini che partecipano sempre di più ai mesi prima e dopo la nascita del figlio e con la costruzione di un nuovo modello di genitore che non è certo stato tramandato dalle generazioni precedenti.

Potrebbe, quindi, essere offerto ai genitori un congedo parentale obbligatorio minimo per entrambi, da alternarsi, e in seguito un congedo facoltativo con la possibilità di suddividersi i giorni liberamente, a seconda delle loro scelte, delle possibilità lavorative, delle attitudini personali. Questa potrebbe essere una proposta per dividere equamente la responsabilità della genitorialità sui due partner che andrebbe a incidere non solo sulle decisioni dei genitori e quindi sulla loro visione del mondo ma anche su quella dei datori di lavoro. Questo è importante in quanto una delle discriminazioni contro le donne passa anche per la differenza di salario e di possibilità lavorative. Spesso il permesso da lavoro viene preso dalla moglie proprio perché il marito ha un salario più alto. La parità dei sessi passa attraverso molte strade, tutte da percorrere per poter assicurare alle donne uguaglianza e ai padri la possibilità di svolgere il loro ruolo in libertà.

Riferimenti:

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