Gli effetti positivi del caffè durante le riunioni di lavoro
Il caffè è bevanda antichissima le cui origini si perdono nella leggenda. Sembra sia originaria del Medio Oriente, in quelle terre che un tempo prendevano il nome di Persia. In Italia fu portato dai mercanti di Venezia mentre la diffusione di massa cominciò gradualmente nel 1600. Oggi esistono enormi piantagioni soprattutto in Brasile, Vietnam, Colombia e Indonesia per far fronte all’immensa richiesta da tutto il mondo: rispetto al 2013, per esempio, nel 2017 il 5% in più di americani riporta di consumare caffè (62%).
La caffeina contenuta non solo nei semi (che oggi tostiamo), ma anche in foglie e frutti, è una vera e propria sostanza stupefacente con proprietà stimolanti del sistema nervoso centrale e, con il conseguente aumento dei neurotrasmettitori adrenalina e noradrenalina, anche del sistema nervoso simpatico. Come risultato, la frequenza del battito cardiaco aumenta, come anche l’afflusso del sangue ai muscoli. L’eccessivo uso di questa sostanza potrebbe portare a irritabilità, agitazione, mal di testa e insonnia.
In generale, le ricerche sugli effetti della caffeina si riferiscono al singolo individuo, ai livelli di attenzione, memoria e processamento delle informazioni. Tuttavia molto spesso si consuma caffè durante gli incontri di lavoro e secondo il 60% dei professionisti cinesi e inglesi i meeting che hanno più successo sono quelli che hanno luogo mentre si beve té o caffè.
Gli incontri lavorativi sono una tipologia di lavoro di gruppo in cui ci sono degli obiettivi da raggiungere, molte volte comuni. Le variabili che possono essere interessate da questo processo sono la motivazione a portare a termine un compito, l’apprendimento che influenzerà l’apporto individuale, la coordinazione tra le varie parti. Secondo Faber (et al., 2017), il consumo di caffè può interagire con questo processo, ad esempio aumentando l’allerta e influenzando la motivazione o la capacità di coordinarsi con gli altri.
Per verificare queste interazioni, un gruppo di ricercatori (Unnava et al., 2018) ha coinvolto 72 studenti universitari a cui è stato chiesto di non bere caffè prima dell’incontro. E’ stato quindi proposto loro di partecipare a una degustazione di caffè ma in due momenti diversi: a metà di loro, prima del compito, all’altra metà, dopo. Il compito è stato quello di confrontarsi nel gruppo su un argomento controverso, il movimento Occupy che si propone di sensibilizzare alla diseguaglianza economica e sociale e a come le grandi corporazioni finiscono per avvantaggiare una sparuta minoranza di persone contro i principi della democrazia. La discussione di un quarto d’ora è seguita dalla compilazione di un questionario di valutazione di se stessi e degli altri componenti del gruppo.
I risultati portano acqua a… la caffettiera: i componenti del gruppo che avevano bevuto il caffè prima della discussione hanno dato punteggi più alti nel questionario in termini di attenzione, vigilanza, partecipazione, concentrazione e disponibilità a nuove discussioni. I ricercatori hanno quindi dedotto che un consumo moderato di caffè migliora la performance di partecipazione a un’attività di gruppo.
Questi risultati non sono stati replicati usando il caffè decaffeinato: questo significa quindi che è la caffeina ad avere un particolare effetto. Ma non solo la caffeina, probabilmente anche l’esercizio fisico o altri fattori che favoriscono l’attenzione: i partecipanti del gruppo “decaffeinato”, infatti, hanno dato valutazioni alte nel caso in cui si sentissero più svegli, attivi e vigili.
Riferimenti: