Emozioni incarnate: lo stato corporeo come parte integrante dell’elaborazione emotiva

Emozioni incarnate: lo stato corporeo come parte integrante dell’elaborazione emotiva

Emozioni incarnate

Photo by Isai Ramos on Unspalsh

Da qualche decennio ormai i ricercatori sono impegnati nello studio delle strutture neuronali coinvolte nell’elaborazione emotiva, ma ad oggi il ruolo che il corpo svolge in questa elaborazione non sembra sia stato molto approfondito.

E se il nostro modo di elaborare le espressioni dei volti fosse influenzato dallo stato emotivamente congruente del nostro corpo? Ad esempio, il battito cardiaco accelerato di fronte ad espressioni di paura? Questo è quello che si sono chiesti i ricercatori dello studio pubblicato su Nature (Pezzulo et al., 2018): se è vero che l’elaborazione emotiva è un processo incarnato nel corpo, allora si potrebbe ipotizzare che in seguito alla modificazione di un aspetto fisiologico (come la frequenza cardiaca) si verifichi una facilitazione nell’elaborazione di volti che esprimono uno stato emotivo congruente (come la paura).

Lo studio ha quindi confrontato la paura, fortemente associata ad un’alta frequenza cardiaca, con il disgusto per nulla o quasi associato ad essa; lo scopo era valutare se l’effetto di facilitazione fosse specifico per lo stato corporeo, oppure dovuto ad un processo di eccitazione fisica più generico. In altre parole: basta che si verifichi una eccitazione fisiologica (in questo caso l’accelerazione del battito cardiaco) per facilitare l’elaborazione di qualsiasi emozione (ad esempio, sia paura che disgusto), oppure è necessario che la modificazione fisiologica (l’accelerazione del battito) sia congruente con l’emozione (in questo caso la paura)?

L’esperimento funzionava in questo modo: in una condizione, i partecipanti erano sottoposti a 3 minuti di esercizio fisico pre-esperimento e durante la pausa tra blocchi sperimentali, allo scopo di indurre un aumento della frequenza cardiaca; nell’altra, non era previsto alcun esercizio fisico. Tutti i partecipanti hanno sperimentato entrambe le condizioni.

Durante la parte sperimentale, ai soggetti venivano mostrate immagini di volti maschili e femminili di paura, disgusto o espressioni neutre, con il compito di categorizzarle. L’ipotesi centrale era appunto che l’alta frequenza cardiaca (indotta dall’esercizio fisico) avrebbe avuto un effetto facilitatore per l’elaborazione di volti paurosi (perché come abbiamo detto la paura è congruente con l’alta frequenza cardiaca), ma non per le facce disgustate o neutre.

Effettivamente i risultati hanno confermato l’ipotesi: basta una piccola manipolazione fisiologica per produrre un effetto di “congruenza incarnata” tra l’enterocezione dello stato corporeo e gli stimoli carichi di contenuto emotivo congruente a quello stato. Questa facilitazione infatti era evidente solamente per i volti impauriti, confermando quindi la specificità dell’effetto. Inoltre, il fatto che l’elaborazione di volti paurosi sia facilitata solo nella condizione di esercizio (ma non nell’altra) esclude la possibilità che i volti paurosi siano più facili da discriminare rispetto ai volti disgustati o neutri.

Un eterno dibattito che da sempre facilmente infervora molti ricercatori riguarda la “direzione della causalità” tra i processi emotivi e corporei: l’emozione della paura provoca un’alta frequenza cardiaca, oppure l’alta frequenza cardiaca provoca la paura? O entrambe le cose? I risultati di questa ricerca forniscono supporto per le teorie incarnate dell’emozione, secondo le quali i processi corporei non sono solamente dei sottoprodotti di poca rilevanza, ma parte integrante dell’elaborazione emotiva. Infatti, come in questo studio, gli stati somatici ed enterocettivi come la frequenza del battito cardiaco partecipano all’incarnazione della paura.

 

Riferimenti:

  • Increased heart rate after exercise facilitates the processing of fearful but not disgusted faces

 

Autore/i dell’articolo

Dott. De Gabrielis Gabriele
Psicologo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, psicoterapeuta TMI (Terapia Metacognitiva Interpersonale). Ha conseguito il I livello della formazione in EMDR. Ha svolto la sua attività in diversi contesti: strutture semiresidenziali, centri clinici, U.O.C. Tutela Salute Donna ed Età Evolutiva – ASL Roma 2, U.O.C. Psichiatria – Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma. Da anni si dedica allo studio dei sistemi motivazionali nell’ottica cognitivo-evoluzionista contribuendo, attraverso diverse ricerche, allo sviluppo della Teoria Evoluzionistica della Motivazione (TEM). Attualmente collabora in qualità di psicologo e psicoterapeuta presso l’Istituto A.T. Beck di Roma.

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