Esperienze precoci avverse e metacognizione
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Il ruolo delle esperienze precoci avverse nella compromissione delle funzioni metacognitive nei disturbi di personalità
Il dolore del trauma lascia ferite, ferite che restano impresse nella mente e nel corpo, spingendo la persona a cercare soluzioni per limitare il dolore, soluzioni che spesso però esitano in nuova sofferenza, in circoli viziosi che si autoalimentano. La persona diventa quindi un attore di una sceneggiatura di cui non è a conoscenza, in una storia che termina sempre con lo stesso doloroso finale. Uno degli ostacoli principali, è rappresentato da quelli che vengono definiti deficit delle funzioni metacognitive, ossia dall’incapacità della persona di essere consapevole del film nel quale è catapultata, restando così in balia della penna di uno scrittore che affonda le sue radici nelle esperienze spesso traumatiche dell’infanzia.
Quando parliamo di metacognizione, parliamo della capacità di comprendere e riflettere sui propri e/o altrui stati mentali (Semerari et al., 2003). Questa capacità si manifesta attraverso una serie di diverse funzioni, le quali risultano diversamente compromesse nella patologia di personalità, rappresentando sia un fattore predisponente, precipitante, che di mantenimento della sofferenza. L’incapacità di accedere al proprio mondo mentale, e di rapportarsi a questo in maniera riflessiva, facilita infatti la strutturazione di schemi interpersonali e cicli interpersonali disfunzionali, che rendono l’attore vittima inconsapevole di una cabina di regia diretta dalla sua stessa mano.
La presenza di storie traumatiche e lo sviluppo di disfunzioni di personalità sono due facce della stessa medaglia. È infatti ormai condiviso come l’essere esposti ad eventi traumatici concorra in modo prepotente alla formazione di una struttura di personalità patologica (Linehan, 1993; Liotti, 2011). Allo stesso tempo, l’esposizione ad esperienze precoci avverse (ACE), è risultata correlare con una carenza delle funzioni metacognitive (Liotti e Prunetti, in Dimaggio e Lysaker, 2010).
Al fine di indagare la relazione tra ACE, metacognizione e patologia di personalità, Riccardi e collaboratori (2020) hanno valutato 373 individui, dai 18 ai 65 anni, con almeno una diagnosi di disturbo di personalità, ipotizzando una relazione tra la presenza di ACE e la compromissione di due specifiche funzioni metacognitive, la differenziazione, ossia la capacità di differenziare le proprie ipotesi, aspettative e valutazioni soggettive dal dato di realtà, e l’integrazione, la capacità di accedere e raccordare elementi rappresentazionali differenti che si alternano, e coesistono, nella mente dell’individuo (Dimaggio e Semerari, 2003).
Tutti i pazienti sono stati valutati tramite la somministrazione della SCID-II, della Metacognition Assessment Interview e della SCL90-R. Per rilevare gli ACE, i ricercatori si sono avvalsi di un’ampia intervista anamnestica standardizzata condotta da clinici esperti.
I risultati hanno confermato che le esperienze infantili di perdita e/o abuso sono significativamente associate con l’insorgenza dei disturbi di personalità e con un più alto livello di distress psichiatrico. Il distress sintomatologico, la gravità del disturbo di personalità e le disfunzioni metacognitive, nello specifico deficit di differenziazione e integrazione, sono risultati maggiormente presenti nei pazienti con ACE.
Questi dati forniscono un ulteriore contributo al ruolo che le esperienze traumatiche precoci hanno nello sviluppo delle funzioni metacognitive degli individui con diagnosi di disturbo di personalità. Come suggerito da terapie ad hoc per i disturbi di personalità (Bateman e Fonagy, 2004; Dimaggio e Semerari, 2003), il trattamento deve quindi considerare nella concettualizzazione del caso e negli obiettivi terapeutici un lavoro specifico sugli aspetti metacognitivi. L’incremento della capacità di riflettere sui propri e altrui stati mentali si pone infatti come elemento chiave nel lavoro con i pazienti più compromessi, con l’obiettivo, nel tempo, di restituire la sceneggiatura della propria vita nelle mani del legittimo proprietario.
BIBLIOGRAFIA
- Bateman A, Fonagy P. (2004). Psychotherapy for borderline personality disorder: a practical guide. Oxford: Oxford University Press.
- Dimaggio, G., & Lysaker, P.H. (Eds.). (2010). Metacognition and severe adult mental disorders: From basic research to treatment. London: Routledge.
- Dimaggio, G., & Semerari, A. (Eds.). (2003). I disturbi di personalità. Modelli e trattamento. Stati mentali, metarappresentazione, cicli interpersonali. RomaBari: Laterza
- Riccardi, I., Bilotta, E., Leone, L., Nicolo’, G., Procacci, M., Semerari, A., Carcione, A. (2020). Adverse experiences in childhood: association with metacognition, personality disorders and distress. Journal of Psychopathology, 26, 46-53.
- Semerari, A., Carcione, A., Dimaggio, G., Falcone, M., Nicolò, G., Procacci, M., & Alleva, G. (2003). How to evaluate metacognitive functioning in psychotherapy? The Metacognition Assessment Scale and its applications. Clinical Psychology and Psychotherapy, 10, 238–261.