I benefici dell’inverno
I benefici dell’inverno
Il 21 dicembre cade il solstizio di inverno. Da questo momento in poi, le ore di luce durante la giornata aumenteranno gradualmente, il nostro emisfero diventerà sempre più caldo e l’inverno lascerà il passo alla primavera. Comunque gennaio rimane un mese particolarmente arduo: le luminose feste natalizie sono alle spalle, le temperature sono basse, piove e nevica, è facile raffreddarsi e prendere l’influenza.
Questi fattori possono influenzare negativamente il nostro umore con i sintomi del Disturbo Affettivo Stagionale (SAD), ovvero una serie di reazioni psicofisiche alle condizioni del periodo dell’anno. Questo disturbo è diventato così famoso che c’è stato finora un florilegio di ricerche per mitigarne gli effetti negativi anche con l’uso della luce nella fototerapia. Sicuramente alcune persone sono più prone allo sviluppo di questo disturbo e probabilmente le prime ricerche sul SAD si sono rivolte soprattutto a partecipanti che già lamentavano peggioramenti del tono dell’umore in inverno.
La ricerca, però, mostrerebbe anche che l’essere umano si sia adattato molto bene alle differenti stagioni. Sembra, infatti, che nella popolazione generale i sintomi depressivi non seguano un andamento stagionale, l’esposizione alla luce solare o la latitudine in cui si vive. L’inverno non sembra interferire nemmeno con le funzioni cerebrali di base: nonostante negli individui depressi alcune di queste funzioni possono essere deficitarie, in genere i risultati di compiti cognitivi (memoria a breve termine, riconoscimento, attenzione, ecc.) non mostrano differenze significative durante l’inverno. Anzi: l’attività cerebrale durante le operazioni che coinvolgono la memoria sembra essere più bassa in autunno e più alta in primavera, posizionando i mesi invernali nel mezzo.
Sebbene durante i compiti di vigilanza l’attività neuronale sembra più bassa in inverno che in estate, i risultati di tali compiti sono in linea con quelli nelle altre stagioni. Questo aspetto può essere spiegato da un punto di vista evolutivo: il cervello si è adattato a svolgere le proprie funzioni allo stesso livello del resto dell’anno ma consumando meno, in una sorta di risparmio energetico nei mesi in cui le risorse e il cibo scarseggiano e il corpo è già impegnato a bruciare calorie nel tentativo di mantenere costante la temperatura corporea. Sembra dunque che, nonostante le sensazioni di lentezza, pigrizia e sonnolenza durante l’inverno, il cervello sappia benissimo cosa fare: minimo sforzo, massimo rendimento.
Probabilmente, al di là delle evidenze scientifiche, abbiamo l’impressione di essere meno efficienti nei mesi invernali anche a causa dei messaggi culturali legati all’inverno, che influenzano la nostra visione del mondo la quale, a sua volta, modella le nostre aspettative. In poesia e letteratura, per esempio, i cieli coperti sono spesso associati a emozioni di rabbia o di tristezza, come i giorni di pioggia. I paesaggi innevati sono, invece, molte volte rappresentati nelle fiabe gotiche e oscure del nord Europa.
Le cattive condizioni meteorologiche permettono meno attività all’aperto e interazioni sociali, spingendo a ritirarsi nelle proprie abitazioni al caldo e al riparo. Ne consegue un incremento del tempo dedicato alla contemplazione, rivolgendo il pensiero a se stessi e ad aspetti importanti della propria vita. Questo ritmo più lento, più misurato, può però essere usato a nostro vantaggio. In questo ci vengono in aiuto gli haiku, la famosa forma poetica giapponese. La caratteristica dell’haiku, così differente dalla poesia occidentale, è la brevità: solo tre versi e diciassette sillabe. Le parole usate, pulite e semplici, catturano un momento, un’immagine della natura priva di artifici retorici ma pregna del significato che il lettore può dare personalmente. L’eco lasciata dalle parole di un haiku ci invita a prenderci il tempo necessario alle parole di penetrare nella mente e riflettere. E, in un certo modo, è quello che l’inverno ci chiede di fare.
Solitudine d’inverno –
in un mondo di un solo colore
il suono del vento.
Di Matsuo Basho (1644-1694), considerato il più grande poeta haiku giapponese.
Benino Argentieri
BIBLIOGRAFIA