Sono vulnerabile, l’altro è pericoloso: sensibilità interpersonale e ideazione paranoide
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Con ideazione paranoide ci riferiamo alla convinzione infondata e pervasiva che altri abbiano intenzioni malevole, ostili e dunque dannose, nei nostri confronti (Garety e Freeman, 2013). Questa modalità di pensiero è caratterizzata da alterazioni sia della forma, con un aumento della frequenza e del ritmo di comparsa, che del contenuto dei pensieri, il quale è monopolizzato da temi di pericolo imminente.
L’ideazione paranoide, nonostante sia tipicamente associata alla schizofrenia paranoide e al disturbo paranoide di personalità, può in realtà presentarsi in diverse forme di psicopatologia, quali vari disturbi dello spettro della schizofrenia, il disturbo depressivo, il disturbo d’ansia sociale, il disturbo bipolare, in alcuni disturbi di personalità e nella demenza. Allo stesso tempo, però, studi descrivono come l’ideazione paranoide sembri essere rintracciabile anche nella popolazione non clinica, con percentuali del 30%, per quanto riguarda i pensieri paranoidei, e del 5%, se valutata la comparsa di veri e propri temi persecutori (Johns et al., 2004; Freeman et al., 2011; Bebbington et al., 2013).
Sia la psicoanalisi che il cognitivismo clinico hanno cercato di comprendere i meccanismi e i processi tipici dell’ideazione paranoide, mettendo entrambi al centro le credenze nucleari dell’individuo, ossia il modo in cui profondamente, e spesso inconsapevolmente, una persona crede e sente di essere. I modelli cognitivi hanno infatti descritto la paranoia come il risultato di credenze profonde di vulnerabilità e di rappresentazioni dell’altro come pericoloso, che si strutturano in seguito all’esposizione dell’individuo ad ambienti di sviluppo invalidanti e traumatici (Garety et al., 2001, 2014). Recenti rassegne sembrano supportare il modello cognitivo (Kesting e Lincon, 2013; Tiernan et al., 2014), riportando, ad esempio, livelli più bassi di autostima e rappresentazioni negative di sé più frequenti in pazienti che presentavano deliri persecutori.
Per fare chiarezza sui processi alla base dell’ideazione paranoide, alcuni studi si sono focalizzati sul ruolo della sensibilità interpersonale (Boyce e Parker, 1989), un costrutto associato alla presenza di bassa autostima e di credenze negative sul sé. Le persone con alti livelli di sensibilità interpersonale mostrano un’eccessiva attenzione e reattività al comportamento e alla mente dell’altro, percepita spesso come caratterizzata da contenuti di critica, ostilità e rifiuto. Sebbene alcuni autori abbiano trovato, nella popolazione clinica a rischio (Masillo et al., 2012) e in quella generale (Freeman et al., 2005c; Green et al., 2008), un’associazione significativa tra sensibilità interpersonale e deliri persecutori, altri studi pongono dei dubbi sulla natura di questa relazione (Valmaggia et al., 2007; Freeman et al. 2008a, b).
Meisel e collaboratori (2018) hanno allora provato a chiarire il ruolo della sensibilità interpersonale nelle manifestazioni paranoidee, prendendo in esame la letteratura disponibile su OVID e Web of Science fino a dicembre 2016, per un totale di 14 articoli e 12138 partecipanti, selezionando quegli studi che rispettavano determinati criteri metodologici.
La rassegna ha evidenziato una solida associazione tra sensibilità interpersonale e paranoia, sia nella popolazione clinica che non, indipendentemente dal metodo di valutazione usato, portando gli autori a supportare l’ipotesi che sentimenti di vulnerabilità personale, e la preoccupazioni pervasiva di una critica o di un rifiuto altrui, possano essere centrali sia nell’insorgenza che nel mantenimento dei sintomi paranoidei.
Questi dati, oltre a gettare luce sui meccanismi alla base dell’ideazione paranoide, sembrano sostenere l’importanza, nel lavoro terapeutico, di ricostruire e portare a consapevolezza le rappresentazioni negative di se stessi e degli altri, la loro origine, e l’impatto che queste hanno sugli aspetti somatici, cognitivi, emotivi e comportamentali della persona con ideazione paranoide, e di favorire, allo stesso tempo, l’accesso a quelle parti sane già presenti in ognuno di noi.
Riferimenti
- Boyce, P., & Parker, G. (1989). Development of a scale to measure interpersonal sensitivity. Australian and New Zealand Journal of Psychiatry, 23, 341–351.
- Meisel SF, Garety PA, Stahl D, Valmaggia LR (2018). Interpersonal processes in paranoia: a systematic review. Psychological Medicine 48, 2299–2312.
- https://www.istitutobeck.com/disturbi-di-personalita/disturbo-paranoide-di-personalita