Trappole dorate, il lato oscuro dei gruppi di culto
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Negli ultimi decenni il fenomeno dei gruppi di culto è andato crescendo, si tratta di comunità dalla grandezza variabile, che rappresentano forme di religiosità nuove, alternative a quelle tradizionali, o sette di matrice esoterica.
La storia ci insegna che il fenomeno dei gruppi di culto può assumere forme molto pericolose, basti pensare al movimento “Jones Town” ideato negli anni ‘70 da James Jones e che termino’ in un suicidio-omicidio di massa, spezzando la vita di oltre 900 persone.
Le sette si fondano su una dottrina che regolamenta il comportamento degli affiliati e sulla presenza di un leader che può rivestire il ruolo di colui che favorisce una serie di gratificazioni connesse alla salute, al benessere economico, alle relazioni affettive.
I membri di un gruppo di culto sviluppano una sorta di coesione interna che alimenta la percezione di far parte di un un’élite, ciò contribuisce a creare una dicotomia, una linea netta di confine tra l’interno della comunità ed il mondo esterno, visto spesso come potenzialmente pericoloso.
Le sette possono costituire una minaccia per il libero arbitrio, la salute, il patrimonio, le relazioni affettive, soprattutto perché chi ne fa parte di solito presenta alcune caratteristiche peculiari, individuate nel 1989 da Levine: la giovane età (circa 22 anni), il vivere un momento di vita difficile, la solitudine, il desiderio di crearsi scopi di vita, la vulnerabilità psicologica.
La difficoltà ad abbandonare una setta, dipende da vari fattori, tra cui il forte bisogno di appartenenza, gli effetti che la persuasione ha sugli adepti e le tecniche di controllo. Se già il bisogno emotivo di appartenenza ed identificazione è tipico della nostra specie, non è difficile immaginare come esso possa manifestarsi in maniera ancora più marcata nel caso in cui una persona sia in una condizione di vulnerabilità e senta dunque desiderio di far parte di un sistema.
Il potere persuasivo che le sette esercitano, avviene attraverso il cosiddetto brain washing (“lavaggio del cervello”) che come strumenti utilizza la manipolazione, l’alterazione della coscienza grazie all’utilizzo di sostanze (o il ricorso a pratiche meditative), l’abolizione della privacy che diventa subordinata alla volontà del leader, le strategie di manipolazione mirate a modificare le strutture di pensiero ed i principi morali della persona (Zablocki 2001)…Tutto questo promettendo in cambio beni quali la sicurezza, la prevedibilità ed il sollievo dal dolore.
Il brain washing causa la destrutturazione del pensiero critico ed autonomo (Lifton 1961) e spinge i membri del gruppo di culto a credere in maniera incondizionata nei principi condivisivi all’interno del sistema ed a modificare la visione di se stessi e del mondo (Singer 2003).
Secondo Conway e Siegelman (2005) le sette sarebbero causa di un vero e proprio “disturbo dell’informazione” che altererebbe la visione della realtà, grazie anche all’imposizione di nuove norme che modificano lo stile di vita, anche dal punto di vista dei ritmi biologici (sonno, alimentazione).
Festinger (1964) sostiene che la difficoltà ad abbandonare una setta, anche nei casi in cui l’immagine di essa inizi a modificarsi negativamente, sia dovuta all’effetto “dissonanza cognitiva”, ovvero, nel caso specifico, la visione idealizzata del gruppo di culto al quale si appartiene, renderebbe difficile modificare il modello mentale interiorizzato. Ogni essere umano ha bisogno di coerenza, in casi estremi questo può condurre però a minimizzare qualsiasi informazione differente dal modello mentale elaborato, a maggior ragione se pensiamo ad una setta: in questo caso, infatti, gli adepti hanno investito in essa in termini di devozione, risorse mentali, risorse economiche, costruzione di aspettative. (Zablocki 1998).
I leader delle sette, in virtù del loro ruolo, cercano di promuovere uno stato di subordinazione degli adepti, inducendoli a temere punizioni severe in caso di abbandono del gruppo e facendo così leva sul senso di “impotenza appresa”, ovvero la percezione di non poter esercitare un controllo sulle proprie scelte ed azioni (Enroth 1982).
Ci auguriamo che il fenomeno dei gruppi di culto possa essere ben monitorato dagli organi deputati a tutelare la sicurezza delle persone, affinchè nessun essere umano possa diventare lo strumento in balìa di persone prive di qualsiasi forma di etica.