L’importanza degli homework in terapia (Parte II)
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L’utilità degli homework sul piano strategico
È possibile illustrare l’importanza degli homework nel lavoro terapeutico analizzandola su diversi piani: il primo risiede nel carattere innovativo, sul piano strategico, che può avere prescrivere al paziente “compiti a casa” con il chiaro scopo di favorire un cambiamento. È soprattutto con la REBT (Rational-Emotive Behaviour Therapy) di Albert Ellis che gli homework hanno ricevuto una particolare enfasi metodologica. Infatti, prima di allora, sebbene anche altri approcci psicoterapeutici fossero soliti dare indicazioni riguardanti riflessioni, appunti, comportamenti su cui operare fuori dalla stanza del terapeuta, è grazie al contributo di Ellis che gli homework iniziarono ad essere impiegati come strumenti terapeutici veri e propri. Il paziente, secondo tale prospettiva teorica, viene considerato come artefice del proprio cambiamento e pertanto la psicoterapia assume come scopo quello di fare del paziente “lo psicoterapeuta di sé stesso”.
Entrando maggiormente nel vivo della pratica clinica anche altre ragioni rendono gli homework un ingrediente necessario del processo terapeutico. Sia che ci si trovi nella fase iniziale di assessment (valutazione) della problematica, sia che si stia lavorando, in una fase più avanzata della terapia, alla rottura dei circoli viziosi su cui si regge buona parte del disagio riportato dal paziente, l’homework è sempre un valido alleato. Nel primo caso, infatti, le prescrizioni di automonitoraggio, da effettuare tra una seduta e l’altra, su pensieri, emozioni e condotte comportamentali conseguenti, fin dalle prime sedute, è l’homework maggiormente indicato in quanto si rivelerà doppiamente utile. Sarà utile al terapeuta per indagare ed approfondire il profilo interno del paziente (conoscenza necessaria per organizzare una strategia terapeutica specifica per il singolo caso). Utile al paziente per prendere consapevolezza di sé stesso e del proprio funzionamento (anche in questo caso conoscenza necessaria a quest’ultimo per dare un senso al proprio vissuto e orientarsi verso il cambiamento).
L’utilità degli homework nella fase d’intervento
Per comprendere, invece, l’utilità degli homework nella fase più propriamente di intervento basti pensare alla (s)proporzione tra il tempo trascorso in terapia e quello impiegato a vivere la quotidianità. Anche le terapie più lunghe ed intense vedranno sempre un grande divario tra il tempo che il paziente si confronta faccia a faccia con il terapeuta e quello che invece trascorre lontano da esso. L’homework pertanto è utile a riportare l’individuo nel vivo del proprio percorso terapeutico.
Di frequente, infatti, il paziente, ricordando la prescrizione concordata con il clinico ed impegnandosi nella sua esecuzione, rielabora ed apprende sul campo quanto dibattuto con il terapeuta nella seduta precedente. Inoltre, si espone ad emozioni e sensazioni dalle quali fino ad allora si era sempre protetto, adottando comportamenti disfunzionali che in quel momento invece sceglie di non intraprendere. Mette in discussione le proprie credenze alla ricerca di una disconferma delle stesse e sviluppa strategie di fronteggiamento nuove e più funzionali al proprio benessere.
Tutto ciò avviene con il vantaggio di ampliare e consolidare gli effetti ottenuti nell’ultima seduta e predisporre e raccogliere “materiale” per la successiva. Sebbene sia auspicabile che il paziente svolga gli homework concordati, è fonte di informazione, e quindi degno di approfondimento, anche un homework non svolto. Pertanto, è fondamentale riservare sempre del tempo alla discussione di questi ultimi, così che il terapeuta da una parte può attingere ad una preziosa miniera di materiale su cui intervenire e dall’altra dare valore all’impegno profuso dal paziente.
L’utilità degli homework nella relazione terapeutica
Altro aspetto degno di nota, sebbene già accennato, ma di estrema rilevanza: è importante che terapeuta e paziente concordino sempre insieme i “compiti” da svolgere a casa, prestando attenzione sia agli obiettivi strategici posti dall’uno sia alla motivazione e alle capacità di coping (ovvero abilità di fronteggiamento) possedute dall’altro. Una buona aderenza del paziente allo svolgimento delle prescrizioni assegnate, oltre a generare in lui una sensazione di efficacia nel proprio processo di guarigione, contribuisce ad accrescere la qualità della relazione terapeutica con lo specialista. Ciò accade in quanto, grazie agli homework, il paziente verifica, dati alla mano, la credibilità e l’affidabilità di quanto detto dal terapeuta.
Un binomio terapeuta-paziente che ha costruito una buona alleanza vedrà un paziente che si fida e si affida maggiormente al proprio terapeuta e quindi sarà anche più propenso a svolgere homework difficili e costosi sul piano emotivo. Questo permetterà al paziente di registrare in primo luogo vantaggi nel superamento delle proprie difficoltà. Secondariamente di contribuire in modo attivo ad accrescere la qualità della relazione terapeutica stessa che a sua volta determinerà un aumento della compliance (adesione) del paziente alle prescrizioni future.
Conclusione
In conclusione, dunque, appare evidente come l’assegnazione e l’analisi degli homework si riveli utile trasversalmente a molti aspetti del processo terapeutico. Solitamente, infatti, la qualità dello svolgimento di alcuni homework può fornire al terapeuta anche la possibilità di verificare o meno i progressi raggiunti dal paziente e nel caso emerga una prognosi positiva concordare con lui una eventuale prossima conclusione della terapia.
Riferimenti
- Beck, J. (2022). La terapia cognitivo-comportamentale. Terza edizione riveduta e ampliata. Roma: Casa Editrice Astrolabio.
- Kazantzis, N., Miller, A.R. (2022). A Comprehensive Model of Homework in Cognitive Behavior Therapy. Cognitive Therapy and Research, 46: 247 – 257.
- Strunk, D.R. (2022). Homework. Cognitive and Behavioral Practice, 29 (3): 560 – 563.
[1] Per un approfondimento: https://www.istitutobeck.com/terapia-cognitivo-comportamentale?sm-p=978663996