Ingroup Love ed Outgroup Hate: una breve rassegna storico-teorica sul conflitto intergruppi
Ingroup Love ed Outgroup Hate: una breve rassegna storico-teorica sul conflitto intergruppi
Le dinamiche intergruppi sono processi studiati sin dagli esordi della psicologia sociale. In modo particolare, l’attenzione data ai processi di “ingroup love” ed “outgroup hate” é stata notevole anche da parte di Allport (1954). I termini “ingroup love” ed “outgroup hate”, in realtá stanno ad indicare atteggiamenti positivi, di cooperazione verso i membri del proprio gruppo, versus atteggiamenti negativi, di competizione verso i gruppi esterni. Se immaginiamo una qualsiasi situazione di conflitto intergruppi, quale potrebbe essere, per esempio, una situazione di conflitto tra italiani e stranieri, cristiani e musulmani, tifosi di una squadra A e tifosi di una squadra B, ecc., si potrebbe pensare che i sentimenti di preferenza, di favoritismo, di lealtà, di fiducia, di coesione che si nutrono verso il proprio gruppo di appartenenza siano necessariamente associati a sentimenti di ostilità, sfiducia, talvolta addirittura odio, verso i componenti dell’outgroup.
Giá Allport (1954) mise in guardia gli studiosi dell’epoca dal ritenere automatica tale associazione. Nel suo libro “La Natura del Pregiudizio”, in particolare nel capitolo sulla “Formazione dell’Ingroup” egli postulava che gli atteggiamenti dell’ingroup fossero “psicologicamente primari”, nel senso che la familiaritá, l’attaccamento e la preferenza per i componenti dell’ingroup fossero precedenti allo sviluppo di un qualsiasi atteggiamento verso i componenti dell’outgroup. Egli riconobbe che gli atteggiamenti positivi nei confronti del proprio ingroup non necessariamente erano legati ad atteggiamenti di ostilitá nei confronti dell’outgroup. L’ingroup love si può quindi associare ad un ventaglio davvero ampio di atteggiamenti verso l’outgroup, che vanno da sentimenti positivi quali stima, apprezzamento, solidarietà all’indifferenza, fino al disprezzo e all’odio e a tutte le emozioni e gli atteggiamenti negativi che costituiscono l’outgroup hate.
L’idea di Allport si poneva in contrasto con il pensiero di Summer (1906), il quale riteneva che i sentimenti positivi verso l’ingroup fossero direttamente correlati ai sentimenti di ostilitá verso l’outgroup. Questa idea si inseriva all’interno della sua teoria struttural-funzionale dell’origine dei gruppi (Summer, 1906) in un contesto di conflitto dove le risorse naturali sono scarse. In pratica in un ambiente scarso di risorse, gli individui creerebbero dei gruppi per competere con altri ai fini della sopravvivenza. In un simile contesto sembra quindi evidente che i gruppi debbano competere al fine di accaparrarsi le poche risorse disponibili e che quindi ai sentimenti di coesione e lealtá verso il proprio ingroup, si associno sentimenti di odio e competizione per l’outgroup. Tale teoria, tuttavia, è appunto legata ad un ambiente in cui vi è una scarsità di risorse e non sembra quindi generalizzabile a tutti i contesti.
Idee molto simili vennero in seguito formulate anche da Sherif (1966) all’interno della sua teoria funzionale del comportamento intergruppi (Sheriff & Sheriff, 1953). Tale teoria postulava che i gruppi si formino a partire da un’interdipendenza positiva nel perseguire obiettivi comuni mentre le relazioni intergruppi sono caratterizzate dalla competizione e da un’interdipendenza negativa.
Nonostante la critica di Allport, almeno fino agli inizi degli anni 2000, il pensiero di Summer, esplicitamente o implicitamente, é ancora rimasto dominante. Tali approcci hanno iniziato ad indebolirsi quando ha incominciato a diffondersi la Teoria dell’Identitá Sociale di Tajfel (Tajfel, 1981, Tajfel & Turner 1986). Secondo tale teoria, esiste negli uomini una tendenza spontanea non solo a costituire e a sentirsi parte dei gruppi, ma anche a distinguere il proprio gruppo di appartenenza (ingroup) dagli altri (outgroup), facendo sì che si attribuiscano più caratteristiche positive e meno caratteristiche negative al proprio ingroup, rispetto all’outgroup. Secondo la Teoria dell’Identità Sociale, le identità sociali degli individui, e quindi anche dei gruppi, si costruiscono attraverso tre processi collegati:
- Categorizzazione: è un processo che permette agli individui di semplificare la realtà, classificando se stessi, gli altri e gli oggetti sulla base di particolari categorie. Tale processo ha però delle conseguenze che vanno dall’accentuazione delle differenze tra le diverse categorie, all’accentuazione delle somiglianze all’interno della stessa categoria;
- Identificazione: ovvero il processo attraverso il quale una persona si identifica in una certa categoria e assume quindi una determinata “identità”. Tale processo ha come conseguenza che l’individuo tenderà ad attribuire a se stesso più o meno caratteristiche positive, a seconda della categoria di appartenenza in cui si è identificato;
- Confronto Sociale: è un processo che l’individuo mette in atto per confrontare costantemente il proprio ingroup con l’outgroup, al fine di valutarne il valore. Dai vari risultati di questi molteplici confronti deriverà anche il consolidamento del suo senso di autostima. Tale processo ha come conseguenza il fatto che in genere si tende a distorcere questi confronti a favore dell’ingroup, al fine di avere un concetto di sé positivo.
Si conclude questa breve rassegna storico-teorica con il modello dell’Identitá Sociale proposto da Brewer (1991), basato su una prospettiva evolutiva che vede l’identificazione con il gruppo come il prodotto di bisogni contrapposti che devono trovare una sintesi. Essi sono il bisogno di inclusione o assimilazione e il bisogno di differenziarsi dagli altri. Nel momento in cui un individuo si percepisce isolato da una collettivitá, si attiva il bisogno di inclusione, d’altro canto il sentirsi eccessivamente parte di un gruppo o la sensazione di “fondersi” con esso, attiva il bisogno di differenziazione. Una dinamica di conflitto intergruppi sembra soddisfare entrambi questi tipi di bisogni, in quanto i bisogni di inclusione sarebbero soddisfatti dall’assimilazione con l’ingroup, mentre i bisogni di differenziazione sarebbero soddisfatti dalle distinzioni con l’outgroup. Un’implicazione di quest’ultimo modello é che i processi identificativi sono maggiormente attivati in realtá formate da piccoli gruppi o categorie sociali, all’interno delle quali i bisogni di identificazione possono essere soddisfatti in equilibrio con quelli di differenziazione, in quanto in una realtà di piccolo gruppo i sentimenti di dispersione in esso sono presenti in misura minore.
Per concludere, viene quindi da chiedersi quali siano le variabili intervenienti che fanno sì che ad un elevato sentimento di ingroup love si associ anche un elevato sentimento di ougroup hate. Brewer (1999) ne individua alcune. Esse sono ad esempio: la superioritá morale, ovvero se l’outgroup non condivide le regole morali dell’ingroup, percepite come assolute e non relative; il senso di minaccia percepita, come nel caso dell’ambiente povero di risorse che fa percepire l’outgroup come una minaccia alla sopravvivenza dell’ingroup; gli obiettivi comuni e i valori comuni.
Marco Salvati
Riferimenti
- Allport, G. W. (1954). The nature of prejudice. Cambridge, MA: Addison-Wesley.
- Brewer, M. B. (1991). The social self: on being the same and different at the same time. Personality and Social Psychology Bullettin, 17, 475-482.
- Brewer, M. B. (1999). The psychology of prejudice: Ingroup love or outgroup hate?. Journal Of Social Issues, 55(3), 429-444.
- Sherif, M. (1966). In common predicament: Social psychology of intergroup conflict and cooperation. New York: Houghton Mifflin.
- Sherif, M., & Sherif, C. M. (1953). Groups in harmony and tension: An integration of studies on intergroup relations. New York: Harper.
- Summer, W. G. (1906) Folkways. New York: Ginn.
- Tajfel, H & Turner, J. C. (1986). The social identity theory of inter-group behaviour. In S. Worchel & L. W. Austin (Eds), Psychology of Intergroup Relations (pp- 7-24). Chicago: Nelson-Hall.
- Tajfel, H. (1981). Human groups and social categories. Cambridge: Cambridge University Press.