Instagram e il senso di solitudine
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Il primo social network è stato Sixdegrees e risale al 1997. Attraverso questo sito web era possibile organizzare degli incontri di natura amorosa senza che vi fosse il rischio di ritrovare falsi profili identitari. La logica del suo funzionamento era basata sulla “teoria dei sei gradi di separazione”, elaborata da Stanley Milgram, secondo cui una persona, attraverso persone che già conosce, può contattare qualsiasi persona al mondo che non conosce, con non più di cinque passaggi intermedi. Indipendentemente dal suo modello di funzionamento, la motivazione che ha portato alla sua nascita era quella di permettere alle persone con molta più facilità di incontrarne altre. Dopo Sixdegrees vi sono stati altri social, di cui la nuova generazione in Italia probabilmente non conosce neppure i nomi, fino ad arrivare alla nascita di Facebook nel 2004. Le sue origini affondano nello stesso principio, ossia facilitare la creazione di nuove relazioni sociali e il loro mantenimento, indipendentemente da quelle che sono le collocazioni geografiche singole. Oggi queste prime ragioni di utilizzo dei social sono passate nettamente in secondo piano, infatti Instagram è il social più utilizzato. In un mondo dove vige l’aspetto visivo esterno rispetto al contenuto interno, dove nessuno sembra avere più tempo per la costruzione di relazioni sociali durature, e dove, allo stesso tempo, predominano le insicurezze sociali, Instagram è risultato un eccezionale strumento per l’affermazione della propria identità per due motivi. Primo perché, che tu sia una persona con un’alta autostima o meno, il feedback positivo fornito dal “like”, garantisce effetti benefici sulla propria sicurezza personale, perché vissuto come un segno di conferma, quindi riconoscimento. Secondo, in ognuno di noi individuo vige il bisogno di mostrare il meglio di sé, soprattutto tra i ragazzi la cui personalità non è ancora del tutto formata, il che è possibile attraverso la condivisione di foto sulla propria piattaforma Instagram, e anche delle “storie”, raffiguranti quello che stai facendo, che hai fatto o che farai. Inoltre, Instagram permette, oltre alla condivisione del proprio spazio personale, anche la visione di quello altrui. Il fattore comune, che lega le diverse esperienze forniteci da Instagram, è l’abbattimento del senso di vuoto, della solitudine e anche della noia. In realtà però numerose ricerche hanno dimostrato che il suo utilizzo non fa altro che aumentare ulteriormente tale sensazione.
In Italia, gli utenti attivi a livello giornaliero nell’anno 2018 sono stati 500 milioni. Alla luce del rischio di isolamento sociale, sintomo che si potrebbe ritrovare nei quadri di diversi tipi di patologie, come la depressione, sarebbe bene che i genitori, gli insegnanti e qualsiasi altra figura adulta di riferimento, istruissero i ragazzi al corretto uso dei social, il che spesso non è facile perché una buona percentuale degli adulti in Italia ignora il funzionamento di questo social. Una delle cose da fare sarebbe quella di incentivare altre modalità di svago, offrire quindi delle alternative che favoriscano maggiormente lo sviluppo dell’individuo, come la lettura, lo sport, la visione di film, ecc. Allo stesso tempo, i genitori dovrebbero aggiornarsi sul suo utilizzo, così da poter rappresentare una guida per i figli. Per esempio, i ragazzi, specie quelli di più piccoli, data la distanza fisica resa possibile da Instagram, tendono a sottovalutare l’effetto negativo dei commenti rilasciati. E’ bene, dunque, compiere un intervento educativo volto alla comprensione del fatto che Instagram, come ogni strumento, produce degli effetti positivi ma che vi sono anche quelli negativi, di cui si deve essere coscienti.
Riferimenti:
- Federica Baroni. Ragazzi su Instagram e social: istruzioni per i genitori. Nostro figlio.it. (2017).
- Giulia Inglese. Esperienze negative sui social e solitudine. (2019).
- Melissa G. Hunt, Rachel Marx, Courtney Lipson, Jordyn Young. No More FOMO: Limiting Social Media Decreases Loneliness and Depression. Journal of Social & Clinical Psychology. (2018).