La dipendenza dal sesso esiste?

La dipendenza dal sesso esiste?

La dipendenza dal sesso esiste?
La dipendenza dal sesso esiste?

La dipendenza dal sesso esiste?

Si può essere dipendenti da qualcosa che è assolutamente necessaria per la sopravvivenza della nostra specie? Questa domanda se la sono fatti gli esperti che, in vista della pubblicazione del DSM-5, hanno dovuto decidere se reintrodurre oppure no il disturbo da dipendenza da sesso, già escluso dalla versione precedente del manuale.

Fare sesso è fondamentale per la perpetuazione di moltissime specie terrestri. Se non fossimo in qualche modo già “dipendenti” dal sesso, non saremmo qui. Al contrario, le sostanze stupefacenti come l’eroina portano a comportamenti spesso controproducenti per la sopravvivenza della persona: qui è necessario far riferimento a una dipendenza per spiegarne l’uso. Anche mangiare è indispensabile per la nostra sopravvivenza e, tuttavia, al comportamento alimentare sono collegati una serie di disturbi che contemplano anche il mangiare eccessivamente (per esempio il binge eating). Qual è dunque il bandolo della matassa? Esiste una quantità di sesso che può essere considerata eccessiva?

Secondo gli esperti, la dipendenza è l’uso compulsivo di una sostanza nonostante la consapevolezza delle conseguenze negative: ovvero quando si perde il controllo del proprio comportamento, con ricadute sul piano personale, relazionale, sociale, lavorativo.

Gli avanzamenti tecnologici ci hanno permesso di mappare le dipendenze a livello neurologico. Effettivamente, il cervello delle persone per cui si considera una dipendenza dal sesso mostra alla risonanza magnetica risultati simili a quelli delle persone con dipendenza da sostanze. Infatti, dagli anni ‘80, ai “dipendenti da sesso” è prescritto il programma dei 12 passi che incoraggia loro a prendersi responsabilità e controllo dei propri comportamenti e le loro conseguenze. Ricevere una “diagnosi” di dipendenza è confortante per chi ha queste difficoltà: siccome nelle dipendenze è il corpo che reagisce in maniera anomala alle sostanze chimiche prodotte dal cervello, non è più un fatto di responsabilità individuale. Inoltre, trovarsi in un ambiente accogliente con altre persone che lamentano lo stesso disturbo è rassicurante e contribuisce a dialogo e introspezione, proprio come avviene con gli alcolisti anonimi.

Tuttavia l’elettroencefalografia non supporta la tesi della dipendenza: le onde cerebrali misurate in risposta alla presentazione di stimoli sessuali evidenziano bassi livelli di eccitamento nelle persone che credono di avere un problema di dipendenza da sesso. Siccome, al contrario, questa eccitazione è presente in altri tipi di dipendenza, gli esperti suggeriscono che il problema, sebbene esistente, sia quindi di un altro tipo. Se la persona lamenta pensieri e/o comportamenti sessuali ossessivi e compulsivi, occorre investigare per quali motivi cerca di gratificarsi in questo modo per rassicurare se stessa da altri tipi di difficoltà che, molto probabilmente, nulla hanno a che vedere con il sesso.

La decisione di non includere il disturbo nel DSM-5 nasce proprio da questa contraddizione di evidenze scientifiche e per la natura stessa del disturbo, definito come un problema di comportamenti compulsivi e tenuti nascosti che contribuiscono a vissuti di depressione, preoccupazione, vergogna. L’assessment dello specialista include domande che, quindi, sembrano investigare non tanto la quantità di tempo speso a fare o a pensare al sesso, ma come la persona si sente al riguardo. Il più grosso problema, dunque, è non buttare nel calderone tutti quelli che giudicano i propri desideri o comportamenti non conformi a credo religioso, convinzioni morali o i comportamenti socialmente ritenuti normali. In altre parole, potreste essere preoccupati per il vostro comportamento sessuale, ma in effetti non fate sesso eccessivamente, né consumate pornografia più che le altre persone.

Questa ampia fascia grigia può essere spiegata dall’approccio che la nostra cultura ha verso l’argomento “sesso”: un tabù di cui la famiglia non parla, a cui la scuola non prepara e che oggi viene esplorato dai ragazzi soprattutto con internet e, in particolare, con la pornografia. In questo clima, i ragazzi (e gli uomini più delle donne) ricorrono alla masturbazione ma con vergogna e commenti e comportamenti di genitori e mogli potrebbero contribuire a questo vissuto.

Anche se la storia (o la scienza) non si fa con i “se” o con i “ma”, probabilmente se la nostra cultura non fosse sessuofobica non ci troveremmo nella necessità di diagnosticare un disturbo di dipendenza da sesso. Come affermava Alfred Kinsey, tentando di separare i giudizi morali dalle evidenze scientifiche, “una ninfomane è una persona che fa più sesso di te”. In attesa delle prossime edizioni del DSM, e anche dopo, agli specialisti conviene ricordare che la sessualità, come molti altri aspetti dell’essere umano, è un argomento complesso e affascinante.

Benino Argentieri

Dipendenza dal sesso – Bibliografia:

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