La Resilienza
La Resilienza
Cos’è la Resilienza?
La resilienza è un costrutto trasversale a molti ambiti, e quello psicologico è solo uno dei più recenti. Si parla di resilienza in ingegneria e in metallurgia, intendendo la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi; in informatica, riferendosi a un sistema che continua a funzionare, nonostante alcune anomalie. Persino in biologia, si parla di organismi resilienti, in grado di autoripararsi dopo aver subito un danno.
In psicologia, la resilienza è la capacità di resistere, fronteggiare e riorganizzare positivamente la propria vita dopo aver subito un evento negativo. Non si tratta, quindi, di una mera resistenza passiva, di una reazione inconsapevole e automatica, bensì di una risposta cosciente, di una ricostruzione che si traduce in potenzialità e prospettive di crescita. L’individuo resiliente non è colui che ignora o nega le difficoltà, e neanche le minimizza. Al contrario, è colui che riesce ad andare avanti, con una forza rinnovata, con una più approfondita e consapevole conoscenza di sé.
In poche parole, riesce a trasformare l’evento negativo in fonte di apprendimento, inteso come la capacità di acquisire competenze utili per migliorare la propria qualità di vita e proseguire nel proprio percorso di crescita e realizzazione.
Primi studi sulla resilienza
I primi studi sulla resilienza risalgono al ventennio scorso, quando nel 1992 il gruppo dell’Università di Davis (California), guidato da Emma Werner condusse uno studio longitudinale della durata di 30 anni su quasi 700 neonati dell’isola Kauai, nell’arcipelago delle Hawaii. Secondo le loro previsioni, 201 soggetti avrebbero sviluppato dei problemi perché esposti a una serie di fattori di rischio, quali nascita difficile, povertà, malattie mentali, famiglie con alcolismo o caratterizzate da violenza o litigi. E in effetti, i 2/3 del campione confermarono le previsioni dei ricercatori, mostrando all’età di 18 anni serie difficoltà di apprendimento, oltre che di adattamento sociale, scolastico e/o lavorativo.
Tuttavia, 1/3 del campione, originariamente considerato a rischio, aveva smentito le previsioni dei ricercatori. 72 neonati, infatti, erano diventati adulti in grado di instaurare relazioni significative, ben adattati nel lavoro e nelle relazioni con gli altri e capaci di cogliere spunti per migliorarsi e crescere. Quali erano state allora le condizioni che avevano permesso a questi bambini di disattendere l’ipotesi formulata dagli studiosi?
Il gruppo della Werner evidenziò come l’aver ricevuto da persone significative un’accettazione incondizionata e l’aver saputo attribuire senso e significato alla vita avesse reso questi soggetti più “immuni” agli stressor cui erano stati sottoposti, promuovendo in loro un processo di resilienza.
Fattori protettivi
Vi sono alcune caratteristiche individuali e sociali che rendono più probabile una risposta resiliente. Tra queste, un ruolo importante è giocato dall’ottimismo, che non deve essere inteso come tentativo di banalizzare o sminuire le avversità ma, al contrario, come la capacità a considerare i problemi una componente inevitabile e ineliminabile della vita.
Il soggetto ottimista, però, a differenza del pessimista, interpreta le difficoltà come transitorie, e non permanenti; come circoscritte, e non pervasive a tutti gli ambiti di vita; infine, come non unicamente dipendenti dalla sua responsabilità, bensì come frutto del concorso di più variabili, alcune delle quali fuori dal suo controllo.
Un altro fattore protettivo è rappresentato dal supporto sociale, dal momento che la resilienza non è solo una capacità individuale, né un tratto personologico immodificabile. La resilienza è un costrutto multidimensionale che risiede anche nel contesto sociale di appartenenza, nella rete di relazioni intessute prima e dopo l’evento negativo, nel sostegno pratico ed emotivo di cui ognuno dispone.
Anche l’autostima e l’autoefficacia rappresentano delle risorse che rendono più probabile una risposta resiliente, nella misura in cui immunizzano allo stress e all’impatto che questo esercita sul benessere psicofisico. Chi ha un senso di valore e significato personale e si attribuisce un certo grado di controllo sugli eventi esterni, in base alla convinzione di disporre delle risorse necessarie per affrontarli, sarà più verosimilmente un individuo resiliente. Allo stesso modo, colui che ravvisa nei problemi e nelle avversità una sfida, piuttosto che una minaccia, riuscirà a considerare i cambiamenti come opportunità di crescita e non come qualcosa a cui piegarsi in modo arrendevole.
Caratteristiche dell’individuo resiliente
Uno dei fattori più importanti da promuovere in un processo di resilienza è l’alta tolleranza alla frustrazione, ovvero la capacità di dilazionare la gratificazione del momento presente per perseguire e perseverare nel raggiungimento dei propri obiettivi. Questi devono essere specifici, graduali e realistici, in modo da risultare sfidanti, ma non eccessivi. La capacità di tollerare la frustrazione permette anche di metabolizzare disagi, sconfitte e fatiche.
Un’altra componente importante è l’umorismo, inteso non come il tentativo di banalizzare o ridicolizzare gli eventi della vita, bensì come l’attitudine a prendere le dovute distanze da circostanze avverse e mantenere la lucidità necessaria per risolvere i problemi. L’umorismo, inoltre, rappresenta una risposta funzionale allo stress, perché ne riduce l’impatto negativo, producendo endorfine e catecolamine.
Un individuo resiliente è anche colui il quale, armato di speranza e tenacia, riesce a risolvere i problemi, piuttosto che a minimizzarli o evitarli. Resiliente è chi ha un senso di progettualità e valore personale, che vanno ben al di là del contesto specifico; chi ha una forte motivazione e aspettativa di successo; chi è in grado, come i soggetti dello studio di Emma Werner, di dare una direzione e una progettualità alle proprie scelte e azioni.
Come aumentare la resilienza
La resilienza è in gran parte frutto degli occhiali attraverso cui gli individui vedono se stessi, gli altri e il mondo. Occorre pertanto modificare le lenti con cui interpretano gli eventi e vi attribuiscono un significato. Per prima cosa, è importante valutare lo stile di attribuzione causale, ovvero il modo cui l’individuo concettualizza e spiega gli eventi che accadono e quanto si percepisce in grado di incidere su di essi.
Spesso un processo di resilienza è ostacolato proprio dalla valutazione cognitiva del soggetto, dall’etichetta che questi attribuisce a se stesso, ad esempio “sono un perdente, un fallito, non ce la posso fare, sono una vittima, non riesco a controllare nulla, perché proprio a me? ecc.” oppure agli altri e al mondo esterno “la vita è imprevedibile, il mondo è pericoloso, gli altri sono più forti, ogni evento è una catastrofe”. Cambiare le lenti cognitive non vuol dire certo adottare una visione pollyannica o ingenuamente ottimistica, bensì mantenere un realismo funzionale che permetta un adattamento consapevole alla realtà, in modo che gli eventi negativi, ordinari o straordinari, siano visti come potenzialmente forieri di spunti di crescita e apprendimento, piuttosto che come una minaccia incombente alla propria incolumità.
Un altro modo per promuovere la resilienza è avvicinarsi alla pratica della Mindfulness, e nello specifico sviluppare la capacità di decentrarsi dai propri pensieri, considerandoli per quello che sono, ovvero contenuti della mente, e non realtà. L’accettazione intenzionale e non giudicante del qui e ora permette, da un lato, di depurare la valutazione cognitiva da errori e distorsioni, dall’altro, facilita la gestione dello stress. L’attitudine ad accettare sentimenti spiacevoli, a osservare pensieri e sensazioni, senza reagire a essi, è una delle modalità per costruire e rinforzare il processo di resilienza.
Conclusioni
L’individuo resiliente non è un superuomo, non ignora o evita la sofferenza. Resiliente è colui il quale distingue ciò che può e non può cambiare e, in quest’ultimo caso, è comunque consapevole di poter modificare l’assetto cognitivo ed emotivo con cui legge gli eventi.
Resiliente è colui che guarda alle avversità passate, per ricavarne lezioni utili per migliorare le proprie attuali strategie di coping. Resiliente è colui il quale è disposto a uscire dalla propria comfort zone per sviluppare una maggiore tolleranza alle frustrazioni. Resiliente è chi pensa valga sempre la pena vivere da protagonisti, piuttosto che da spettatori cauti e prudenti.
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Resilienza: Bibliografia
- Cyrulnik, B. & Malaguti, E., a cura di, (2005). Costruire la Resilienza. La riorganizzazione positiva della vita e la creazione di legami significativi. Erickson, Trento
- De Filippo, A. (2007). Stress e resilienza. Vincere sul lavoro. Edizioni Psiconline, Francavilla al Mare (Ch)
- Gislon, M.C. (2011). La resilienza nella clinica: prevenzione e trattamento. Dialogos edizioni, Bergamo
- Malaguti, E. (2005). Educarsi alla resilienza. Come affrontare crisi e difficoltà e migliorarsi. Erickson, Trento
- Trabucchi, P. (2007). Resisto dunque sono. Corbaccio, Milano