La terapia EMDR nel trattamento del disturbo da uso di sostanze
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La terapia EMDR come proposta di trattamento per il disturbo da uso di sostanze
L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing – Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari) è un metodo psicoterapico strutturato che facilita il trattamento di diverse psicopatologie e problemi legati sia ad eventi traumatici, che a esperienze più comuni ma emotivamente stressanti. L’EMDR utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, come il tapping (tamburellamenti sulle gambe, spalle, braccia), per ristabilire l’equilibrio eccitatorio/inibitorio, provocando così una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali. Il trattamento EMDR si basa su un processo neurofisiologico naturale, legato all’elaborazione accelerata dell’informazione (Shapiro, 2018). La dottoressa Francine Shapiro è stata l’ideatrice e la divulgatrice dell’EMDR, ad oggi sono numerosissimi i medici e gli psicoterapeuti in tutto il mondo, che adottano il metodo per trattare il vasto campo delle patologie psichiatriche.
L’utilizzo della terapia EMDR nel disturbo da uso di sostanze è stato, sin dall’inizio, basato sul trattamento del Disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Il PTSD, infatti, coesiste frequentemente con l’abuso di sostanze (Jacobsen, Southwick & Kosten, 2001): le persone hanno sempre fatto uso di sostanze per affrontare lo stress traumatico. Le vite di molti sopravvissuti al trauma iniziano a ruotare intorno al trattenere e neutralizzare esperienze sensoriali indesiderate. Van der Kolk nelle sue ricerche sottolinea che almeno la metà delle persone traumatizzate cerca di offuscare il proprio mondo interno intollerabile con alcol o droghe (Van der Kolk, 2002). Le sostanze, tuttavia, non curano il trauma, possono solo alleggerire la manifestazione della fisiologia disturbata. Possono facilitare il controllo di sentimenti e comportamenti ma c’è sempre un prezzo da pagare perché bloccano i sistemi chimici che regolano la motivazione, il dolore ed il piacere. In altre parole, dalla letteratura emerge come possa sussistere un’alta comorbilità tra PTSD, PTSD complesso e dipendenza, mentre, di fatto, i protocolli in uso per la cura delle tossicodipendenze non prevedono il trattamento contemporaneo del disturbo post traumatico da stress, degli eventi traumatici in generale e della dipendenza. L’evidenza clinica afferma che molti pazienti con disturbo da uso di sostanze hanno esperito degli eventi traumatici o avversi nella loro infanzia e possono soffrire anche di sintomi post traumatici (Shapiro, Vogelmann-Sine & Sine, 1994). Di conseguenza, un intervento volto a trattare i traumi legati alla storia di vita e alla storia di dipendenza dalle sostanze potrebbe, dunque, favorire un aumento dell’efficacia dei trattamenti standard generalmente erogati nei centri terapeutici.
In tal senso si ipotizza che l’EMDR possa essere un metodo efficace per trattare contemporaneamente sia i comportamenti di dipendenza che i traumi correlati ad essa. Come accade con i traumi, l’EMDR aiuterebbe a diminuire i disturbi da dipendenza portando l‘individuo ad un progressivo equilibrio neurofisiologico e ad una risoluzione del trauma, ma deve essere accuratamente integrato nel trattamento della dipendenza (Zweben & Yeary, 2006, p. 115).
Il trattamento EMDR elabora direttamente i primi/peggiori eventi alla base delle dipendenze, basandosi sulla premessa che i comportamenti di dipendenza hanno come fattore di rischio esperienze del passato non rielaborate; esso prevede infatti la rielaborazione degli eventi passati, successivamente i fattori scatenanti (trigger) del presente e aiuta a prepararsi per il futuro. Utilizza come target le esperienze relative all’uso della sostanza e alle conseguenze dell’uso di sostanze. La prospettiva dell’EMDR spiega come il comportamento da uso di sostanze e i sintomi di craving vengano mantenuti tramite associazioni mnestiche e immagini mentali non adattive, che possono essere desensibilizzate tramite le tecniche dell’EMDR. Grazie a questa terapia i pazienti sviluppano la capacità di autoregolazione, di consapevolezza della propria storia e di empatia soprattutto nelle relazioni affettive. Inoltre la rielaborazione del ricordo delle esperienze traumatiche e della storia della dipendenza con l’EMDR non solo riduce i fattori di rischio ma diventa anche un fattore di protezione per ulteriori eventi di vita che possono presentarsi, l’EMDR infatti agisce non solo sugli aspetti psicologici ma anche su quelli neurobiologici.
BIBLIOGRAFIA
- JACOBSEN, L.K., SOUTHWICK, S.M., KOSTEN, T.R. (2001). Substance use disorders in patients with posttraumatic stress disorder: A review of the literature. American Journal of Psychiatry, 158, 1184-90.
- SHAPIRO, F. (2018). EMDR, il manuale; principi fondamentali, protocolli e procedure. Milano: Raffaello Cortina Editore.
- SHAPIRO, F., VOGELMAN-SINE, S., SINE, L. (1994). Eye movement desensitization and reprocessing: Treating trauma and substance abuse. Journal of Psychoactive Drugs, 26, 379-391.
- VAN DER KOLK, B.A. (2002). Beyond the talking cure: Somatic experience and subcortical imprints in the treatment of trauma. In Shapiro, F. (a cura di), EMDR as an integrative psychotherapy approach: Experts of diverse orientations explore the paradigm prism (57-83). American Psychological Association Press, Washington DC.
- ZWEBEN J., J. YEARY, (2006). EMDR in the treatment of addiction. Journal of Chemical Dependency Treatment, 8, 115-127.