Le microaggressioni

Le microaggressioni

Microaggressioni

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Le microaggressioni sono espressioni verbali, atteggiamenti e comportamenti, intenzionali o non intenzionali, che comunicano messaggi ostili, dispregiativi, negativi, offese e insulti verso membri di gruppi sociali oppressi/marginalizzati (Nadal,2010). Il prefisso micro non descrive la qualità, né l’impatto di queste aggressioni, piuttosto il modo subdolo in cui questo tipo di discriminazione avviene, rendendo le microaggressioni difficili da riconoscere, identificare e dimostrare.

La teoria delle microaggressioni è una cornice teorica che da una decina di anni è stata applicata allo studio delle discriminazioni delle popolazioni marginalizzate. Le ricerche iniziali sono quelle del prof. Derald Wing Sue sulle persone di colore e successivamente sono state applicate ad altri gruppi sociali, come la comunità LGBTQIA+.

Esistono infatti microaggressioni razziste (basate sull’appartenenza etnica), sessiste (fondate sulla disparità di genere tra uomo e donna), religiose, abiliste (basate sulle condizioni di abilità o disabilità della persona) e omo/transfobiche (basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere); sono la manifestazione o il riflesso di ciò che nella società viene considerato incluso/escluso, superiore/inferiore, normale/deviante e contribuiscono quindi a generare e mantenere le discriminazioni.

Le tipologie di microaggressioni

D.W.Sue della Columbia University, in una pubblicazione sull’American Psychologist del 2007, propone una tripartizione degli attacchi quotidiani di “razzismo implicito” di cui poteva essere vittima una persona appartenente ad un gruppo etnico marginalizzato:

  • Microattacchi: insulti o gesti consapevoli e intenzionali, come gli epiteti, o le azioni volte a privilegiare un gruppo rispetto a un altro;
  • Microinsulti: atti di comunicazione verbale e non verbale che in modo subdolo trasmettono scortesia, mancanza di tatto, e umiliano l’identità o l’appartenenza gruppale della persona (es: un datore di lavoro ad un colloquio di lavoro dice al candidato di colore: “sono convinto che il posto debba essere occupato da una persona competente, al di là dell’etnia”);
  • Microinvalidazioni: comunicazioni che mortificano l’altra persona attraverso l’esclusione, la negazione o l’annullamento dei suoi sentimenti e delle sue esperienze (ad es: complimentarsi sulla padronanza della lingua con un cittadino di colore).

 Le microaggressioni possono essere così pervasive e automatiche nelle interazioni quotidiane da essere considerate innocenti o innocue da chi le agisce: “No, ma io scherzavo”, “Dai, non offenderti!”, “Oh, ma quanto sei sensibile””, «Non si può dire più nulla”». La ricerca ha dimostrato che subire le microaggressioni può danneggiare la salute mentale delle persone e generare stress cronico, depressione, ansia e riduzione dell’autostima.

 

Riferimenti

  • D.W.Sue et al. (2007), “Racial Microaggressions in Everyday Life. Implications for Clinical Practice”, American Psychologist
  • Nadal K.L., Johnston M.P. (2010), “Multiracial microaggressions: Exposing monoracism in everyday life and clinical practice”, in D.W.Sue (Ed.), Microaggressions and marginality: Manifestation, dynamics, and impact (pp. 123–144). John Wiley & Sons Inc.

Autore/i dell’articolo

Marco Stefanelli
Psicologo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale. Docente presso l’Istituto di Psicoterapia cognitivo- comportamentale A.T.Beck di Roma e di Caserta. Socio Ordinario della SITCC (Società Italiana di Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva) e Terapeuta EMDR I livello. Vanta esperienza clinica in ambito adulto e si occupa prevalentemente di tutti i disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo e omofobia interiorizzata.  

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