Maltrattamento su minori e disturbi bipolari: quale connessione?

Maltrattamento su minori e disturbi bipolari: quale connessione?

Maltrattamento su minori e disturbi bipolari

Photo by Leo Foureaux on Unsplash

Il maltrattamento sui minori consiste in comportamenti messi in atto da parte di un adulto e che arrecano danni al minore; sono compresi l’abuso sessuale, fisico, emotivo, neglect. Sono in costante aumento le prove dell’associazione che esisterebbe tra maltrattamento su minori e psicopatologia in età adulta. Quelle disponibili riguardano depressione, ansia, disturbi dell’alimentazione, disturbi somatoformi, abuso di sostanze e disturbi di personalità. Ultimamente, la ricerca si è concentrata anche sul ruolo del maltrattamento nei disturbi bipolari, poiché effettivamente assai frequente in pazienti con questa diagnosi (sembra che l’abuso emotivo sia il tipo di trauma più frequentemente riportato dai pazienti bipolari).

Gli studi condotti fino ad oggi hanno riscontrato che il trauma infantile legato al maltrattamento è associato alla gravità e al decorso dei disturbi bipolari.

La maggior parte degli studi sulle associazioni dei disturbi bipolari con eventi di vita stressanti (incluso il trauma infantile) non distingue però tra i tipi di episodi (maniacale, ipomaniacale, depressivo) che sono gli elementi costitutivi di questo disturbo.

La ricerca

Lo studio presentato mira a chiarire ulteriormente le associazioni di maltrattamento sui minori con i sintomi bipolari, esplorandone anche gli effetti nel tempo. Lo studio è parte di un più ampio progetto di ricerca longitudinale sui sintomi prodromici dei disturbi bipolari, condotto presso la LWL University Clinic della Ruhr-University di Bochum dal 2014.

Lo studio ha un disegno longitudinale (si protrae nel tempo con più misurazioni per gli stessi soggetti); nello specifico, le misurazioni sono state ripetute 5 volte in un periodo di 2 anni. Questa procedura consente di esplorare se i sintomi depressivi, ipomaniacali, maniacali e bipolari globali cambiano con il passare del tempo.

Degli iniziali 2329 partecipanti selezionati che hanno risposto ai questionari per la prima misurazione, solo 134 partecipanti hanno compilato completamente i questionari in tutte e cinque le misurazioni.

Il campione è composto da studenti; 48 uomini (36%) e 86 donne (64%). Al momento della prima misurazione avevano un’età media di 24,64 anni, 48 (36%) erano single, 74 (55%) avevano un partner romantico senza essere sposati, 11 (8%) erano sposati e 1 (1%) era divorziato. 127 partecipanti (95%) non aveva figli. Nessun partecipante aveva ricevuto alcuna diagnosi di disturbo mentale.

Nello studio sono stati considerati tre tipi di maltrattamenti sui minori: abuso emotivo, fisico e sessuale.

Tutti i dati sono stati raccolti con le seguenti scale self-report:

  • Misurazione retrospettiva del maltrattamento sui minori
  • Beck Depression Inventory II (BDI)
  • Hypomania Checklist 32 (HCL)
  • Altman Self-Rating Mania Scale (ASRM)
  • Bochumer Screeningbogen Bipolar (BSB)

Risultati e considerazioni

Mentre i sintomi ipomaniacali e maniacali non differiscono a seconda della capacità di ricordare l’abuso, i sintomi depressivi sono risultati molto più alti tra i partecipanti che riportano queste esperienze. La differenza è stata riscontrata per tutti e tre i tipi di maltrattamenti considerati, ma l’effetto più forte è apparso in relazione all’abuso emotivo. Inoltre, è emerso un dato nuovo ed interessante: solo le donne che riportano esperienze di abuso ottengono un punteggio più alto sulla scala della depressione (gli uomini hanno ottenuto un punteggio più basso nella scala della depressione, paragonabile a quelli ottenuti dalle donne senza ricordi di abusi). I ricercatori hanno ipotizzato quindi che le esperienze di abuso combinate con il genere femminile possano rappresentare un fattore di rischio per la depressione nella vita adulta, mentre il genere maschile sembra essere un fattore protettivo, indipendente dalla presenza o dall’assenza di ricordi di abuso. Queste associazioni, tuttavia, non sono state analizzate per l’abuso sessuale a causa del ridotto numero di uomini nel campione che hanno riferito di avere ricordi di questo tipo di trauma. L’effetto moderatore del genere rispetto agli effetti dannosi dell’abuso necessita quindi di studi futuri.

Come precedentemente accennato, i sintomi ipomaniacali e maniacali non sono risultati influenzati dalla presenza o meno dell’abuso, ma per quanto riguarda i sintomi ipomaniacali è stato riscontrato un effetto temporale: la loro riduzione significativa nel corso dei 2 anni di misurazione. Questo risultato sembra suggerire che le condizioni subcliniche di ipomania diventino meno frequenti e meno pronunciate con l’aumentare dell’età; in effetti, è un’ipotesi supportata dai risultati di un vasto studio transculturale in cui si sono riscontrate consistenti diminuzioni significative con l’età nei punteggi HCL in 12 paesi diversi (Angst et al., 2010).

Nello studio qui presentato, non è stato identificato alcun fattore psicosociale (dell’infanzia) associato ai sintomi maniacali: questi ultimi, infatti, non erano correlati ai ricordi di maltrattamenti su minori e non hanno mostrato alcun effetto sul tempo o sull’età. Una possibile spiegazione è che i sintomi maniacali non siano correlati alle esperienze vissute durante l’infanzia, ma alle attuali esperienze interpersonali.

Sicuramente sono necessari ulteriori approfondimenti che tentino anche di superare i limiti del presente studio. Nello specifico, del maltrattamento sui minori sono state valutate solo 3 delle sue possibili declinazioni (abuso emotivo, fisico e sessuale). In secondo luogo, la misurazione del maltrattamento sui minori è retrospettiva, ma ci sono risultati che dimostrano che gli episodi documentati di abuso sessuale nell’infanzia non sono segnalati in età adulta da molte persone interessate, in particolare gli uomini; quindi questo fattore potrebbe comportare una distorsione dei risultati in un certo senso. Infine, sarebbe interessante esplorare se i risultati di questo studio possano essere replicati in campioni clinici di pazienti con un disturbo bipolare.

 

Riferimenti

Autore/i dell’articolo

Dott.ssa Mariangela Ferrone - Psicologa - Psicoterapeuta - Istituto Beck
Psicologa, Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, Psicoterapeuta TMI (terapia metacognitiva interpersonale) livello EXPERT. Per molti anni è stata Coordinatrice del Centro di Psichiatria Perinatale e Riproduttiva, del Servizio di Psicoterapia e Counseling Universitario presso la UOC di Psichiatria – Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma. Attualmente è docente per l’insegnamento di “Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione” nel corso di laurea in Scienze Infermieristiche, sede Sant’Andrea presso la Facoltà di Medicina e Psicologia – Sapienza Università di Roma, nonché docente interno e supervisore clinico dell’Istituto A.T. Beck per le sedi di Roma e Caserta. Socio Aderente della SITCC (Società Italiana di Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva).

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