Sfatare un tabù: l’MDMA (o ecstasy) può essere di aiuto nel trattamento psicoterapeutico del disturbo post-traumatico da stress?
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Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) è un disturbo grave e debilitante capace di influire in maniera negativa sulla qualità della vita di chi lo sperimenta. Alcuni dei sintomi del PTSD includono ricordi e pensieri intrusivi, stato di ansia e paura, irritabilità, iper-arousal e comportamenti di evitamento di situazioni associati al trauma, che durano per almeno 1 mese dopo l’esposizione all’evento traumatico (Koenen et al. 2017).
La psicoterapia è il trattamento di prima linea per questo tipo di disturbo e risulta efficace per la maggior parte dei pazienti. In alcuni casi, risulta necessario accoppiare alla psicoterapia un trattamento farmacologico. Molti farmaci sono stati utilizzati per ridurre i sintomi del PTSD e due risultano essere quelli approvati dalla Food and Drug Administration (FDA): la sertralina e la paroxetina. Il problema di questi farmaci è che molto spesso hanno effetti collaterali problematici e richiedono un loro uso prolungato nel tempo per risultare efficaci. Inoltre, da non sottovalutare, circa il 40%-60% dei pazienti non risponde adeguatamente a questo tipo di trattamento.
Negli ultimi anni, alcune sostanze che oggi sono considerate delle vere e proprie sostanze di abuso come ad esempio l’MDMA (o ecstasy), sono state di nuovo oggetto di attenzione.
Ci può sembrare assurdo utilizzare questo tipo di droghe per curare alcune patologie, eppure, un approccio promettente nel trattamento del PTSD è proprio la combinazione dell’MDMA con la psicoterapia. L’interesse per il potenziale terapeutico dell’MDMA è relativo al fatto che questa sostanza sarebbe in grado di catalizzare i processi psicoterapeutici e facilitare la comunicazione tra terapeuta e paziente.
L’MDMA è stato sintetizzata per la prima volta nel 1912, ma solo nei primi anni ’70 è stata usata in combinazione con la psicoterapia. I casi clinici di quel periodo descrivevano benefici terapeutici, sebbene a quel tempo non furono condotti studi clinici. Successivamente, negli anni ’80, l’MDMA è diventata popolare per uso ricreativo portando alla sua classificazione come sostanza illegale.
Negli ultimi anni, però, è stato di nuovo messo in discussione il potenziale terapeutico di questa sostanza e sono stati avviati molti studi clinici per valutare la tossicità, la tolleranza e gli effetti soggettivi prodotti dall’MDMA e anche per valutare la sua efficacia, se accoppiata alla psicoterapia, nel ridurre i sintomi associati al PTSD.
Uno studio recentissimo (Mithoefer et al., 2019) pubblicato sulla rivista Psychopharmacology, ha analizzato tutti i dati raccolti da aprile 2004 a marzo 2017 in cinque luoghi diversi: Stati Uniti, Canada, Svizzera e Israele con l’obiettivo di determinare gli effetti della psicoterapia associata alla somministrazione di MDMA nel PTSD.
Sono stati coinvolti 200 volontari che presentavano sintomi da PTSD da più di 6 mesi. I partecipanti sono stati sottoposti a screening approfonditi che comprendevano valutazioni psicologiche, analisi del sangue e ecocardiogramma (per identificare qualsiasi possibile controindicazioni per l’uso dell’ MDMA). Ovviamente furono esclusi tutti coloro che avevano una diagnosi di dipendenza da sostanze. Dopo lo screening, i partecipanti furono assegnati in modo casuale a uno dei due gruppi di trattamento: un gruppo riceveva dosi attive di MDMA (75 mg, 100 mg o 125 mg) e l’altro riceveva un placebo o dosi minime di MDMA dimostrate non efficaci (0 mg placebo; 25 mg, 30 mg o 40 mg). Le dosi furono somministrate durante le sessioni di psicoterapia.
I ricercatori hanno riscontrato significative riduzioni dei sintomi in un ampio campione di partecipanti con PTSD trattati con dosi attive di MDMA associate a psicoterapia. Anche i sintomi della depressione tendevano a ridursi maggiormente nei partecipanti che ricevevano MDMA con dosi attive rispetto al gruppo di controllo. Nel complesso, il trattamento è risultato sicuro ed efficace per i partecipanti che in precedenza non avevano risposto adeguatamente alle psicoterapie farmacologiche e/o alla psicoterapia.
E’ importante sottolineare che i ricercatori hanno accuratamente controllato il potenziale rischio di abuso della sostanza da parte dei partecipanti scoprendo che non si sono verificati mai episodi correlati alla ricerca di ecstasy al di fuori dello studio. Piuttosto, molti partecipanti hanno riferito aneddoticamente che le sessioni sperimentali non sono state esperienze particolarmente piacevoli, ma piuttosto un difficile lavoro terapeutico nella rielaborazione dei loro ricordi traumatici. I risultati degli studi hanno dimostrato che l’uso di MDMA in soggetti con PTSD è risultato sicuro, ovviamente solo come supporto ad un percorso terapeutico con professionisti preparati.
La FDA, dopo aver esaminato tutti i dati disponibili, aveva già concesso la designazione di “breakthrough therapy” (terapia rivoluzionaria) nel 2017, approvando l’avvio di studi clinici di fase 3 dal 2018. Questi studi hanno lo scopo di valutare quanto questo nuovo trattamento che combina la somministrazione di MDMA con la psicoterapia sia più efficace rispetto al trattamento standard già esistente. Risultati positivi potrebbero prevedere, negli USA, la legalizzazione della psicoterapia coadiuvata da questa sostanza per il 2021. Al momento, però, non c’è alcun uso medico approvato.
Riferimenti bibliografici:
- Koenen, K. C., Ratanatharathorn, A., Ng, L., McLaughlin, K. A., Bromet, E. J., Stein, D. J., … & Atwoli, L. (2017). Posttraumatic stress disorder in the world mental health surveys. Psychological Medicine, 47(13), 2260-2274.
- Mithoefer, M. C., Feduccia, A. A., Jerome, L., Mithoefer, A., Wagner, M., Walsh, Z., … & Doblin, R. (2019). MDMA-assisted psychotherapy for treatment of PTSD: study design and rationale for phase 3 trials based on pooled analysis of six phase 2 randomized controlled trials. Psychopharmacology, 1-11.