Una vita degna di essere vissuta: nascita della DBT
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Il commovente racconto della nascita della Dialectical Behavior Therapy
Non importa quante volte si cade, l’importante è rialzarsi e riprovare.” Sono queste le parole che Marsha Linehan utilizza nel suo libro biografia e che cerca di inculcare ai suoi pazienti con la ferma convinzione di incitare a non mollare mai e di non arrendersi alle trame intricate, circolari e inflessibili nelle quali si è intrappolati quando si soffre di un disturbo mentale.
Sono parole toccanti sia per chi soffre di un disturbo mentale sia per chi fa il mestiere dello psicoterapeuta perché rappresentano una luce e una speranza per chi nella propria vita si trova ad incrociare l’inferno della sofferenza in prima persona e anche per chi come mestiere ha scelto di fare lo psicoterapeuta e contribuire a fare luce su quell’inferno. Sono parole che suonano in modo autentico e vero perché pronunciate da una posizione di autorevolezza com’è quella di Marsha Linehan, costruita dopo incessante sacrificio e studio, di ricercatrice, accademica e clinica di successo, e perché lei stessa ha attraversato l’inferno della sofferenza: un ricovero durato due anni, i continui gesti autolesivi, due tentativi di suicidio, gli sforzi per ristabilirsi in una vita in cui racconta di aver sperimentato continui sentimenti di inadeguatezza, solitudine e disconnessione dal mondo. Una reginetta del Mardi Gras, segretaria del consiglio di classe, il cui sogno era di diventare Santa, che si sentiva profondamente diversa dagli altri e estranea alla sua vita e nel cui ricordo c’è un black-out di alcuni anni dei quali non ricorda nulla.
Ciò che Marsha Linehan insegna ai suoi pazienti con disturbo borderline di personalità con comportamento suicidario attraverso la terapia che ha ideato è la strada per uscire dall’inferno, lo stesso inferno che lei stessa ha attraversato: “se vuoi uscire dall’inferno, per arrivare dall’altra parte devi passare attraverso il fuoco.
La dialectical behavior therapy (DBT) è un programma di auto-miglioramento, una terapia molto pragmatica. Le abilità che s’imparano attraverso la DBT sono ricavate sia dalla sua esperienza di vita e dall’aver imparato a gestire la sua sofferenza ma la maggior parte sono state ideate passando in rassegna i migliori manuali di terapia comportamentale, scegliendo le cose che il terapeuta chiede di fare al paziente, trasformandole e rielaborandole in abilità cioè in comportamenti da insegnare e da imparare.
Le abilità della DBT aiutano i pazienti a gestire in modo più efficace la loro vita stressante, e sono suddivise in 4 principali categorie ognuna delle quali risolve una diversa serie di problemi. Le prime due sono abilità di accettazione della realtà: mindfulness e tolleranza della sofferenza; le altre due sono abilità di cambiamento, aiutano a effettuare cambiamenti di vita: regolazione emotiva ed efficacia interpersonale. Insegnare le abilità vuol dire consentire alle persone di essere efficaci, avere la possibilità di trasformare la propria esperienza, da vittime del disturbo a persone in grado di fare delle scelte, gestire le situazioni più brutte e difficili imparando a rallentare e decidere se reagire o meno alle situazioni in modo reattivo, passando da un aspro biasimo nei propri riguardi a un atteggiamento bonario che include lo sperimentarsi una buona persona con delle qualità. La DBT è un percorso interiore e personale compassionevole che conduce a gestire la sofferenza.
Al centro della terapia c’è un equilibrio dialettico tra opposti obiettivi terapeutici che raggiungono una sintesi: l’accettazione di sé stessi e della propria situazione e il cambiamento verso una vita migliore, una vita degna di essere vissuta.
Ma la specificità della DBT è l’enfasi posta sulla relazione tra terapeuta e paziente: un rapporto reale e paritario, entrambi sono esseri umani uguali al di là dei loro specifici ruoli e come tali dovrebbero imparare a vedersi. Questo vuol dire che i terapeuti sono disposti a parlare di sé stessi e a rispondere alle telefonate del paziente quando questo ha un disperato bisogno di aiuto. Una delle caratteristiche della DBT, che spinge terapeuti giovani e meno giovani a mostrare entusiasmo per questa terapia, soprattutto in questo momento storico in cui la società e la politica creano differenze e disuguaglianza, è l’abbattimento delle differenze: siamo tutti uguali, tutti ugualmente sofferenti, tutti in grado di scoprire la bellezza della vita e di aggrapparci ad essa per sopravvivere. Il terapeuta può essere fallibile: nessuno è perfetto oppure tutti possono sbagliare.
Il racconto della vita personale e professionale di Marsha e della sua sofferenza è tenerissimo soprattutto perché in alcune parti del libro lei stessa confessa candidamente di provare imbarazzo nel raccontare certi episodi e aneddoti. Il candore di questo racconto, sincero e vero, ha una forza dirompente perché è un racconto normalizzante per tutti gli esseri umani che soffrono o che hanno sofferto, è come una mano poggiata sopra la spalla in un momento di dolore e disperazione da un amico caro che ci vuol bene e ci sostiene. I racconti di Marsha Linehan del suo sentirsi grassa e brutta, inadatta e strana, continuamente soggetta alle critiche severe della madre o alle costanti invalidazioni del padre, il suo senso di solitudine assumono un carattere di universalità e riconducono la sofferenza umana all’interno di un quadro comprensibile e significativo. Tutti soffriamo nessuno è esente dal dolore che è parte ineliminabile della nostra esistenza.
Una donna curiosa il cui cammino di vita è anche un cammino interiore e spirituale, alla costante ricerca di Dio, arricchito anche dalla scoperta del Buddhismo Zen del quale diventa maestro e insegnante, che confessa di aver sviluppato il trattamento DBT per adempiere ad un voto fatto quando si trovava ricoverata presso l’istituto psichiatrico, Institute of Living di Hartford nel Connecticut.
Un altro aspetto che colpisce è la sua attenzione alla povertà, interesse che la spingeva a invitare persone bisognose a cena quando i genitori andavano via per il fine settimana, apparecchiando la tavola con la migliore argenteria, e quando ebbe l’occasione di comprare una casa ne scelse una con un piano in più per poter ospitare i poveri della sua città bisognosi di accudimento e di un tetto sopra la testa. Una personalità anche gioviale ed estroversa, amante delle feste con allievi e amici.
Non sono solo concetti astratti quelli inseriti nella DBT ma contenuti coerenti che disegnano una terapia dal respiro umanistico ideata da una donna che si definisce linguacciuta, irriverente e appassionata e che ha lavorato per tutta la vita in modo indefesso per fornire una via d’uscita, uno spiraglio di luce e saggezza al buio della disperazione.
Nei suoi workshop, dopo aver studiato per tutta la settimana le abilità della DBT, durante l’ultimo giorno si danza, è una danza collettiva nella quale si può invitare una persona importante (ancora in vita oppure no) a ballare con noi, la danza si chiama Invitation Dance e allena l’abilità di partecipazione mindful. Ho avuto modo di partecipare a questa danza nel 2015, a Milano, in occasione dell’ultimo workshop tenuto in Italia dalla Linehan, ricordo che eravamo in 200 disposti in cerchio mano nella mano e che Marsha ci ha guidato in quella danza così incredibile e armoniosa noi sconosciuti ma incredibilmente connessi per il tempo di quella danza. Ricordo ancora la sua grazia, il suo coinvolgimento e quel sorriso bonario e gentile: ho pensato fosse una terapeuta straordinaria in grado di affiancare a contenuti scientificamente fondati la capacità di sprigionare autenticità, calore, empatia, e accoglimento.
Riferimenti
- Marsha Linehan (2021). Una vita degna di essere vissuta. Raffaello Cortina Editore