Nuova ricerca: la Mindfulness cambia il cervello

Nuova ricerca: la Mindfulness cambia il cervello

Nel meraviglioso organo che è il cervello umano esiste una facoltà che permette praticamente tutte le straordinarie cose che sappiamo fare. Dal semplice far di conto al sapere quali ingredienti ci sono nella nostra ricetta preferita al mettere insieme diverse informazioni e coordinarle. Questa facoltà è la memoria. Vi sono differenti tipi di memoria che coinvolgono differenti aree del cervello e che servono alle più svariate funzioni. Una delle divisioni più note è tra quella a lungo termine e quella a breve termine: la prima è un magazzino di capacità potenzialmente infinita in cui conserviamo ricordi di tutta una vita, la seconda è una memoria di servizio che riesce a mantenere dalle 3 alle 7 unità di informazioni per un breve periodo di tempo, trascorso il quale le informazioni vengono perdute, a meno di conservarle nella memoria a lungo termine per un qualsivoglia motivo.

In realtà possiamo identificare una particolare forma di memoria a breve termine che è chiamata memoria di lavoro: questa ci permette di utilizzare l’informazione nel momento presente, come quando stiamo imbastendo un discorso. E’ questo un modello ideato da Baddeley e Hitch nel 1974 e prevede un Esecutivo centrale, in grado di regolare i processi cognitivi, un Loop Fonologico, componente che controlla l’informazione fonetica e fonologica, e il Taccuino visuo-spaziale, che invece si occupa degli stimoli di questo tipo.

Una recente ricerca (Greenberg & al., 2018) ha dimostrato che la pratica della Mindfulness ha un’influenza positiva sulla memoria di lavoro, riuscendo a ridurre le interferenze provenienti da attività precedenti su quella in corso. Facciamo chiarezza: può accadere che quello che abbiamo appena appreso interferisca con la nostra capacità di apprendere cose nuove, come quando memorizziamo un numero di telefono e poi lo diciamo automaticamente mentre impariamo il numero di altre persone, oppure quando impariamo a memoria una poesia e per sbaglio includiamo alcune sue parole mentre recitiamo un secondo poema appreso successivamente. Questo fenomeno è chiamato interferenza proattiva.

L’intervento dell’ippocampo, coinvolto appunto nell’apprendimento e nella memoria, aiuta a ridurre l’interferenza proattiva e a distinguere informazioni vecchie da informazioni più recenti. La letteratura ci dice che la pratica della Mindfulness aumenta le dimensioni dell’ippocampo e la ricerca di cui parla questo articolo ha voluto investigare esattamente se questo aumento delle dimensioni sia inversamente proporzionale all’interferenza proattiva.

I ricercatori hanno diviso i partecipanti in due gruppi. Al primo è stato insegnato come praticare la Mindfulness, al secondo è stato invece prescritto un programma di scrittura creativa. Ad entrambi i gruppi è stato chiesto di praticare i rispettivi programmi mezz’ora cinque volte alla settimana. Sia prima che dopo questo periodo di apprendimento e pratica, i partecipanti sono stati sottoposti a risonanza magnetica per misurare il volume del loro ippocampo ed è stata valutata l’interferenza proattiva grazie a un compito di memorizzazione e riconoscimento di una serie di lettere.

Secondo i risultati della ricerca, i praticanti di Mindfulness hanno migliorato il tasso di errore nella performance di interferenza proattiva (-1,9%), mentre i praticanti di scrittura creativa hanno mostrato un aumento del tasso di errore del 5,4%. Inoltre, la risonanza magnetica dei partecipanti al gruppo Mindfulness ha evidenziato un aumento del volume dell’ippocampo sinistro significativamente correlato alla diminuzione del tasso di errore di interferenza proattiva.

Questo studio dimostra che è possibile ridurre gli errori dovuti all’interferenza proattiva focalizzando l’attenzione sul presente e tenendo fuori pensieri e ricordi estranei al qui e ora, caratteristiche che rimandano appunto alla natura della Mindfulness. L’aumentare della consapevolezza e la pratica di questa tipologia di meditazione mostrano un effetto sulle dimensioni dell’ippocampo e, quindi, evidenziano l’enorme potenziale della Mindfulness non solo dal punto di vista cognitivo ma anche da quello neurologico.

Riferimenti:

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