Un nuovo modello della personalità: “Temperament-Attachment-Mentalizing (TAM) theory”

Un nuovo modello della personalità: “Temperament-Attachment-Mentalizing (TAM) theory”

Un nuovo modello della personalità

Photo by Greg Rakozy on Unsplash

Che lavoro è l’uomo, quanto è nobile nella ragione, quanto è infinito nelle facoltà, nella forma e nel movimento, quanto è espresso e ammirabile, nell’azione come un angelo, nell’apprensione come un dio: la bellezza del mondo; il modello di animali; eppure per me, cos’è questa quintessenza della polvere?

Shakespeare, Amleto, II. 2

Lo studio della personalità nasce sostanzialmente per rispondere, almeno idealmente, a domande molto complesse, ma anche basilari come “Chi sono io?”, “Come funziona la personalità?”, “Come e perché le persone sentono, pensano e agiscono nel mondo proprio in quel modo?” (Allport, 1937, Robinson, 1976; Magnusson, 1999; Mayer, 2005).

Negli ultimi anni, i processi di revisione hanno rivelato un consenso diffuso secondo cui una concettualizzazione categoriale dei disturbi della personalità fosse scientificamente insostenibile; la personalità e i suoi disturbi sono infatti fenomeni correlati alla dimensionalità.

I ricercatori nordeuropei Sigmund W. Karterud (The Norwegian Institute for Mentalizing) e Mickey T. Kongerslev (Centre of Excellence on Personality Disorder e University of Southern Denmark) hanno teorizzato e studiato una nuova teoria della personalità, secondo la quale ciò che normalmente riconduciamo al concetto di personalità sarebbe meglio spiegato ipotizzando l’esistenza di un sistema costituito da tre principali componenti: temperamento, attaccamento e mentalizzazione, da cui il nome Temperament-Attachment-Mentalizing (TAM) theory.

In questa loro recente pubblicazione (Karterud & Kongerslev, 2019), gli studiosi hanno approfondito le basi neurobiologiche delle tre componenti, le esperienze soggettive che evocano e le loro implicazioni comportamentali, con particolare riferimento ai disturbi di personalità borderline, narcisistico ed evitante così come vengono descritti nel modello alternativo dei disturbi di personalità nel DSM 5.

Vediamo nello specifico le tre componenti secondo questa loro concettualizzazione moderna e integrativa della personalità.

Temperamento: primo in ordine evolutivo e prerequisito per l’attaccamento. La maggior parte degli autori attribuisce alle emozioni e alla loro regolazione il cuore del temperamento. Panksepp (attualmente autore del fondamento scientifico più completo) sosteneva che esistono sette emozioni primarie: ricerca/gioia anticipatoria, paura, collera/rabbia, desiderio sessuale, cura/amore, ansia da separazione/tristezza e gioco/gioia; sono tutte emozioni “relazionali” ed il loro scopo è regolare la relazione dell’organismo con altri organismi. Esistono altre disposizioni temperamentali che non sono emozioni primarie: le più importanti sono il dominio sociale e la coscienziosità.

Attaccamento: prerequisito per la mentalizzazione; l’attaccamento in genere possiede alcune caratteristiche, ma lo stile tipico del singolo individuo dipende principalmente dall’esperienza che ha vissuto (le prime esperienze di attaccamento portano infatti allo sviluppo di stili di attaccamento). Il punto cruciale dell’attaccamento come componente della personalità è che gli individui mostrano grandi differenze tra loro riguardo questa dimensione, con enormi conseguenze sulla loro traiettoria di vita, compresa la regolazione delle emozioni, il funzionamento interpersonale e il benessere.

Mentalizzazione: si sviluppa nel contesto delle relazioni di attaccamento. Mentalizzare significa comprendere le reazioni e i comportamenti propri e altrui secondo le intenzioni e i codici culturali. Nella popolazione generale, gli individui variano in base a livello e stile di mentalizzazione, che a loro volta hanno conseguenze importanti per il decorso di vita, motivo per cui la mentalizzazione rappresenta un forte qualificatore di personalità.

Alla luce di quanto detto, il potere esplicativo della teoria TAM consiste nel descrivere il modo in cui i disturbi della personalità possano essere interpretati come diverse costellazioni di vari aspetti di temperamento, attaccamento e mentalizzazione.

Disturbo Borderline di Personalità (DBP): il temperamento di questi individui è caratterizzato da impulsività, alta intensità emotiva e problemi di regolazione emotiva, in particolare delle emozioni primarie di rabbia e ansia da separazione (che spiegherebbero la profonda sofferenza nell’essere lasciati soli e i tentativi disperati di evitare l’abbandono). Il dramma per i pazienti con DBP è che la loro propensione a reazioni rabbiose aumenta il rischio di rimanere soli. Inoltre, il loro temperamento difficile, in particolare l’irritabilità e la predisposizione alle intense reazioni di rabbia, può svolgere un ruolo importante anche nel loro scarso funzionamento sociale.

Nei pazienti con DBP possono essere riscontrati tutti i tipi di attaccamento insicuro. I deficit possono essere ricondotti ai fallimenti nell’interazione genitore-figlio, dove il trauma dell’attaccamento mina la capacità del bambino di avere fiducia negli altri e, quindi, anche la sua capacità di imparare dagli altri.

I deficit di mentalizzazione dei pazienti con DBP spiegano almeno in parte la loro carente ed instabile immagine di sé. Inoltre, gli altri problemi riscontrabili sono almeno due: la capacità di mentalizzazione generalmente ridotta rende la persona soggetta a fraintendimenti e, di conseguenza, sfruttabile e sfruttatrice. Inoltre, le gravi compromissioni nelle capacità di mentalizzazione aumentano il rischio di comportamenti (auto) distruttivi.

Disturbo Narcisistico di Personalità (DNP): per quanto riguarda il temperamento, il DNP è sostanzialmente associato alla dominanza sociale e (negativamente) a cura/amore (bassa empatia).

Il numero di studi rilevanti è basso, ma tutti indicano che il prototipo sia uno stile di attaccamento evitante. Riguardo le loro abilità di mentalizzazione, gli individui narcisisti tendono ad essere orientati cognitivamente, in modo eccessivamente razionale e non guidata da una sintonizzazione emotiva; inoltre la loro comprensione degli altri tenderà quindi a essere superficiale (pseudomentalizzante).

Disturbo Evitante di Personalità (DEP): secondo la teoria TAM è caratterizzato da una disposizione temperamentale di bassa soglia per paura e soglie elevate per ricerca, gioco e collera. La paura è accompagnata dal comportamento evitante, caratteristica predominante del DEP.

Riguardo ai pattern di attaccamento, i risultati ad oggi sono divergenti, mentre i problemi di mentalizzazione rientrano in due categorie principali: svalutazione del proprio sé (tendono a considerarsi inferiori, meno attraenti e senza valore) e difficoltà a comprendere la mente degli altri. Un altro grave deficit di mentalizzazione è la loro scarsa consapevolezza affettiva.

Sebbene il processo di revisione del capitolo sui disturbi della personalità nel DSM-IV non sia riuscito in pieno accordo su un modello alternativo come quello proposto dal DSM-5 (American Psychiatric Association, 2013), le discussioni hanno rivelato un ampio accordo sul principio di dimensionalità e una delineazione concettuale del livello di personalità insieme alle caratteristiche del tratto. La teoria TAM è compatibile con tutto ciò. Il livello di funzionamento nel modello alternativo nel DSM-5 si riferisce alle differenze tra gli individui rispetto all’identità, all’autodirezione, all’empatia e all’intimità (Bender et al., 2011 ). Queste aree sono coperte dalla teoria TAM.

Sebbene il processo di revisione dell’ICD sia stato completato nel 2018 con il lancio dell’ICD-11, il futuro della sezione DSM-5 per i disturbi della personalità è ancora aperto. Sorge un interrogativo: la teoria del TAM ha implicazioni oltre alla modifica dei domini dei tratti? Come abbiamo visto precedentemente parlando dei disturbi borderline, narcisistico ed evitante, l’approccio del TAM sembra avere un alto potere esplicativo per i tipi di personalitàL’approccio del tipo di personalità è controverso in quanto porta con sé il pericolo di essere interpretati erroneamente come “disordini” in senso biologico forte, più che come “malattie”.

La teoria della personalità deve essere ridefinita quando si accumulano nuovi sviluppi empirici e concettuali. Tali sviluppi hanno avuto luogo all’interno delle neuroscienze affettive, dell’evoluzione e della cognizione sociale. Qui abbiamo visto come possiamo ora concepire una rete teorica che collega l’evoluzione del temperamento con la selezione naturale, con esperienze di attaccamento vissute e, infine, con l’interiorizzazione di conquiste culturali che favoriscono un’auto-comprensione sofisticata. Gli individui differiscono in questi aspetti, e potrebbero essere valutati e attribuiti profili di personalità diversi, che hanno una forte validità predittiva per il successo rispetto al funzionamento infruttuoso del loro corso di vita. Nella teoria del TAM gli elementi cruciali si costruiscono l’uno sull’altro, incluso il passo finale dell’autocoscienza, cioè la capacità di interpretare gli altri e se stessi. Ammettiamo che molti aspetti della teoria dovrebbero essere elaborati più in dettaglio. Questa è una sfida per il futuro. 

 

Riferimenti:

Autore/i dell’articolo

Dott.ssa Mariangela Ferrone - Psicologa - Psicoterapeuta - Istituto Beck
Psicologa, Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, Psicoterapeuta TMI (terapia metacognitiva interpersonale) livello EXPERT. Per molti anni è stata Coordinatrice del Centro di Psichiatria Perinatale e Riproduttiva, del Servizio di Psicoterapia e Counseling Universitario presso la UOC di Psichiatria – Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma. Attualmente è docente per l’insegnamento di “Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione” nel corso di laurea in Scienze Infermieristiche, sede Sant’Andrea presso la Facoltà di Medicina e Psicologia – Sapienza Università di Roma, nonché docente interno e supervisore clinico dell’Istituto A.T. Beck per le sedi di Roma e Caserta. Socio Aderente della SITCC (Società Italiana di Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva).

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