L’Omofobia Interiorizzata secondo il Modello del Minority Stress
L’Omofobia Interiorizzata secondo il Modello del Minority Stress: Conseguenze Negative sul Benessere Psicosociale e Strumenti di Misurazione
L’omofobia interiorizzata è una delle tre componenti del modello del Minority Stress (Meyer, 1995). Essa può essere più o meno consapevole e costituisce il risultato dell’interiorizzazione da parte delle persone gay, lesbiche, bisessuali e trans (LGBT) dei pregiudizi, dei pensieri, degli atteggiamenti e dei sentimenti negativi che la società nutre verso l’omosessualità in generale e verso le persone LGBT in particolare.
Le altre due componenti sono:
- gli eventi di discriminazione subiti, che Meyer (1995) descrive come oggettivi e verificabili, come ad esempio l’utilizzo di espressioni ed epiteti offensivi per rivolgersi ai ragazzi gay e alle ragazze lesbiche, o come i comportamenti di ostracismo ed esclusione, mobbing al lavoro, ecc.;
- lo stigma percepito, col quale ci si riferisce al processo per cui gli individui LGBT si aspettano di subire eventi di discriminazione, e che li porta a mantenere costantemente alta la vigilanza verso l’ambiente circostante, al fine di evitare tali fenomeni.
Come risultato di tale vigilanza essi possono essere maggiormente indotti a leggere gli aspetti della realtà alla luce del loro status di minoranza sessuale. Ad esempio, potrebbero aspettarsi il rifiuto da parte di amici, parenti e colleghi o discriminazioni a causa del loro orientamento sessuale, e per questo nascondere la propria identità ed evitare di esprimere interessi e/o mettere in atto comportamenti ritenuti non conformi al proprio genere, al fine di proteggersi da danni psicologici o fisici.
Tuttavia, molti effetti di tali processi, in particolar modo dell’omofobia interiorizzata, sono dannosi per il benessere e per la salute mentale delle persone LGBT, poiché incidono direttamente sulle loro strategie di coping, riducendo anche la loro resilienza, necessaria per fronteggiare gli eventi negativi della vita di tutti i giorni.
Una rassegna di studi di Livingstone & Boyd (2010) ha mostrato le forti relazioni negative evidenziate da 127 ricerche internazionali, tra l’omofobia interiorizzata e diverse variabili psicologiche, nonché diversi sintomi psichiatrici. Tra le variabili psicologiche, è stato rilevato che ad alti livelli di omofobia interiorizzata si associano maggiormente bassi livelli di autostima, di speranza, di autoefficacia, di empowerment, di qualità della vita e di supporto sociale. Per quanto riguarda le variabili psichiatriche, la review di studi ha evidenziato le relazioni negative tra omofobia interiorizzata e severità di sintomi psichiatrici, come ad esempio sintomi depressivi e ansiosi, nonché con l’aderenza agli specifici trattamenti di tali disturbi.
Tra gli studi più recenti, una ricerca italiana di Baiocco et al. (2014), condotta su partecipanti sia italiani sia spagnoli, ha evidenziato come l’omofobia interiorizzata abbia un ruolo importante anche sulla maggiore presenza d’ideazione suicidaria nelle persone LGBT rispetto alle persone eterosessuali.
Un’altra review di NewComb & Mustanski (2011), su 16 studi, ha evidenziato, invece, la relazione significativa esistente tra l’omofobia interiorizzata e i comportamenti sessuali a rischio, mostrando che persone con alti livelli di omofobia interiorizzata tenderebbero maggiormente a mettere in atto comportamenti sessuali rischiosi. Tra i comportamenti a rischio, non solo quelli sessuali sarebbero correlati ad alti livelli di omofobia interiorizzata. Alcuni studi (Amadio, 2006; Baiocco et al., 2010), ad esempio, hanno mostrato come i giovani LGBT con alti livelli di omofobia interiorizzata siano maggiormente soggetti a problemi di dipendenza da alcol.
Per quanto riguarda la relazione con il consumo e la dipendenza di sostanze, gli studi sono invece più controversi. Non sembrano essere state trovate relazioni significative tra l’omofobia interiorizzata e l’utilizzo e/o la dipendenza di sostanze in ragazzi gay, mentre uno studio di Amadio & Chung (2004) ha rilevato che nelle ragazze lesbiche, a minori livelli di omofobia interiorizzata si assocerebbe un minor consumo di alcol, marijuana e sigarette. Tuttavia ulteriori studi andrebbero condotti al fine di verificare e/o rafforzare tali relazioni. Infine, per quando riguarda ancora i comportamenti di dipendenza, uno studio di DeLonga et al., (2011), condotto su 49 adolescenti maschi gay ha messo in luce una relazione positiva tra l’omofobia interiorizzata e l’uso compulsivo di internet. Tuttavia, anche tale relazione andrebbe maggiormente approfondita con ulteriori studi che coinvolgano campioni più numerosi e maggiormente rappresentativi della popolazione LGBT.
Tra gli effetti dell’omofobia interiorizzata, alcune ricerche italiane molto recenti, ne hanno evidenziati alcuni particolarmente negativi, soprattutto per il benessere sociale delle altre persone LGBT. Ad esempio, uno studio di Baiocco et al., (2014) ha rilevato come l’omofobia interiorizzata possa incidere in negativo sull’essere favorevole al riconoscimento legale delle coppie same-sex, attraverso l’istituzione del matrimonio egualitario e/o delle unioni civili, nonché sul desiderio di sposarsi. Altri due studi di Salvati et al. (2016; in progress), il primo condotto su un campione di gay italiani e il secondo condotto su un campione di lesbiche italiane, hanno mostrato come l’omofobia interiorizzata abbia un ruolo significativo sugli atteggiamenti negativi, che gli stessi ragazzi gay e le stesse ragazze lesbiche hanno verso i ragazzi gay percepiti come non aderenti al ruolo tradizionale di genere maschile.
Tutte le ricerche finora citate hanno impiegato i numerosi strumenti diversi, sviluppati e validati per misurare l’omofobia interiorizzata delle persone LGBT. Se si guarda alla letteratura internazionale, una review di Grey et al., (2013), ha classificato tutte le scale per misurare l’omofobia interiorizzata, individuandone 6. Esse sono, nell’ordine di pubblicazione: la Nungesser Homosexual Attitudes Inventory (NHAI, Nungesser, 1983); l’Internalized Homophobia Scale (IHP, Wagner et al., 1994), la Reaction to Homosexuality Scale (RHS, Ross & Rosser, 1996), l’Internalized Homophobia Scale (IH, Herek et al., 1997), l’Internalized Homonegativity Inventory (IHNI, Mayfield, 2001), e la Short Internalized Homonegativity Scale (SIHS, Currie et al., 2004). Per quanto riguarda, invece, la letteratura scientifica nazionale, ad eccezione delle traduzioni degli strumenti internazionali, due sono le principali scale di omofobia interiorizzata, ideate e validate nel contesto italiano. Essi sono il Multifactor Internalized Homophobia Inventory (MIHI, Flebus & Montano, 2012) e la Measure of Internalized Sexual Stigma (MISS, Lingiardi et al., 2012).
Analizzando il primo di questi due strumenti, il MIHI si compone di 85 item suddivisi nelle seguenti 7 dimensioni: Paura del coming out, che si riferisce alla paura di essere scoperti e allo sforzo fatto per nascondere la propria identità sessuale; Rimpianto, che indaga i sentimenti di insoddisfazione e rimorso per non avere un orientamento sessuale eterosessuale; Condanna morale, fattore che rileva l’idea che essere gay o lesbica sia una conseguenza immorale di un disturbo da disapprovare; Omogenitorialità, che si riferisce alle opinioni sulla possibilità delle persone gay e lesbiche di diventare genitori; Integrazione, che indaga quanto le persone gay e lesbiche siano inserite e attivamente coinvolte nella comunità LGBT; Contro-pregiudizio, che rileva il desiderio di riconoscimento dei bisogni delle persone gay e lesbiche, anche religiosi; Matrimonio Egualitario, che si riferisce alle opinioni sulla possibilità per le persone gay e lesbiche di sposarsi.
Per quanto riguarda, invece, la MISS, essa è una scala che si compone di soli 17 item suddivisi in 3 dimensioni: la scala dell’Identità, che misura la propensione ad avere un atteggiamento negativo verso di sé in quanto gay o lesbica e a considerare lo stigma sessuale come parte di un sistema di valori e di identità; la scala del Disagio Sociale, che indaga la paura di essere identificati in pubblico come gay o lesbiche, nei contesti privati e di vita professionali, nonché le credenze negative interiorizzate circa l’accettazione religiosa, morale e politica dell’omosessualità; la scala della Sessualità, che rileva la valutazione pessimistica della qualità delle relazioni intime e sessuali delle persone gay e lesbiche nonché le convinzioni negative circa i loro comportamenti sessuali.
Per concludere, la ricerca psicologica futura dovrebbe continuare ad approfondire anche quali siano le variabili che invece riducono l’omofobia interiorizzata (come ad esempio l’essere attivamente coinvolti nella comunità LGBT e fare coming out con amici e famigliari), al fine di promuovere il benessere psico-sociale e la salute mentale delle persone LGBT.
Gli stessi clinici e tutti gli specialisti che operano nel campo della salute mentale dovrebbero essere costantemente aggiornati sui temi inerenti l’omofobia interiorizzata e sociale, in quanto molto spesso sono alla base dei disturbi e dei disagi che i pazienti LGBT portano in terapia.
Non è più possibile prescindere dalla conoscenza di tali questioni, né rimandare l’implementazione da parte delle istituzioni più importanti, famiglia e scuola in primis, di programmi educativi volti al contrasto delle discriminazioni omofobiche e alla promozione di una cultura dell’accettazione e della valorizzazione delle differenze. Tutto ciò, non fa altro che alimentare non solo l’ignoranza, la diffidenza e gli atteggiamenti ostili delle persone eterosessuali nei confronti delle persone LGBT, ma alimenta anche i sentimenti di disagio, inferiorità, vergogna e disprezzo di sé, in altre parole, l’omofobia interiorizzata, nelle stesse persone gay e lesbiche.
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Omofobia Interiorizzata: Riferimenti
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L’Omofobia Interiorizzata secondo il Modello del Minority Stress: Conseguenze Negative sul Benessere Psicosociale e Strumenti di Misurazione