Tu non sai chi sono io! Psicologia del mitomane
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La magia del nostro tempo è che, per ogni sindrome o disturbo, esiste un corrispettivo cinematografico o serie TV: questo, oltre a portarlo alla conoscenza del grande pubblico, consente di facilitarne la normalizzazione e l’accettazione e sconfiggere lo stigma associato ai disturbi mentali; d’altro canto, il rischio di un abuso della terminologia psichiatrica e di una “caccia alle streghe” tra i propri colleghi, conoscenti e familiari è dietro l’angolo, basta prestare attenzione a certi personaggi che, nel dibattito politico, si sfidano a colpi di sociopatico o, ancor più frequente, all’amico in cerca di consolazione perché ripetutamente tradito e abbandonato dalla o dal narcisista di turno. La tematica oggetto del presente contributo si sta ritagliando un suo posto nell’immaginario collettivo, anche grazie a cinema e piattaforme di streaming: dà, ad esempio, il nome ed è protagonista di Mytho, serie francese incentrata sulle vicissitudini di una donna di provincia e di mezza età sull’orlo di una crisi di nervi che, per reagire alle frustrazioni della vita quotidiana fatta (ahimè!) unicamente d’impegni e problemi senza l’ombra di un riconoscimento come segno di gratitudine, cui si aggiunge l’onta del tradimento del partner, inventa di avere un cancro al seno e resta vittima del suo gioco quando le attenzioni che desiderava arrivano.
L’origine del termine mitomania si fa risalire all’inizio del secolo scorso ad opera di Ernest Dupré, neanche a dirlo francese pure lui: secondo Dupré l’intento del bugiardo patologico è sembrare più interessante agli occhi altrui e per far ciò intreccia una realtà fittizia che tende egli stesso ad accettare come vera, più o meno consapevolmente; il bisogno che viene soddisfatto nel raccontare menzogne a sé e agli altri, secondo il sopracitato padre della “pseudologia fantastica”, sarebbe quello di essere stimato. E se è vero che, a un certo punto nell’infanzia, capita ed è sano che i bambini si lascino andare all’immaginazione fino a credere e a imporre ad altri i prodotti della propria fantasia[1] – chi non è mai stato un pirata, una principessa o un soldato d’assalto, per un pomeriggio? – quando ad inventare situazioni inesistenti e a portare avanti sovente e a lungo la finzione è un adulto, sorge il dubbio che il suo assetto di personalità possa essere patologico. Il riferimento è, ovviamente, a quelle storie ritoccate, raccontate estensivamente allo scopo di trarne vantaggi personali, non a quelle bugie cosiddette “bianche”, innocenti, cui tutti a volte ricorriamo per educazione: come quando rassicuriamo un collega che non vediamo da tempo di non trovarlo affatto invecchiato ma in gran forma, pur non credendolo veramente o, a un colloquio di lavoro, gonfiamo leggermente le competenze e la flessibilità che sosteniamo di possedere per far momentaneamente colpo sul selezionatore.
Secondo la precedente classificazione del DSM la mitomania era inquadrata fra i disturbi del cluster B, più precisamente narcisistico e istrionico della personalità: questi disturbi sono infatti caratterizzati da una pervasiva ricerca di attenzioni e da idee grandiose di sé, come la convinzione di essere persone uniche e, quindi, di meritare un trattamento speciale[2]. Quello di mentire di frequente è tuttavia un comportamento che si osserva in parecchi quadri clinici e per le più svariate ragioni, tanto da attivare aree differenti del nostro cervello a seconda delle motivazioni sottostanti: nel disturbo fittizio della sindrome di Munchausen, ad esempio, si mente sulla propria salute, arrivando in alcuni casi ad infliggersi delle vere e proprie ferite o a simulare dolori psicologici per farsi notare; nel disturbo antisociale di personalità, a causa della scarsa empatia nei confronti degli altri, della mancanza di rimorso, del disprezzo dell’autorità e delle norme sociali, si usano le menzogne per ottenere ciò che si vuole[3]. Meno che nel caso dei deliri megalomanici del paziente psicotico, possiamo però considerare l’uso smodato della bugia come una delle tante strategie disfunzionali messe in atto per soddisfare i propri bisogni o fronteggiare situazioni problematiche, apprese come “il modo giusto (quando non l’unico) di fare le cose” nelle prime esperienze di vita a contatto con il proprio ambiente familiare e con i pari.
Che la bugia venga utilizzata in maniera compulsiva o intenzionalmente, per manipolare gli altri, avere a che fare con persone che mentono sistematicamente rende il rapporto con queste ultime estremamente frustrante e doloroso e può esporre gli stessi bugiardi a sentimenti di angoscia e sensi di colpa nei confronti delle loro vittime; quando scoperti, addirittura a scoppi d’ira o crolli depressivi se i tentativi di sostenere dinnanzi a familiari, amici e colleghi la propria versione contraffatta della realtà falliscono. Per prevenire ciò potrebbero rappresentare un buon punto di partenza, nell’ambito di una psicoterapia come quella cognitivo-comportamentale, un lavoro di identificazione e messa in discussione a più livelli di consapevolezza dei pensieri che giustificano l’alterazione della realtà e un social and emotional skills training per acquisire e optare per modalità più funzionali di espressione delle proprie emozioni e necessità, con un’ansia minore nel mostrare le proprie vulnerabilità.
Riferimenti bibliografici
- American Psychiatric Association (2000). DSM-IV-TR. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fourth Edition, Text Revision. Washington D.C. (Tr. it.: DSM-IV-TR. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Text Revision. Masson, Milano, 2004).
- American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders,
- Fifth Edition, DSM-5. Arlington, VA. (Tr. it.: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali,
- Quinta edizione, DSM-5. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014).
- De la Serna, J. M. (2019) Mitomanía, Alla Scoperta del Bugiardo Compulsivo, trad. it. Basso, F., I Edizioni Tektime.
- Dupré, Ernest (1905) La Mythomanie, étude psychologique et médico-légale du mensonge et de la fabulation morbides, par M. le Dr Ernest Dupré, Ouverture du cours de psychiatrie médico-légale (2e année, 1905), Paris: impr. de J. Gainche, In-8°, 68 p., Extrait du “Bulletin médical”. 25 mars, 1er et 8 avril.
- Dupré, Ernest (1925) Pathologie de l’imagination et de l’émotivité, Paris: Payot , 1 vol. (XXII-503 p.).
- Ramond A. Un cas clinique de mythomanie de nos jours [A clinical case of mythomania occurring today]. Ann Med Psychol (Paris). 1982 Jul;140(7):729-52. French. PMID: 7168512.
- Sevda, Korkmaz & Sağlam, Sadullah & Sağlam, Sema & Fındıklı, Ebru & Atmaca, Murad. (2016). A Self-Incriminating Case of Mythomania. International Neuropsychiatric Disease Journal. 5. 1-4. 10.9734/INDJ/2016/21501.
[1] Puoi approfondire ai link: https://www.istitutobeck.com/beck-news/adolescente?sm-p=929697325 e https://www.istitutobeck.com/beck-news/bugie-mondo-infanzia?sm-p=30878273.
[2] Per un approfondimento: https://www.istitutobeck.com/terapia-cognitivo-comportamentale/disturbi-di-personalita/disturbo-istrionico-personalita?sm-p=1255537045, https://www.istitutobeck.com/terapia-cognitivo-comportamentale/disturbi-di-personalita/disturbo-narcisistico-personalita?sm-p=1876895931.
[3] Per saperne di più: https://www.istitutobeck.com/terapia-cognitivo-comportamentale/disturbi-di-personalita/disturbo-antisociale-personalita?sm-p=615053777.