Chi pensa allo psicologo?
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Lontano dagli occhi…
Avrete certamente sentito parlare di wishful thinking o pensiero illusorio, ovvero la tendenza a vedere solo ciò che desideriamo vedere; c’è da domandarsi se non valga anche il contrario ovvero se, in una sorta di astrazione selettiva delle informazioni, non tendiamo a ritenere inesistenti o irrilevanti le cose che non confermano le nostre convinzioni preesistenti e che non si svolgono sotto i nostri occhi. Una di queste è il benessere fisico e psicologico degli operatori che si occupano di salute mentale che, a volte, faticano a farsi riconoscere essi stessi.
Burn out nelle professioni d’aiuto
Anche se, a detta di alcuni esperti, dopo una prima fase di grave crisi – caratterizzata da un aumento del disagio psicologico generale e dei livelli medi di ansia e depressione – il mondo sembrerebbe aver reagito all’impatto esercitato dal Covid-19 sulla salute mentale, grazie al suo “sistema immunitario psicologico” a prova di traumi e altre difficoltà, un’indagine della SISSA
racconta un’altra storia. Primi tra tutti i medici e le altre professioni sanitarie che hanno affrontato in prima linea l’emergenza hanno, infatti, fatto esperienza di stress psicologico: più della metà di loro ha mostrato sintomi quali depressione e ansia, insonnia, sentimenti di ostilità, frustrazione e impotenza.
L’indagine SISSA
Il progetto, comprendente tre brevi questionari somministrati online allo scopo di rilevare il bisogno di supporto psicologico degli operatori sanitari durante l’epidemia, il tipo e la frequenza degli interventi psicologici offerti loro attraverso vari canali, le modalità di accesso e fruizione del sostegno ricevuto e i dispositivi e i mezzi a supporto di tali interventi, aveva l’obiettivo di identificare le best practices implementate e sviluppare un protocollo per un intervento più efficace nel futuro.
Nel campione di 719 persone totali 142 erano operatori della salute mentale di età compresa tra i 23 e 69 anni: principalmente psicoterapeuti, psichiatri e, in minima parte, psicologi. Il 60% di essi ha aderito a iniziative promosse dalla loro azienda sanitaria o universitaria, dagli ordini professionali o da società scientifiche; una minoranza si è avvalsa delle iniziative della Croce Rossa. Inoltre, il 29% degli operatori della salute mentale ha assistito a sua volta il personale medico o sanitario ricevendo, per la maggior parte di loro, fino a cinque richieste di aiuto; ben il 72% di loro ha svolto attività professionale a titolo gratuito.
I colloqui si sono svolti per lo più per via telematica, grazie alle opportunità fornite da computer, tablet o smartphone; oppure telefonicamente. Sono però emerse anche diverse criticità riguardanti le modalità del setting da remoto: in primis il non poter parlare liberamente a causa della presenza dei familiari in casa. Tra i temi maggiormente discussi durante le sedute, l’ambito lavorativo e la preoccupazione di contrarre l’infezione e trasmetterla ai propri familiari, le carenze organizzative della propria unità e la mancanza di DPI.
Riferimenti
- Aknin, L. B., De Neve, J. E., Dunn, E. W., Fancourt, D., Goldberg, E., Helliwell, J., … Amor, Y. B. (2021, February 19). Mental Health During the First Year of the COVID-19 Pandemic: A Review and Recommendations for Moving Forward. https://doi.org/10.31234/osf.io/zw93g.
- Bonanno, George. (2004). Loss, Trauma, and Human Resilience: Have We Underestimated the Human Capacity to Thrive After Extremely Aversive Events? The American psychologist. 59. 20-8. 10.1037/0003-066X.59.1.20.