Resilienza e pandemia: variabili coinvolte e fattori protettivi

Resilienza e pandemia: variabili coinvolte e fattori protettivi

Resilienza

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Resilienza: di cosa si tratta

Nell’ambito della psicologia, la resilienza viene definita come la capacità di un individuo di affrontare eventi stressanti o traumatici riorganizzando la propria vita in modo positivo ed efficace, adattandosi, quindi, alle nuove circostanze. La definizione implica che non si tratti di un atteggiamento passivo di rassegnazione o negazione delle difficoltà, ma di uno sforzo attivo e cosciente per reagire in modo funzionale. Ci sono persone che sono più resilienti di altre, e che quindi mostrano di possedere un maggior numero di risorse per affrontare gli impedimenti e gli ostacoli della vita.

In un momento storico così stressante per la maggior parte degli individui, con il verificarsi della pandemia e il conseguente lockdown, quali sono i fattori che determinano il grado di resilienza e, di conseguenza, le modalità di affrontare il trauma e il cambiamento?

Lo studio

Killgore e colleghi (2020) hanno realizzato uno studio per determinare i principali fattori che hanno influenzato il livello di resilienza psicologica durante le prime settimane di lockdown, coinvolgendo nella ricerca un totale di 1004 soggetti negli Stati Uniti, che sono stati valutati rispetto a resilienza, salute mentale, comportamenti quotidiani e relazioni.

In particolare, il periodo della pandemia, e soprattutto le prime settimane, hanno costituito un drammatico cambiamento nella vita della popolazione generale, comportando un aumento significativo dei problemi di salute mentale: nello specifico, sono aumentate esponenzialmente solitudine, ansia, depressione, ideazione suicidaria. Cosa fa sì che in un momento di così grande difficoltà alcuni individui siano più resilienti di altri? La ricerca si rivela di fondamentale importanza, in quanto livelli più bassi di resilienza sono risultati collegati ad una salute mentale peggiore, che include un grado di depressione e ideazione suicidaria maggiore, e ansia più elevata. I soggetti meno resilienti sono anche apparsi più inclini a preoccuparsi degli effetti del virus, e hanno mostrato capacità più limitate di gestione delle conseguenze emotive legate alla pandemia.

Dallo studio di Killgore e collaboratori sono emersi diversi fattori che contribuiscono a determinare il livello di resilienza degli individui: in particolare, un maggior numero di giorni a settimana in cui la persona è stata almeno dieci minuti al sole all’aria aperta, più minuti di attività fisica quotidiana, la percezione di un più elevato grado di supporto da parte di famiglia e amici, e di supporto da parte del partner, una ridotta gravità dell’insonnia, e un maggiore coinvolgimento nell’attività di preghiera. I soggetti che nello studio hanno ottenuto punteggi più elevati nella combinazione di questi fattori, sono quelli che hanno mostrato un più elevato grado di resilienza durante il lockdown.

Conclusioni

Dalla ricerca presa in esame emerge chiaramente che la resilienza viene influenzata dalla combinazione di un elevato numero di fattori, che se presenti portano l’individuo ad essere in grado di riorganizzare la propria vita in modo da affrontare l’evento traumatico in modo efficace e con un atteggiamento positivo. Una caratteristica fondamentale della maggior parte di questi fattori è che sono modificabili: ciò è di fondamentale importanza, in quanto dimostra come il livello di resilienza della persona non sia rigido e immutabile, ma suscettibile di cambiamento se si modificano le variabili che lo influenzano. La persona, dunque, può imparare attivamente ad essere più resiliente, sviluppando così le proprie risorse e assumendo un ruolo attivo nel fronteggiare gli eventi di vita avversi.

 

Riferimenti

Autore/i dell’articolo

Bacchio Roberta
Psicoterapeuta. Si occupa da diversi anni di disturbi dell’età evolutiva, e possiede esperienza in particolare nella diagnosi e nel trattamento dei Disturbi dello Spettro autistico. Attualmente esercita la libera professione in collaborazione con l’Istituto Beck for Kids di Roma.

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